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Entertainment, videogame e contenuti

Non chiamateli videogames: a che punto è il settore degli eSports

Durante il periodo del lockdown, in assenza di altri eventi sportivi, a prendersi la copertina sono stati i “fratelli minori” o, per meglio dire, “elettronici”: gli eSports o “Sport Elettronici”, cioè le competizioni fra giocatori professionisti di videogame.

Per molti sembrerebbe un hobby qualunque, e invece stiamo parlando di un mondo molto più articolato (e remunerato) di quel che si pensi: basti pensare ai ricavi generati a livello mondo, pari a 950 milioni di dollari.

Un giro d’affari esorbitante, se si considera che stiamo parlando, comunque, sempre di videogiochi.

Sarà, anche se i “videogame” sono un ecosistema sempre più articolato dove agiscono giocatori professionisti, squadre, sponsor, piattaforme di streaming, eventi dal vivo… Un vero e proprio movimento, paragonabile per intenderci al mondo del Calcio, in cui attorno ai giocatori ruota un’intera galassia che genera fatturato: diritti televisivi, merchandising, eventi.

I dati che citavamo su ce lo confermano: il mondo degli eSports è in rapida espansione. Secondo l’ultimo rapporto di Newzoo, i ricavi supereranno gli 1,1 miliardi di dollari nel 2020, con una crescita del +15,1% rispetto all’anno precedente.

A fare da Paesi capofila del movimento sono Cina e Corea del Sud, dove il settore si può dire essere più sviluppato: sul mercato cinese troviamo infatti team come i TSM, squadra con ricavi annui sui 29 milioni di dollari ed un valore societario di 400 milioni, che nel 2019 ha generato ricavi pari a 326,2 milioni di dollari.

Anche in Italia sono presenti team che negli ultimi anni si sono strutturati, sia in termini di organizzazione e strutture che sul fronte dei ricavi.

Tra i più importanti possiamo menzionare Qlash Italia, squadra attiva sui principali titoli (Fifa, League of Legends, Fortnite, Rainbow Six: Siege…) con ricavi nel solo 2019 pari a 512 mila di euro e un valore societario di 3 milioni di euro.

Altre realtà presenti in Italia sono Mkers, Outplayed, Samsung Morning Stars, Exeed, Nl Esport, Campus Party Spark e Hsl Esport.

Ultime arrivate, ma non per questo meno importanti, sono le società di calcio che hanno creato il proprio team eSport: i “pionieri” in questo settore sono Sampdoria, Empoli, Genoa e più recentemente Inter, Roma , Atalanta e Juventus.

Dati questi numeri, non è strano prevedere un futuro roseo: gli analisti si attendono guadagni pari a 1,5 miliardi di dollari entro il 2023.

Nei prossimi anni sarà interessante monitorare la crescita di questo settore soprattutto in italia, paese che fino ad ora è stato tra gli ultimi a svilupparsi nel panorama Esports.

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Ambiente, società e tecnologia

Cosa succede “dopo” a guanti e mascherine? 

La crisi da COVID-19 ci ha abituato a doverci attrezzare di strumenti come guanti e mascherine monouso per vivere la nostra vita quotidiana: ma cosa succede quando, terminato l’utilizzo, vengono gettati nei rifiuti?

È un’azione che abbiamo ripetuto quotidianamente in questo periodo d’emergenza, e che ha riguardato un po’ tutti: per questa ragione parliamo di volumi di rifiuti decisamente importanti.

I decreti legge finora emessi dal governo, insieme alle ordinanze regionali, rafforzano l’obbligo del loro utilizzo ma non indicano particolari regole di raccolta.

Delle linee guida sono state redatte dall’Istituto Superiore di Sanità ma sono i responsabili delle strutture sanitarie e le amministrazioni locali che hanno l’onere di coordinarsi con gli enti locali presenti sul territorio. Quest’ultimi indicheranno ai cittadini le modalità consentite di gestione, che non è affatto semplice.

La filiera dei rifiuti infatti comprende la raccolta, il trasporto, il trattamento e lo smaltimento delle scorie: un tema ben conosciuto per le sue criticità. Per questo motivo il ministro dell’Ambiente ha rilasciato una circolare per evitare la saturazione delle strutture di stoccaggio e smaltimento durante le fasi della filiera.

Le preoccupazioni sono confermate dai dati che ci arrivano dalla regione di Hubei, di cui è capitale Wuhan, dove il problema si è già proposto.
Un articolo del 27 aprile su ScienceDirect riferisce che durante il lockdown i rifiuti urbani sono diminuiti del 30%, mentre c’è stato un incremento del 370% di rifiuti sanitari, per la maggior parte plastica. Viene riferito che anche i costi dello smaltimento dei rifiuti sanitari rispetto a quelli urbani tramite incenerimento varia da 20 a 30 volte tanto a tonnellata. Il rischio non è solo logistico e ambientale ma anche economico.

I consorzi in questo senso svolgono un aiuto essenziale, per efficientare il più possibile il sistema di smaltimento e riciclo dei rifiuti con rischio ambientale alto, come è la plastica: permettendo di abbassare il tasso di materia avviata all’incenerimento, svolgono un ruolo essenziale anche per salvaguardare l’ambiente.

Purtroppo, pur essendo originati da combustibili fossili, guanti e mascherine (come tutti gli scarti del settore sanitario) sono rifiuti speciali non differenziabili e pertanto non è possibile il riciclo: se non vengono declassati a rifiuti urbani devono sottostare al Decreto del Presidente della Repubblica del 15-07-2003 per la gestione di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo.

Un grande sforzo e sacrificio collettivo ha permesso di avviare a una fase discendente il trend dei contagi: non è l’unica curva di cui tener conto.

Anche la produzione e il trattamento dei rifiuti prodotti dalla situazione di emergenza dovranno essere presi in considerazione, soprattutto ora che le aziende e le attività commerciali cominciano a riaprire e la nuova normalità sarà contrassegnata dall’utilizzo di guanti e mascherine.