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Girare delle Stories e condividerle immediatamente senza nemmeno estrarre il cellulare dalla tasca, il quale, probabilmente, non sarà più indispensabile. Basteranno, invece, un paio di occhiali, che in futuro potremo avere sempre indosso, per svolgere le più svariate attività quotidiane.

 

Cosa sono i Ray-Ban Stories e cosa permettono di fare

 

Annunciati con grande clamore dal CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, si chiamano Ray-Ban Stories e sono occhiali intelligenti nati dalla partnership tra il colosso di Menlo Park e l’azienda italo-francese EssilorLuxottica.

 

All’apparenza sembrano dei normalissimi Ray-Ban (su questo, i designer, sono stati inflessibili), ma osservando bene la montatura, accanto alle lenti, si nota un piccolo led che si accende quando, chi l’indossa, decide di immortalare il momento.

 

Essi possono registrare fino a 35 video di massimo 30 secondi oppure scattare 500 foto. Dopodichè è possibile caricare i contenuti in modalità wireless sull’app apposita Facebook View, dove le foto sono criptate. Da Facebook View, l’utente può condividere quei contenuti sui social network, sulle app di messaggistica istantanea come Whatsapp e Telegram, oppure salvare il materiale nella memoria interna del telefono.

 

Per utilizzarli è necessario possedere un account Facebook e installare l’app Facebook View. Dotati di un processore Snapdragon, comunicano con lo smartphone mediante bluetooth e possiedono una batteria che promette un uso moderato fino a sei ore. Il prezzo, per il momento, è di 329 euro.

 

Citando le parole di Andrew Bosworth, vicepresidente di Facebook Reality Labs: “siamo appassionati di ricercare dispositivi che offrano alle persone modi migliori per connettersi con i propri cari. I dispositivi indossabili hanno il potenziale per farlo”. Insomma, sempre più connessi senza nemmeno dover porre uno smartphone tra noi e la realtà.

 

Aspettative deluse per molti: non sono i primi e niente AR

 

I Ray-Ban Stories non sono di certo una rivoluzione, poiché molti altri, prima di Facebook hanno tentato, fallendo: i Google Glass nel 2013 sono stati l’esempio più eclatante per poi arrivare agli Spectacles del social network Snapchat che già nel 2017 aveva teorizzato la condivisione immediata tramite occhiali intelligenti assieme a tante altre aziende come Lenovo e Bose.

 

Alcuni problemi di qualità, estetica (indossare degli occhiali da sole anche in metropolitana d’inverno?) e soprattutto privacy, sono rimasti e l’aggravante è quello di non aver aggiunto nessuna novità sostanziale, o almeno, quella che tutti si aspettavano: la realtà aumentata.

 

La realtà aumentata, quella tecnologia per la quale si potrebbero vedere sovrapposte, ad esempio, le indicazioni di Google Maps alla strada reale, e di cui abbiamo parlato in questo articolo, sarebbe stata una rivelazione poiché, finora, non c’è stato quasi nulla di davvero efficiente messo in commercio a disposizione di tutti (a parte i costosissimi e non così funzionali Hololens di Microsoft).

 

Ponendo lo sguardo sull’aspetto tecnico invece, per ora non sembrano possedere una grandissima qualità di immagine, solo cinque megapixel, dovuta anche al poco spazio concesso dai designer agli sviluppatori hardware per i processori necessari.

 

Tuttavia, non solo i nuovi occhiali intelligenti “mancano” di funzionalità ed elevata qualità, ma presentano un altro grosso problema.

 

Registrare chiunque senza che se ne accorga: il grande problema della privacy

 

Facebook, conoscendo i problemi legati alla privacy emersi con i predecessori, ha provato ad ovviare questo problema con il led sulla montatura: il piccolo indicatore luminoso si accende quando gli occhiali stanno registrando, avvisando le persone che sono state fotografate o filmate. Inoltre, quando si imposta l’app Facebook View, vengono visualizzati anche i messaggi che chiedono agli utenti di “rispettare gli altri intorno a te” e chiedono se “ci si sente appropriati” a scattare una foto o un video in quel momento.

 

Sembra un modo, per l’azienda di Menlo Park, un po’ per “avere la coscienza pulita” e un po’ perché è obbligatorio, proprio come i messaggi di rischio sui pacchetti di sigarette. Di fatto però, i problemi di otto anni fa non sono stati risolti e su questo punto è già intervenuto il Garante della privacy chiedendo informazioni in merito al trattamento dei dati.

 

Il reale problema è che la funzione primaria di questi occhiali non è semplicemente la video ripresa, ma, come dice il nome stesso, la condivisione del materiale online.

 

Almeno per il momento, non possiedono ancora il riconoscimento facciale, funzionalità che, se dovesse essere aggiunta, ricorderebbe molto 1984 di Orwell. Con questi colossi, tuttavia, è presto detto: pare proprio che Andrew Bosworth, responsabile della divisione hardware, ci stia lavorando con il suo team.

 

Queste dichiarazioni e i fatti attuali sono preoccupanti, ma non sembra essere di questo avviso Rocco Basilico, Chief Wearables Officer di Luxottica, che, in un’intervista al Corriere sostiene: «Abbiamo fatto un buon lavoro con gli esperti di privacy e abbiamo un partner (Facebook, ndr) tra i migliori in questo campo. Sugli occhiali c’è un Led: se io registro, tu lo vedi subito. Con lo smartphone non è così chiaro»

 

L’introduzione dell’AR necessita del giusto tempismo, in che direzione stiamo andando?

 

Nonostante le numerose, e spesso giustificate critiche, ce n’è una diversa, di delusione: non sono il portale verso il metaverso che molti si aspettavano e, secondo altri, è stata proprio una mossa voluta dal genio di Mark Zuckerberg che parla di voler muoversi in questa direzione ormai da anni, ma potrebbe aver capito che i tempi non sono ancora maturi.

 

Il metaverso, quella fusione degli spazi virtuali che avverrà in un futuro non troppo distante e di cui abbiamo trattato meglio in questo articolo, è una rivoluzione e, come molti sanno, le grandi innovazioni, per essere comprese a fondo, devono “uscire allo scoperto” quando i tempi sono maturi, altrimenti potrebbero risultare un flop del momento.

 

Forse, il CEO di Facebook vuole partire piano, lasciando che le persone e la società intera si abituino ad indossare degli smart glasses. Questo potrebbe essere un primo passo nella direzione del metaverso, dove tutti indosseremo perennemente degli occhiali che, grazie alla realtà aumentata, sovrappongano al mondo reale, un mondo digitale che ci aiuti nelle attività di tutti i giorni e dove potremo interagire con persone dall’altra parte del mondo, come se fossimo lì fisicamente grazie ai nostri avatar.

 

Durante l’attesa, intanto, vale la pena cominciare ad allenarsi a distinguere ciò che è reale e ciò che non lo è, visto che, ironia della sorte, sarà sempre più difficile riuscirci.