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Marketing & Social Media

AI e moderazione dei contenuti su Facebook

Il problema della disinformazione e della diffusione di contenuti violenti è una realtà contro la quale l’ecosistema dei social network si trova a fare i conti quotidianamente.

 

Spesso il solo intervento umano non è sufficiente, non solo in termini di quantità di notizie da analizzare, ma soprattutto in termini di salute. In tempi recenti il colosso di Zuckerberg ha accettato di stanziare un risarcimento di 52 milioni di dollari ai dipendenti incaricati della moderazione dei contenuti in seguito a numerose denunce da parte degli stessi, i quali hanno sviluppato un disturbo post-traumatico da stress dovuto all’entità del lavoro svolto.

 

Come se non bastasse, lo scoppiare della pandemia da COVID-19 ha portato con sé una crescita esponenziale di fake news e annunci fraudolenti. Rimuovere fonti di disinformazione è diventato ancora più importante per la tutela degli utenti, laddove la diffusione di pseudoscienze, incitamenti all’odio e alla violenza, teorie del complotto e truffe di ogni genere rappresentano un vero e proprio pericolo per la sicurezza dei cittadini.

Il social network, in collaborazione con oltre 60 organizzazioni internazionali di fact-checking, ha tentato di far fronte all’emergenza implementando le funzionalità e l’utilizzo dei sistemi di Intelligenza Artificiale, cercando al contempo di perfezionarne mano a mano l’operato.

 

A che punto siamo

La sfida è riuscire a segnalare correttamente quali siano le notizie autentiche e quali no.

Due fotografie completamente identiche sono facili da riconoscere per l’occhio umano, ma non per l’intelligenza artificiale: un metodo utilizzato per aggirare i controlli è quello di fare uno screenshot della notizia falsa oppure applicarvi un filtro che la distorca. L’AI, ragionando per pixel, fatica a distinguere queste piccole variazioni. È difficile anche qualora le due immagini siano praticamente identiche. Quando viene semplicemente modificata una lettera, il senso viene stravolto, ma l’algoritmo non se ne accorge.

SimSearchNet è il nome del software utilizzato da Facebook nella lotta contro le fake news. Si tratta di un sistema basato su una simil rete neurale, nato proprio per riconoscere i doppioni e i vari escamotage utilizzati per aggirare i controlli. Insomma, conosce bene il nemico.

Il sistema lavora in sinergia con il database delle segnalazioni per evitare falsi positivi e falsi negativi

Il sistema sembra funzionare. Se la notizia si rivela falsa, la sua diffusione viene limitata e la sua lettura ostacolata da un banner che segnala la sua poca attendibilità. Il 95% delle persone non la apre.

Facebook ha impiegato l’AI anche per monitorare la pubblicazione di annunci fraudolenti riguardanti mascherine, cure, kit per la diagnosi del COVID-19 e presunte cure.

Sarà questa la soluzione al diffondersi di notizie false online? Certamente, l’intelligenza artificiale potrebbe dare una grande mano.

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Ambiente, società e tecnologia

Cosa succede “dopo” a guanti e mascherine? 

La crisi da COVID-19 ci ha abituato a doverci attrezzare di strumenti come guanti e mascherine monouso per vivere la nostra vita quotidiana: ma cosa succede quando, terminato l’utilizzo, vengono gettati nei rifiuti?

È un’azione che abbiamo ripetuto quotidianamente in questo periodo d’emergenza, e che ha riguardato un po’ tutti: per questa ragione parliamo di volumi di rifiuti decisamente importanti.

I decreti legge finora emessi dal governo, insieme alle ordinanze regionali, rafforzano l’obbligo del loro utilizzo ma non indicano particolari regole di raccolta.

Delle linee guida sono state redatte dall’Istituto Superiore di Sanità ma sono i responsabili delle strutture sanitarie e le amministrazioni locali che hanno l’onere di coordinarsi con gli enti locali presenti sul territorio. Quest’ultimi indicheranno ai cittadini le modalità consentite di gestione, che non è affatto semplice.

La filiera dei rifiuti infatti comprende la raccolta, il trasporto, il trattamento e lo smaltimento delle scorie: un tema ben conosciuto per le sue criticità. Per questo motivo il ministro dell’Ambiente ha rilasciato una circolare per evitare la saturazione delle strutture di stoccaggio e smaltimento durante le fasi della filiera.

Le preoccupazioni sono confermate dai dati che ci arrivano dalla regione di Hubei, di cui è capitale Wuhan, dove il problema si è già proposto.
Un articolo del 27 aprile su ScienceDirect riferisce che durante il lockdown i rifiuti urbani sono diminuiti del 30%, mentre c’è stato un incremento del 370% di rifiuti sanitari, per la maggior parte plastica. Viene riferito che anche i costi dello smaltimento dei rifiuti sanitari rispetto a quelli urbani tramite incenerimento varia da 20 a 30 volte tanto a tonnellata. Il rischio non è solo logistico e ambientale ma anche economico.

I consorzi in questo senso svolgono un aiuto essenziale, per efficientare il più possibile il sistema di smaltimento e riciclo dei rifiuti con rischio ambientale alto, come è la plastica: permettendo di abbassare il tasso di materia avviata all’incenerimento, svolgono un ruolo essenziale anche per salvaguardare l’ambiente.

Purtroppo, pur essendo originati da combustibili fossili, guanti e mascherine (come tutti gli scarti del settore sanitario) sono rifiuti speciali non differenziabili e pertanto non è possibile il riciclo: se non vengono declassati a rifiuti urbani devono sottostare al Decreto del Presidente della Repubblica del 15-07-2003 per la gestione di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo.

Un grande sforzo e sacrificio collettivo ha permesso di avviare a una fase discendente il trend dei contagi: non è l’unica curva di cui tener conto.

Anche la produzione e il trattamento dei rifiuti prodotti dalla situazione di emergenza dovranno essere presi in considerazione, soprattutto ora che le aziende e le attività commerciali cominciano a riaprire e la nuova normalità sarà contrassegnata dall’utilizzo di guanti e mascherine.