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Cannabis”: un termine spesso frainteso, associato al mero spettro della droga e relegato, poi, nell’ombra della legalità.

 

È a tal proposito che la situazione legale e la concezione sociale di questa pianta è molto variegata, sia in Europa che nel mondo: ponendo sotto la lente d’ingrandimento anche solo i Paesi europei, è possibile notare una netta differenza fra quelli che hanno adottato politiche più liberali e quelli che, invece, mantengono leggi più restrittive.

 

I primi Paesi a legalizzare del tutto la cannabis sono stati, nel 2021, il Lussemburgo e Malta : qui, ogni maggiorenne può coltivare, acquistare e consumare cannabis a uso personale, senza limiti di THC (un principio attivo il cui nome scientifico è delta-9-tetraidrocannabinolo). Inoltre, è disponibile la cannabis medica per i pazienti che ne hanno bisogno.

Particolarmente importante, negli ultimi mesi, l’evoluzione della situazione tedesca: il 23 febbraio 2024 la Germania ha approvato una legge riguardante l’uso e la coltivazione privata della cannabis.

 

Ad ogni modo, non è difficile venire a conoscenza degli svariati e possibili utilizzi della cannabis. Ciò che rimane tra storia e mistero è, invece, la prestigiosa tradizione italiana nel campo della produzione della cannabis, sia in termini di qualità che di quantità. Una realtà storica che sembra paradossale, se si pensa all’attuale concezione che gli italiani hanno di questa pianta.

 

Cannabis e fascismo: è davvero un binomio perfetto?

 

Paradossale è davvero il termine giusto per descrivere la nostra relazione con questa pianta: il settore canapicolo italiano raggiunse il suo massimo splendore durante il periodo fascista, tra i primi anni ‘20 e la metà degli anni ’40.

 

Nel 1918 nacque il Sindacato di Filatori e Tessitori di Canapa e il settore cominciò a essere coordinato e vigilato dalla Confederazione Fascista Agricoltori, che controllava tutti i consorzi. Si trattava di un organismo che disciplinava la produzione, proporzionandola alla domanda, valorizzava i prodotti e promuoveva i processi di lavorazione della fibra. Il filato di canapa italiano era rinomato in tutto il mondo a causa della sua morbidezza, lucentezza e bianchezza.

 

Come riportato dal Catalogo del Linificio e Canapificio Nazionale, nel 1923 il settore impiegava circa 20.000 persone, con stabilimenti concentrati maggiormente nel nord; si pensi a quelli di Cassano d’Adda e di Genova, città la cui azienda di filati per l’industria navale divenne la prima nel Mediterraneo per produzione.

 

L’importanza della canapa per l’economia italiana divenne tale che Benito Mussolini, nel 1925, arrivò a pronunciarsi in questo modo:

 

La Canapa è stata posta all’ordine del giorno della nazione, perché per eccellenza autarchica è destinata ad emanciparci quanto più possibile dal gravoso tributo che abbiamo ancora verso l’estero nel settore delle fibre tessili. Non è solo il lato economico agrario, c’è anche il lato sociale la cui incidenza non potrebbe essere posta meglio in luce che dalla seguente cifra: 30.000 operai ai quali dà lavoro l’industria canapiera italiana“.

 

Tuttavia, il declino della reputazione della cannabis ebbe inizio pochi anni dopo, quando iniziò il processo storico alla base delle mistificazioni odierne. L’hashish, un derivato puramente ricreativo della cannabis, venne dichiarato dallo stesso Mussolini “nemico della razza” (e, in vero stile fascista, venne definita una droga da “ne**i”).

 

Il proibizionismo statunitense

 

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale l’utilizzo industriale della pianta sembrò ricominciare a crescere, sia in termini monetari che qualitativi. Ma la storia aveva in serbo ben altro.

 

Occorre infatti ricordare che il tracollo dell’industria della cannabis in Italia avvenne durante gli stessi anni del proibizionismo statunitense circa l’alcool e le droghe, che culminò nella messa al bando di cannabis e hashish. Il fenomeno può quindi essere visto come un riflesso sul nostro paese delle influenze globali e delle pressioni politiche dell’epoca.

 

Le politiche proibizioniste adottate dagli Stati Uniti esercitarono una notevole influenza sull’opinione pubblica internazionale e sull’adozione di politiche simili in altri Paesi, portando dapprima alla demonizzazione della cannabis e poi alla graduale scomparsa dall’industria dall’economia italiana, che ne definì un tracollo inarrestabile. Così in Italia il declino della canapa, una delle piante più utili per l’uomo, divenne una questione ideologica.

 

L’Italia oggi: una questione di THC

 

La situazione legale attuale della cannabis in Italia si dirama in due sottogruppi, in base alla dose di THC (o delta-9-tetraidrocannabinolo) contenuta nella pianta: una sostanza psicotropa prodotta dai fiori di cannabis e avente effetti stimolanti e analgesici.

 

La cannabis ad alto contenuto di THC, comunemente nota come marijuana, è illegale in Italia per uso ricreativo e viene considerata una sostanza stupefacente ai sensi della legge: in Italia sono puniti il possesso, la coltivazione, la vendita e il consumo di marijuana. La base legale per la proibizione della cannabis ad alto contenuto di THC è insita nella Legge 685/1975, cioè la Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, che classifica la cannabis come una sostanza stupefacente.

 

La situazione è diversa per la cannabis a basso contenuto di THC, come la varietà industriale di canapa: nel 2016, infatti, è stata approvata la Legge 242/2016, che ha permesso la produzione di canapa con un contenuto di THC inferiore allo 0,6%, purché venga utilizzata per la produzione di fibre tessili, materiali edili, alimenti e cosmetici.

 

Inoltre, la Legge 94/1998 in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e la successiva Ordinanza del 2006 sull’importazione di medicinali a base di THC hanno aperto la strada alla produzione e alla vendita di prodotti a base di cannabis per uso medico, creando le basi per l’utilizzo terapeutico della cannabis in Italia (sebbene la sua attuazione sia stata progressiva e soggetta a regolamentazioni specifiche).

 

Seppur la produzione canapicola sembri suddivisa in due prodotti ben distinti, la situazione è molto complessa, a causa della concezione che i diversi partiti politici hanno della stessa. Si pensi alle ultime dichiarazioni di Matteo Salvini: sebbene l’attuale codice della strada preveda già il ritiro della patente per chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, durante l’evento conclusivo della campagna elettorale del centrodestra in Sardegna, tenutosi il 21 febbraio 2024, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha proposto di “ritirare la patente a chi viene trovato alla guida drogato”.

Risulta chiaro che la riforma, ancora in attesa dell’approvazione del Parlamento, mira unicamente a rendere più severa la norma già esistente.

 

AssoCanapa

 

Nel 2018 l’Associazione Coordinamento Nazionale per la Canapicoltura in Italia, meglio conosciuta come AssoCanapa, ha iniziato a contrastare le conseguenze che avevano (e hanno) le norme molto restrittive del nostro Paese a riguardo della cannabis.

 

Fondata circa venti anni fa, AssoCanapa ha più volte difeso soci e clienti accusati di spaccio di droga, a causa della somiglianza che le proprie piante di canapa industriale avevano con le varietà ad alto contenuto di THC. Un malinteso non da poco, considerando l’arresto di quei coltivatori che, come dimostrato in diversi casi, stavano semplicemente coltivando la canapa per usi industriali.

 

La Carmagnola

 

Uno dei pionieri di questo movimento è stato Felice Giraudo, un uomo di 83 anni, perito agrario ed ex sindaco di Carmagnola, una città situata a trenta chilometri da Torino.

 

Negli anni ’90, Giraudo e la sua ex assistente Margherita Baravalle decisero di riportare in produzione le varietà tradizionali e locali di canapa, come l’omonima Carmagnola, al fine di utilizzarle come isolante termico e acustico nelle case.

La Carmagnola è una storica varietà di cannabis italiana, avente una dose di THC inferiore allo 0,2%. Ciononostante, il percorso intrapreso per ricominciare a produrla è stato molto tormentato.

 

L’aspetto più interessante di questa storia rimane il potenziale economico: secondo le stime di Giraudo, isolando due terzi delle case italiane con la Carmagnola lo Stato avrebbe potuto risparmiare circa 45 miliardi di euro all’anno in costi di riscaldamento e raffreddamento. Possibile che non siano stati (e non vengano tuttora) presi in considerazione questi dati così importanti?

 

Una cosa è certa: la cannabis continuerà sempre a far parlare di sé, ad aprire menti e a offrire nuove prospettive. Sia che si tratti di una antica varietà come la Carmagnola che delle più moderne coltivate in laboratorio, la cannabis rimane una pianta dalle moltissime potenzialità.

 

Oggi, mentre assistiamo a una rinascita dell’interesse per le sue molteplici applicazioni, dalla produzione di biomassa alle potenzialità nel campo medico e industriale, questa pianta continua a rappresentare un simbolo di resilienza e adattabilità; la sua presenza persiste come un legame forte con la storia agricola e industriale dell’Italia.

 

Fonti:

Sindacato di Filatori e Tessitori di Canapa

Catalogo del Linificio e Canapificio Nazionale

Confederazione fascista dei lavoratori dell’agricoltura

Il discorso di Mussolini

  1. 22-12-1975 n. 685 Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.

Legge 242/2016

Intervista al presidente di AssoCanapa Felice Giraudo