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Facciamo chiarezza sui termini

 

Il cyberbullismo è una forma di bullismo si svolge attraverso la rete (sms, email, messaggi in community, social) con lo scopo di arginare, deridere o umiliare una persona, con offese che possono riguardare l’orientamento sessuale, razzismo, bodyshaming e altro ancora.

È importante fare una distinzione fra cyberbullismo e cybermolestia: la prima, identifica una forma di molestia che avviene fra minorenni, mentre la seconda si verifica fra adulti o fra un minorenne e un soggetto adulto.

 

Non sono Leoni da tastiera: i reati del cyberbullismo

 

Il fenomeno è vasto e ricopre più reati di quanti molti di noi si immaginano, ognuno dei quali si compone di varie sfumature.

Un elenco delle categorie con il maggior numero di vittime:

Flamming: si verifica quando un soggetto innesca una discussione violenta e volgare sulla rete. L’intento è quello di generare accanimento verso una particolare persona.

Harassment: è un tipo di molestia che consiste nel tormentare un particolare soggetto preso di mira, fino ad isolarlo o cagionargli danni psicologici, simile al bullismo “tradizionale”.

CyberStalking: sono gli atti e persecuzioni volte a far sentire sotto minaccia e non al sicuro la vittima. Intimidazioni anche di violenza fisica.

Denigration: corrisponde alla divulgazione e di notizie non veritiere inerenti alla sfera personale di un soggetto, sostanzialmente una calunnia tramite rete.

Impersonation: identifica l’appropriazione da parte del cyberbullo dell’identità di un’altra persona e mette in atto delle azioni volte a minare alla sua reputazione.

Trycy: consiste nell’ingannare la vittima per guadagnarsi la sua fiducia, fino a farsi inviare da questa ultima del materiale personale che poi utilizzerà per minacciarla o diffamarla in rete.

Happing shapping: significa diffondere video in cui un soggetto viene percosso fisicamente. Questa espressione nasce dall’inglese e la sua traduzione letterale è “schiaffo divertente”.

Doxing: è la diffusione in rete di informazioni sensibili e private di soggetti terzi.

 

La situazione in Italia

Molti pensano che il cyberbullismo sia un fenomeno passeggero e più leggero rispetto al bullismo, ma non è assolutamente così: ad oggi il 34% del bullismo si svolge in rete, dati che sono inevitabilmente destinato ad aumentare.

Con l’aumento dell’utilizzo della tecnologia chiunque può facilmente pubblicare qualsiasi contenuto, in qualsiasi momento e senza controlli. Il cyberbullismo spinge le vittime all’isolamento, alla depressione e nei casi più gravi, al tentativo di suicidio.

Riuscire ad identificare i carnefici ed intervenire, è molto difficile, proprio per la portata di utenti che si possono raggiungere su Internet.

Dai dati raccolti dall’osservatorio “Indifesa”, (l’unico mezzo a disposizione per riuscire a quantificare le vittime di cyberbullismo) nato nel 2014 per raccogliere le opinioni degli adolescenti italiani attraverso un questionario somministrato online attraverso i canali Instagram, ScuolaZoo e le scuole coinvolte nella Campagna “Indifesa”, quasi il 60% dei giovani ha dichiarato di essere stato vittima di bullismo o  cyberbullismo; più del 20% è stato oggetto di cyberbullismo, di cui il 13% sono giovani donne, contro un 10% di ragazzi.

Il 30% dei casi di cyberbullismo nel nostro Paese si caratterizza da commenti a sfondo sessuale rivolti a donne.

Sei ragazzi su dieci dichiarano di sentirsi in pericolo quando navigano sul Web, temendo di subire fenomeni di cyberbullismo (in tutte le sue forme viste sopra), perdita della privacy, revenge porn e adescamento online.

Possiamo affermare con certezza che la pandemia di COVID-19 ha ulteriormente alimentato questo fenomeno: durante il Lockdown le segnalazioni di reati di bullismo online sono state sei volte maggiori rispetto alla situazione pre-pandemia (dato raccolto dalla Fondazione Carolina), e sono in continuo aumento, peggiorando le situazioni di isolamento e ansia.

 

Chi tutela le vittime?

La legge n. 71 introdotta in Italia nel 2017 ha messo in campo una serie di misure per contrastare i cyberbulli:

I genitori delle vittime con meno di 14 anni, possono rivolgere istanza al gestore dei siti internet o della pagina social, per far rimuovere e bloccare qualsiasi contenuto non autorizzato o offensivo, entro 48h dalla denuncia. Se non verranno rimossi, subentrerà il Garante della Privacy.

Il testo prevede anche una serie d’interventi a scopo educativo da svolgere all’interno delle scuole, sia per gli studenti, che per il personale scolastico: all’interno di ciascun istituto deve essere scelto un referente, che dovrà collaborare con le Forze di polizia e le altre associazioni coinvolte negli eventi; in aggiunta a una serie di misure di supporto per gli i soggetti coinvolti e l’obbligo, per il dirigente scolastico, di informare i genitori dei minori coinvolti.

Se viene presentata un’istanza in questura, nel caso in cui il cyberbullo sia compreso fra i 14 e i 18 anni, può essere applicato l’ammonimento (un richiamo verbale da parte del questore).

La scuola è il luogo in cui intervenire con provvedimenti educativi: prevenire per evitare di curare.

Rendere i ragazzi, fin dalla giovane età, consapevoli della dannosità di certi comportamenti. Educare ad un uso consapevole di internet e dei social media.

Il bullismo in rete esiste anche se non sempre si riesce ad associare un volto e un nome ai mostri da tastiera, che si nascondono dietro ad uno schermo, sfogando cattiveria e frustrazione sulle loro vittime.

Avere uno smartphone fra le mani, non significa sapere come utilizzarlo. Questo è un appello, nella speranza che i governi pongano più attenzione anche alla questione dell’Alfabetizzazione Digitale.

 

Una giornata per ricordare

Il 7 Febbraio è stata istituita la giornata nazionale del bullismo e del cyberbullismo, per ricordarci quante persone (giovani e non), ogni giorno vivono sommersi dall’odio e dalla violenza derivante dai pregiudizi.

L’invito è sempre quello di non rimanere in silenzio: denunciare è fondamentale!