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L’11 maggio è stata definitivamente approvata al Senato la “Legge Salvamare” che promette di avere un impatto significativo sulla salute di fiumi, laghi e mari del nostro paese.

 

Iniziamo con qualche numero per comprendere la dimensione del problema. Ogni anno nel mondo vengono prodotte circa 300 milioni di tonnellate di materie plastiche e di queste 8 milioni vanno a finire nelle acque di tutto il globo, rappresentando l’85% dei rifiuti ritrovati lungo le coste, sulla superficie e sui fondali marini. Il Mar Mediterraneo ne ospita circa 230 mila tonnellate, mentre nelle acque tirreniche è stata riscontrata la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità: 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato.

 

Le conseguenze di questo elevato inquinamento si riflettono sulla fauna marina, la quale può arrivare a modificare la propria catena alimentare con ripercussioni su moltissime specie viventi o addirittura venire danneggiata talvolta fino alla morte. Ovviamente il pescato contaminato può giungere nei nostri piatti e già numerose evidenze scientifiche suggeriscono un impatto nocivo delle microplastiche sull’apparato endocrino umano.

 

Veniamo al DDL approvato pochi giorni fa dalle nostre Camere. Cosa prevede? La sostanziale modifica rispetto alla legislazione precedente riguarda l’inquadramento dei “rifiuti accidentalmente pescati” (RAP) ovvero “i rifiuti raccolti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune dalle reti durante le operazioni di pesca”. Questi vengono infatti adesso equiparati a veri e propri rifiuti delle navi, quindi a comuni rifiuti solidi urbani. In precedenza i RAP, essendo inquadrati come rifiuti speciali, dovevano essere scaricati nuovamente in mare per non incorrere in pesanti sanzioni o peggio ancora nel reato di trasporto illecito di rifiuti. Quindi, da oggi, i comandanti di pescherecci o natanti che raccoglieranno plastica con le loro imbarcazioni potranno tranquillamente conferirla ai centri di raccolta portuali.

Qualche ombra però si aggira su questa preziosa legge, la prima legata al fatto che il comma 9 dell’art 2 “demanda ad un apposito decreto ministeriale [ … ] l’individuazione di misure premiali, […], nei confronti dei comandanti dei pescherecci soggetti al rispetto degli obblighi di conferimento disposti”. Tale decreto ministeriale verrà emanato entro quattro mesi dall’entrata in vigore della legge e attendiamo di conoscere esattamente che tipo di misure individuerà. La seconda ombra è invece attualmente solo speculativa e deriva da alcune considerazioni legate alla pesca a strascico, probabilmente la tecnica di pesca migliore per raccogliere rifiuti dai fondali, sicuramente la meno costosa e quindi molto redditizia ma al contempo la più dannosa per l’ecosistema marino. Questo tipo di attività è regolamentata da norme abbastanza stringenti ma quello che alcuni gruppi di ambientalisti auspicano è che non ne venga derogata la sua non sostenibilità a favore di una più rapida pulizia ambientale.

La legge “Salvamare” agisce sostanzialmente nell’attuare misure per contrastare i danni già apportati ai nostri mari, ma non affronta il problema alla radice cioè non si pone l’obiettivo di diminuire drasticamente la produzione di tutto ciò che si trasforma nei secoli in materiale inquinante e che possiamo facilmente identificare non solo nella plastica da imballaggi ma anche in quanto viene spesso prodotto dall’industria cosmetica, dalla moda,  dall’usura dei pneumatici e dalle stesse attività commerciali e non legate al trasporto marittimo. A proposito del settore moda e tessuti, non è stata approvata dalla Camera dei Deputati la misura proposta dal Senato sull’etichettatura dei prodotti tessili che rilasciano microfibre.