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Marketing & Social Media

Whatsh(app)ppening? Dati e informativa sulla privacy

L’applicazione di messaggistica instantanea WhatsApp è entrata nella quotidianità delle nostre vite, al punto che il suo nome è diventato una espressione gergale usata per riferirsi all’azione di scambiarsi messaggi.

Lanciata sul mercato nel 2009, dopo il 2014 è entrata a fare parte del gruppo Facebook Inc.

Oltre alla sopra citata WhatsApp e l’omonima applicazione Facebook l’azienda possiede diverse controllate tra cui Instagram, Onavo, Oculus VR LLC, LiveRail, CrowdTangle e tante altre.

Com’è strutturata l’azienda?

WhatsApp Ireland Limited con sede a Dublino, si occupa di gestire tutti i dati degli utenti che risiedono in un Paese o in un territorio appartenente allo Spazio Economico Europeo.

Questa distinzione è necessaria perché l’Unione Europea ha redatto un Regolamento con l’obiettivo di rafforzare la protezione dei dati personali dei suoi cittadini.

Mentre i dati di tutti gli altri utenti vengono gestiti da WhatsApp LLC che ha sede a Menlo Park in California, Stati Uniti.

Quali dati raccoglie l’applicazione dagli utenti? Che tipo di dati sono?

Quando l’utente spunta la famigerata casellina “accetto i termini e le condizioni di utilizzo” dà il suo consenso alla raccolta dati che ne deriva e quindi, in base alle informazioni che decide di cedere, sarà in grado accedere o meno a determinate funzioni.

É interessante sapere che al momento della creazione dell’account personale l’utente sottoscrive a WhatsApp una licenza globale, che autorizza l’applicativo ad ottenere tutti i dati ed i contenuti dell’utente ricevuti o condivisi  tramite i suoi servizi cui diritti servono per garantire una migliore user experience agli utenti finali.

Possiamo distinguere due tipi di informazioni: quelle fornite direttamente dagli utenti, e quelle raccolte in automatico dal software.

L’utente fornisce informazioni in merito a:

  • le generalità riguardanti il suo account come il numero di cellulare, l’immagine del profilo e l’eventuale stato
  • I suoi messaggi; curioso è sapere che WhatsApp si comporta come una sorta di tramite per quanto riguarda l’invio dei messaggi.

Una volta consegnato il messaggio al destinatario esso viene salvato sul dispositivo di arrivo e l’applicativo procede poi con l’eliminazione dai suoi server.

In caso non fosse possibile recapitare il contenuto del messaggio, esso viene conservato in forma crittografata nei server fino ad un massimo di 30 giorni e superato questo limite si procede con l’eliminazione definitiva del messaggio.

  • Anche i suoi file multimediali vengono salvati sempre in forma crittografata nello stesso modo nei server, in modo di da poterli condividere con altri utenti in maniera efficiente e veloce.
  • Le sue connessioni: acconsentendo alla funzione di caricamento dei contatti si forniscono alla piattaforma tutti i recapiti telefonici presenti all’interno della rubrica.

Le informazioni raccolte automaticamente invece riguardano:

  • Le attività dell’utente come ad esempio le modalità di interazione coi suoi contatti e con gli eventuali gruppi di cui fa parte, il registro delle chiamate, la data e l’ora dell’ultimo accesso qualora ci sia, la data di aggiornamento delle informazioni di profilo.

WhatApp riceve inoltre informazioni sull’utente anche da altri utenti, come una sorta di controllo incrociato dei dati.

  • Informazioni riguardanti il tipo di dispositivo utilizzato ed il tipo di connessione; il modello di hardware, il tipo di sistema operativo utilizzato, la potenza del segnale, l’operatore telefonico, le informazioni relative al browser, al tipo di rete mobile o il provider.
  • Informazioni sulla posizione: quando l’utente attiva i servizi di geolocalizzazione dalle impostazioni sul proprio dispositivo, WhatsApp le riporta nei propri server, riporta quando e come l’utente ha condiviso la propria posizione coi suoi contatti o quando l’utente ha visualizzato la posizione ricevuta dai suoi contatti.

Se invece il servizio di posizione è disattivato, si ricorre ad altri indirizzi come il prefisso telefonico per stimare dove l’utente potrebbe trovarsi.

  • I cookie: il software rileva i cookie dell’utente come ad esempio le preferenze sulla lingua, il fuso orario, su cosa l’utente cerca e si interessa quando naviga sul web.

Possiamo dire che un servizio è gratuito perché il mezzo di scambio utilizzato è diverso dalla moneta?

Quali sono i nostri parametri per definire qualcosa come gratuito?

4 Gennaio 2021

L’aggiornamento delle policy, inizialmente doveva essere accettato dagli utenti entro la data 8 febbraio 2021 per continuare ad utilizzare il social, chi non si trovasse d’accordo con queste policy veniva implicitamente esortato a disiscriversi.

Specifica chi è l’azienda responsabile dei dati, inserisce il requisito dell’età minima di sedici anni per potersi iscrivere, viene citato il codice europeo delle comunicazioni elettroniche, spiega come il software collabora con le altre aziende del gruppo di cui fa parte, e si propone di creare una migliore comunicazione tra le aziende perché molte si affidano all’applicazione per gestire la comunicazione coi propri clienti.

Riguardo la comunicazione con le aziende del gruppo Facebook viene evidenziato come questo permetta di offrire i servizi in modo efficiente ed affidabile, garantire protezione e sicurezza tramite l’eliminazione degli account di spam, ottenere una condivisione diretta tra i contenuti condivisi su Facebook e WhatsApp tramite ad esempio la condivisione di link nelle chat, e avere a disposizione i recapiti commerciali delle aziende che lavorano sul social tramite link personalizzati.

Il Garante della privacy italiano lo scorso 14 gennaio è intervenuto d’urgenza perché ritiene che i contenuti dell’aggiornamento siano poco chiari e che necessitano di attente valutazioni.

Alla luce di queste proteste WhatsApp ha rinviato la data al 15 maggio.

Anche gli utenti si sono trovati perplessi da questo aggiornamento, tanto da registrare nelle scorse settimane una “migrazione” verso altri social di messaggistica istantanea come Telegram.

Da un lato il software mette a disposizione degli utenti gli strumenti di crittografia end-to-end. Perché questo bisogno di collaborazione con le altre controllate del gruppo?

Sabato 30 gennaio Whatsapp ha pubblicato delle stories contenti alcuni chiarimenti sulle nuove policy.

L’applicativo spiega che il nuovo aggiornamento riguarda solamente il rapporto con le aziende, un servizio facoltativo destinato alle funzionalità business.

L’introduzione dei messaggi effimeri potrebbe rappresentare una risorsa aggiuntiva per proteggere la privacy degli utenti?

La possibilità di scaricare i propri dati potrebbe tranquillizzare gli utenti?

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Ambiente, società e tecnologia

Digital Services Act e Digital Markets Act: le nuove normative europee sul mondo digitale

Il 15 dicembre 2020 la Commissione europea ha proposto una riforma dello spazio digitale al fine di renderlo più sicuro, aperto e conforme ai valori europei, introducendo nuove norme che disciplinano i servizi digitali applicabili in tutta l’Ue.

Tale riforma consiste in due nuove iniziative legislative: il Digital services Act e il Digital markets Act.

Secondo quanto dichiarato dalla Vicepresidente esecutiva per un’Europa adatta all’era digitale e alla concorrenza, Margrethe Vestager: “le due proposte perseguono un unico obiettivo: garantire a noi, in quanto utenti, l’accesso a un’ampia gamma di prodotti e servizi sicuri online e alle aziende che operano in Europa di competere liberamente ed equamente online così come offline. Si tratta di un unico mondo. Dovremmo potere fare acquisti in modo sicuro e poterci fidare delle notizie che leggiamo, in quanto ciò che è illegale offline è altrettanto illegale online.”

Perché la Commissione europea ha ritenuto necessario introdurre nuove regole?

La Commissione ha preso atto del fatto che l’enorme sviluppo dei servizi digitali che si è avuto negli ultimi decenni ha inciso significativamente sul nostro modo di vivere, introducendo nuovi modi di comunicare, informarsi e acquistare. Questo ha reso necessario introdurre normative a livello europeo per regolamentare i nuovi servizi digitali, i quali hanno sicuramente apportato notevoli vantaggi, come agevolare i consumatori nell’acquisto di beni e servizi e creare nuove opportunità per imprese e operatori economici, ma hanno anche causato alcuni problemi, in particolare l’illegalità dei contenuti e dei servizi on line.

Il Digital services Act


Questa legge ha lo scopo di disciplinare i servizi di intermediazione on line, che collegano i consumatori a beni, servizi o contenuti. Gli obiettivi principali sono: garantire una maggior protezione dei consumatori e dei loro diritti fondamentali on line; introdurre nuovi obblighi in materia di trasparenza e una maggiore responsabilità delle piattaforme on line; creare un mercato unico europeo che incentivi la competitività, l’innovazione e la crescita.

In concreto la Legge sui servizi digitali:

  • Consente agli utenti di segnalare con maggiore facilità la presenza on line di contenuti, beni o servizi illeciti e contrastare le decisioni delle piattaforme circa la rimozione dei contenuti;
  • Prevede obblighi di trasparenza per le piattaforme on line riguardo le norme sulla moderazione dei contenuti e sulla pubblicità
  • Introduce nuove norme sulla tracciabilità degli utenti commerciali nei mercati on line, al fine di scoraggiare la vendita di prodotti o servizi illegali;
  • Introduce maggiori obblighi per le piattaforme on line dette sistemiche, cioè quelle che raggiungono oltre il 10% della popolazione dell’Ue, le quali sono tenute a prevenire possibili abusi dei loro sistemi adottando misure basate sul rischio e alla introduzione di una nuova struttura di sorveglianza;
  • Al fine di garantire l’applicazione delle norme in tutto il mercato unico europeo, prevede l’obbligo per ogni Stati membro di designare un Coordinatore dei servizi digitali, organo indipendente che ha il compito di vigilare sul rispetto delle norme sul proprio territorio e che sarà sostenuto nello svolgimento delle proprie funzioni da un Comitato europei per i servizi digitali.

Il Digital Markets Act


Introduce nuove norme per cercare di risolvere i problemi causati dai comportamenti scorretti delle cosiddette “Gatekeeper”, cioè quelle “piattaforme on line di grandi dimensioni che esercitano una funzione di controllo dell’accesso”, che spesso approfittano del forte impatto che hanno sul mercato digitale mettendo in atto pratiche commerciali sleali.

In base alla legge un’impresa per poter essere definita Gatekeeper deve rispettare tre criteri:

  • Detenere una posizione economica forte
  • Avere una forte posizione di intermediazione tra utenti e imprese
  • Detenere una posizione solida e duratura sul mercato.

Per queste piattaforme on line sono previsti determinati obblighi e divieti che hanno lo scopo di creare un mercato unico più equo, competitivo e innovativo, consentire ai consumatori di disporre di più servizi e a prezzi più convenienti e di impedire ai Gatekeeper di tenere comportamenti iniqui.

Le due leggi sul mondo digitale proposte dalla Commissione nei prossimi mesi saranno discusse dal Parlamento europeo e una volta adottate saranno direttamente applicabili in tutti gli Stati membri.

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Ambiente, società e tecnologia

A proposito di Diritto della Rete: intervista ad Alessandro Vercellotti, #AvvocatoDelDigitale

Quante norme bisogna conoscere per avviare un business sul web? E quali sono le cose che bisogna assolutamente sapere per capire come rispettare la legge per lavorare online?

Per rispondere a queste domande, abbiamo pensato di rivolgerci a un “esperto del settore”: Alessandro Vercellotti meglio conosciuto come Avvocato del Digitale e fondatore di Legal For Digital, il primo studio legale italiano incentrato sul Diritto Digitale e rivolto a realtà aziendali, professionisti e agenzie di marketing. Come Business coach e relatore ad eventi di settore, Alessandro lavora per sensibilizzare l’opinione pubblica su rischi e opportunità del rapporto fra legge e web.

Il risultato è stata una chiacchierata molto interessante su regolazione del web e possibili future modifiche alle attuali norme, la gestione dei dati sensibili e anche qualche consiglio utile per chiunque volesse intraprendere il suo  stesso percorso.

Buongiorno Alessandro, e grazie per aver accettato l’invito di iWrite.

Grazie a voi e buongiorno a tutti i lettori!

Partiamo da una domanda generale: oggi il digitale è altamente regolamentato: quali sono state le ragioni per cui si è arrivati a normare così tanto l’utilizzo di questo media?

Il mondo del web spesso era visto come un mondo a parte, nel quale le regole del mondo off-line non esistevano. In realtà non è così e anzi spesso la portata di certi comportamenti online è ancora più grave, basti pensare alla diffamazione che se effettuata sui social network diventa di default una diffamazione aggravata proprio per il numero di potenziali utenti ai quali si comunica. Poi è altrettanto vero che la natura stessa del digitale ha portato la necessità di definire regole specifiche per questo mondo come in ambito di commercio elettronico o normativa privacy

GDPR: cosa è cambiato secondo te con l’introduzione di questa norma? Lo scenario del web è migliorato oppure no?

Il Gdpr è una normativa che ha del rivoluzionario per l’importanza nella cura dei dati personali degli utenti, tuttavia ad oggi tanti siti risultano ancora non rispettarla appieno. Si può vedere queste situazione come un limite oppure come un’enorme opportunità che deve essere colta da tutti per un mondo online più corretto e con minori rischi. Inoltre per le aziende, dati personali degli utenti possono essere un nuovo modo di monetizzare se tutto viene fatto a norma di legge e quindi i dati vengono trattati in modo corretto.

Diversi report ci indicano come la privacy sia diventata una delle priorità per gli utenti del web: secondo te come mai?

Penso che i cittadini stiano capendo quanto siano importanti i loro dati e anche che valore abbiano. È un processo di apprendimento molto lungo ma inesorabile e il futuro sarà sempre più data centric. Anche i big del web ci insegnano che oggi i business più profittevoli sono legati alla gestione/cessione dei dati e gli iscritti ai social network o alle piattaforme online hanno compreso che tanti servizi “gratuiti” prevedono attività di marketing legate al trattamento dei loro dati personali.

La consapevolezza dell’esistenza di un tema legato alla gestione del “dato” online è emersa anche nel lancio dell’app Immuni: a tuo parere, le persone sono consapevoli di quante cose lasciano online?

Se da un lato la soglia di consapevolezza e attenzione sul concetto di gestione dei dati sta aumentando, dall’altro penso che tanti utenti oggi non abbiano idea di che tipo di dati personali siano davvero trattati dalle aziende. Queste ultime spesso non trattano il nome e cognome dell’utente facendo una pubblicità specifica verso di lui ma intrecciano i dati raccolti sul proprio sito web con quelli delle piattaforme social per raggiungere quel risultato. Allo stesso modo quando l’utente contatta un’azienda con la propria mail personale non sta autorizzando quest’ultima a trattare quel dato per mandare comunicazioni commerciali.

A proposito di norme e dati: si discute di un Decreto Legge, a firma del senatore Simone Pillon, per limitare l’accesso ai contenuti per adulti online. In termini legali non è una limitazione alla libertà personale?

Questa tipo di proposta mi sembra tanto una mossa politica che avrà poco di reale. Per fortuna non viviamo in una realtà nazionale con diritti limitati e quindi penso che azioni come questa avranno poco seguito. Oltre tutto il mondo del web ci insegna che imposto un limite, anche logico e corretto, spesso viene trovato un modo per eluderlo. Tutto ciò potrebbe avvenire questo anche in caso di limitazione all’accesso dei contenuti per adulti che oggi hanno una tale importanza online.

Quali sono le principali cose da sapere quando si vuole lanciare un business online, in termini di leggi e norme?

Prima di tutto il web è reale e ha delle regole (normative) come il mondo offline. Poi bisogna pensare alla fattibilità legale del business perché ci possono essere normative specifiche che limitano certe attività e ancora dobbiamo pensare al trattamento dei dati personali degli utenti (normativa privacy/Gdpr). Se si tratta di un business che preveda la vendita online di prodotti e/o servizi sono fondamentali dei termini e condizioni di vendita e quindi va considerato il Codice del Consumo e il Decreto sul Commercio elettronico.

Lasci un consiglio a chi studia giurisprudenza e vuole seguire le tue orme di “avvocato del digitale”?

Uscite dagli schemi o dal “l’unica strada è quella già scritta”. Scegliete il vostro sogno e cercate la vostra strada per raggiungerlo!