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La sostenibilità della finanza viene da tempo studiata e analizzata ma è solo di recente che è diventata argomento frequente di discussione, complice la maggiore attenzione che viene posta sul rispetto dell’ambiente e il raggiungimento di determinati obiettivi di inquinamento entro scadenze fissate a livello globale. Sempre più imprese dichiarano di svolgere attività sostenibili e attente all’ambiente ma non solo, crescono di importanza il rispetto dei diritti dell’uomo, gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e l’adozione di criteri etici di gestione aziendale.

 

Come sono legate la finanza e la sostenibilità, e in particolare i criteri ESG dei quali sentiamo spesso parlare?  Innanzitutto, i criteri ESG (Environmental, Social, corporate Governance) permettono di valutare l’impatto a livello ambientale, sociale e di governance di un’attività; tali valutazioni vengono assegnate a titoli, fondi di investimento ed emittenti per misurarne appunto la sostenibilità e permettere agli investitori di poter fare scelte responsabili. Esempi di indicatori ESG possono essere le emissioni di COdi un’azienda per il pilastro “E”, le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro per il pilastro “S” o il numero di donne presenti nel consiglio di amministrazione per il pilastro “G”.

 

A livello nazionale Borsa Italiana ha recentemente annunciato l’avvio del progetto ESGeneration Italy, insieme alla Federazione Banche Assicurazioni e Finanza e il Forum per la Finanza Sostenibile, che ha l’obiettivo di condurre l’Italia in una posizione emergente e in un ruolo attivo all’interno del panorama internazionale della finanza sostenibile. Come riportato sul sito ufficiale tale progetto è ispirato ai principi di promozione dei criteri ESG, di trasparenza e di prospettiva di medio-lungo termine, i medesimi che sono alla base dell’atto costitutivo di un investimento sostenibile e responsabile della finanza italiana firmato da tre associazioni tra cui l’Associazione Bancaria Italiana.

 

Il 18 ottobre 2021 Euronext, il principale mercato finanziario nell’Eurozona, ha dato il via all’indice di borsa MIB ESG che è il primo indice ESG dedicato alle blue-chip italiane (le società con la maggiore capitalizzazione) con l’obiettivo di evidenziare quelle con le migliori prestazioni e quindi con un più alto punteggio (rating ESG). Tale punteggio viene assegnato sulla base di 38 criteri suddivisi in 6 aree principali legate alle responsabilità ambientali, sociali e di governance delle aziende; in particolare ad ogni azienda viene assegnato un punteggio da 1 a 100 che è rivisto ogni tre mesi.

 

Sono sempre più frequenti gli annunci di banche e altre istituzioni finanziarie che invitano a investire in maniera responsabile e scegliere di supportare imprese con alti rating ESG. Amundi, società di gestione del risparmio, ha creato un mini-sito in cui espone il suo piano triennale per diventare 100% ESG e le azioni intraprese per far sì che tutti i loro fondi di investimento abbiano alti rating ESG senza sacrificare i rendimenti finanziari degli stessi. Le due cose non si escludono: come rivela uno studio di Amundi gli investitori che indirizzano i propri risparmi in fondi ESG ottengono rendimenti più alti; la stessa informazione la troviamo in un articolo de il Sole 24 Ore che riporta come l’andamento dei titoli in borsa di società con rating ESG più alto sia maggiormente favorevole, considerando il medio-lungo termine.

 

Il problema risiede piuttosto nella corretta valutazione dell’effettivo rispetto dei criteri ESG da parte delle società, soprattutto dal punto di vista ambientale per via di comunicazioni scorrette ad esempio, che non corrispondono a impegni reali di riduzione dell’inquinamento. Un recente report dell’OCSE inoltre analizza le pratiche di mercato  e i principali problemi di investimenti ESG e transizione climatica, fornendo alcune soluzioni. I problemi evidenziati riguardano la scarsa comparabilità attuale dei diversi sistemi di rating ESG e la qualità dei dati utilizzati per le decisioni di investimento, risolvibile mediante un intervento più ampio e incisivo delle autorità regolatrici; il disallineamento tra il criterio ambientale dei rating ESG e la transizione ecologica, questione che richiede una maggior trasparenza e un maggior dettaglio dei punteggi usati per i rating ESG; infine il report indica la necessità di <<rafforzare l’integrazione dei rischi e delle opportunità della transizione climatica in strutture di mercato e prodotti in modo che migliori l’efficienza del mercato per supportare un’ordinata transizione a basse emissioni di carbonio>>.

È urgente la collaborazione tra paesi e la definizione di precise pratiche comuni per permettere una reale transizione verso la sostenibilità e permettere a tutti di collaborare, perché ognuno con le proprie scelte può fare la differenza.