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Shackleton, azienda di comunicazione e creazione di contenuti, con sede a Barcellona, in collaborazione con un team di innovazione della Accenture Interactive (di cui la società fa parte  dal 2019) e di Evoca group (azienda leader nel settore delle vending machine) ha ideato e prodotto il primo distributore automatico (di snack e bevande) che non accetta nessuna valuta per i pagamenti. Solo dati personali.

 

L’unica differenza rispetto alle classiche macchinette che siamo abituati a vedere in università, in ufficio o in metropolitana sta nel metodo di pagamento. Non è infatti possibile pagare con monete, banconote o con pagamenti elettronici. Il dispositivo è dotato solamente di un touch screen per raccogliere dati personali che l’utente inserisce in cambio dei prodotti.

 

“Puoi comprare un frullato (o una bottiglia) con il tuo indirizzo email, uno snack con due domande riguardanti il proprio lavoro e pure un paio di airpods compilando un questionario.” recita la presentazione del prodotto sul loro sito web.

Il distributore è attrezzato con 55 diversi prodotti suddivisi in 3 fasce di prezzo, per ognuna delle quali raccoglie informazioni diverse. Le domande poste sono studiate per ricavare informazioni utili e possono essere personalizzate anche in base al cliente stesso.

 

Il primo esemplare è stato installato nell’Accenture’s Digital Hub di Madrid, nel maggio 2021.

In meno di 24 ore la notizia aveva già fatto il giro del mondo. Oggi l’azienda continua a ricevere richieste per l’installazione del prodotto in vari contesti lavorativi. Questo servizio/prodotto si rivolge infatti ad ambienti B2B.

 

“Mentre tutti gli esperti stanno teorizzando che i dati saranno la nuova valuta, Shackelton, l’ha effettivamente messo in pratica con Data Pro Quo, il primo distributore automatico dove i prodotti vengono pagati con i dati.”

Afferma Shackelton sostenendo che il nuovo paradigma aziendale non consista più nella produzione di prodotti, bensì nella raccolta di dati.

 

Dovremmo preoccuparci di questa tecnologia, dato che viene utilizzata dalle aziende per monitorare le abitudini dei loro dipendenti? Per rispondere dobbiamo prima considerare che ogni sito internet (social e sistemi operativi dei nostri telefoni compresi) che visitiamo monitora e conserva un’infinità di dati personali che ci riguardano, arrivando addirittura a contare quanti millisecondi ci soffermiamo su ogni singolo componente della pagina e anche quali altri siti visitiamo dopo. In casi estremi vengono addirittura attivate telecamera e microfono, a nostra insaputa, per monitorare le nostre reazioni ai vari contenuti. Ci sono innumerevoli aziende che hanno costruito siti web o servizi di sharing mobility (bici, monopattini, scooter e auto) preventivando di andare in perdita a vita solo per poter raccogliere dati e successivamente venderli ricavandone un profitto immenso. Ecco quanto valgono i nostri dati. Quindi tornando alla domanda, dovremmo preoccuparci? Sì dovremmo, non di Data Pro Quo nello specifico, ma nel cedere i nostri dati inconsapevolmente tutti i giorni. Data Pro Quo è forse l’unico servizio che raccoglie dati e lo comunica esplicitamente.