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Economia, StartUp e Fintech

Starting Finance & co.: l’economia s’impara online

Secondo un’indagine dell’OCSE l’Italia si trova al penultimo posto della classifica dei paesi del G20 per educazione finanziaria, ma c’è qualcuno che sta riuscendo nell’intento di portare l’economia a tutti, per insegnare soprattutto ai giovani, come gestire le proprie finanze.

Qual è la situazione italiana attuale e perché è importante l’educazione finanziaria

Dal report dell’OCSE emerge che più della metà degli italiani non conosce l’effetto dell’inflazione su una somma di denaro, meno della metà è in grado di calcolare un tasso di interesse semplice e solo un terzo degli italiani sa calcolare un tasso di interesse composto. Ma questi sono i dati relativi agli adulti, per i giovani studenti la situazione è ancora più preoccupante: ben il 20,9% di loro non raggiunge le abilità finanziarie minime, oltre al fatto che a distanza di sei anni nulla sembra cambiato, i punteggi sono praticamente gli stessi.  Gli investimenti da fare in quest’ambito sono dunque numerosi e i motivi dell’importanza sono molteplici, in primis: avere la consapevolezza di come gestire al meglio il proprio denaro oltre che saper ponderare in modo appropriato le scelte finanziarie per evitare di trovarsi in difficoltà e riuscire a superare la crisi. Per dirlo con le parole dell’ex segretario generale dell’OCSE: “l’educazione finanziaria è una skill fondamentale per la vita quotidiana perché questa può fare una differenza cruciale nella vita delle persone, nelle loro scelte e opportunità. È un fondamento per il benessere, l’imprenditorialità, la mobilità sociale e la crescita inclusiva

Chi vuole cambiare le carte in tavola

Nominati da Forbes tra i 30 under 30 di quest’anno, Marco Scioli ed Edoardo Di Lella hanno fondato Starting Finance nel 2018 come una semplice pagina Facebook indirizzata agli appassionati di economia e da allora è stato un susseguirsi di successi: iscritta nel registro delle imprese italiane come startup innovativa che ha costruito la più grande community di giovani che si vogliono formare in ambito economico-finanziario, obiettivo che si sta adempiendo se si contano circa i 100mila followers sui social con oltre 100 contributor tra studenti universitari appassionati che portano una media di 70 contenuti formativi e originali a settimana. La loro missione: “diventare il primo punto di riferimento per l’educazione e l’informazione finanziaria per i giovani e per chi inizia ad approcciarsi a questo settore”, seguendo tre principi cardine: informazione, educazione e gamification. Se il primo punto si concentra molto sui social dove viene portata informazione veloce, case studies e post con grafiche accattivanti riguardanti le ultime notizie; il secondo è relativo al sito dove, suddivisi per livelli “principiante, medio e avanzato” vengono trattati, come una guida, tutti i principali argomenti del mondo economico. Il terzo obiettivo è la gamification ovvero rendere maggiormente coinvolgente e interessante l’apprendimento di questa materia procedendo come fosse un videogioco e per far ciò assicurano: “stiamo lavorando ad un’app dall’interfaccia semplice ed intuitiva dove procedendo per livelli e guadagnando punti si arrivi a padroneggiare sempre di più questi argomenti”.

Da Starting Finance ai portali di educazione finanziaria

Ma il caso di Starting Finance non è l’unico, altre realtà si stanno mobilitando per fornire alle persone una base di educazione finanziaria: progetti come quello di Banca d’Italia: “economia per tutti”, un vero e proprio portale dove si possono trovare informazioni di base, progetti educativi, infografiche, notizie e quiz per mettersi alla prova, tutti basati sul potere dello storytelling e delle immagini: sono stati creati dei veri e propri episodi che vedono come protagonisti persone di tutti i giorni alle prese con piccoli problemi economici quotidiani.

Rivolto ai giovanissimi ragazzi delle scuole è il progetto di Feduf, Fondazione in collaborazione con il MIUR che “promuove la diffusione dell’educazione finanziaria partendo dalla scuola attraverso progetti specifici, che si basano su una comunicazione semplice ed empatica”

Anche i giovani si cimentano, e ne parlano sui social

Riccardo Zanetti a prima vista sembrerebbe un normale ragazzo di 23 anni, studente di economia e appassionato di tutto ciò che concerne il mondo digital, ma le cose stanno diversamente: founder e CEO di Revives, società che si occupa di capitale di rischio e private equity, oltre che di altre tre realtà e un canale Youtube da 200 mila iscritti. Dalla sua residenza londinese, racconta attivamente le sue avventure imprenditoriali, accompagnando i ragazzi che lo seguono in video coinvolgenti dove spiega con parole semplici e adatte ad un pubblico di non esperti concetti anche complessi di economia e di business. La parola d’ordine è trasparenza dato che il video “Ecco quanto guadagno su Youtube” ha superato il mezzo milione di visualizzazioni.

Ma Youtube non è l’unico mezzo e pagine social come “pillole di economia“ e “economia in 10 secondi”, rendono ogni tempo morto un’occasione per conoscere qualche nozione in più in modo leggero e accattivante. E per chi non ha tempo di guardare il cellulare, esistono diversi podcast come: “investire semplicemente”, “finanza amichevole” di Alessandro Fatichi, “incassaforte pod” e il podcast di Marco Montemagno, solo alcuni tra i tanti.

Diventare protagonisti: le app che ci aiutano

Gli investimenti sono una componente fondamentale del mercato, ma spesso capita che le persone non abbiano idea di dove partire pensando che sia troppo difficile o che siano necessarie somme astronomiche, ma i ragazzi di Oval money la pensano diversamente. Oval money è un’app intuitiva che ha lo scopo di “fornire un nuovo modo di gestire le proprie finanze, facendo crescere il proprio capitale risparmiando e investendo in modo totalmente sicuro e protetto da identificazione biometrica”, il loro motto: “le buone abitudini pagano” rende l’idea di come le piccole azioni quotidiane possano contribuire alla nostra sicurezza monetaria. Sono proprio le abitudini di spesa e risparmio che quest’app aiuta a monitorare fornendo degli strumenti come la possibilità di collegare tutti conti e le carte di pagamento per controllare ogni transazione e consultare le analytics. La possibilità di creare delle proprie regole smart rende l’app molto interattiva che aiuta a tenere alta la motivazione: “ogni settimana metti da parte 10 euro” oppure “ogni 10 km che fai a piedi investi 15 euro”.

Partire ancora prima: come la scuola potrebbe favorire

Sicuramente gli strumenti messi a disposizione dal web oltre che corsi e letture possono favorire i giovani nella comprensione dell’economia e della finanza personale, ma per avere adulti preparati, un percorso autonomo potrebbe non bastare, servirebbe implementarlo nel sistema scolastico italiano ed insegnarlo sin dalle elementari partendo da ciò che viene definita “alfabetizzazione finanziaria”. Se l’iniziativa #ottobreedufin2020, il mese dedicato all’educazione finanziaria, ha riscosso successo, il prossimo passo potrebbe essere quello di ampliarlo al fine di rendere le generazioni successive in grado di gestire il proprio portafoglio, perché di sicuro non si impara a investire in borsa guardando un paio di video sul web, ma ogni grande “scalata” inizia sempre con un passo.

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Ambiente, società e tecnologia

Bookdealer: librerie indipendenti a portata di un click

Nell’immaginario contemporaneo per acquistare un libro andare in libreria non è più l’unica opzione ma una fra le tante disponibili. L’arrivo dell’e-commerce ha cambiato infatti il mercato di molti prodotti e tra questi abbiamo proprio i libri, definiti beni essenziali. Oggi sono innumerevoli gli store online che vendono libri ma da tutto questo ne sono rimaste escluse per un po’di tempo le librerie indipendenti.

La prima piattaforma di e-commerce in Italia a sostenere le librerie indipendenti è Bookdealer.

Nasce in un contesto culturale in cui non è sempre agevole recarsi nei punti vendita e si preferisce spesso acquistare libri sul web. Bookdealer si propone come un’ottima alternativa a colossi dell’e-commerce come Amazon.

Come funziona Bookdealer?

Questa piattaforma di e-commerce è semplice e veloce da usare e lo si può spiegare in due semplice mosse:

  1. Selezionare il punto vendita da cui si vuole effettuare l’acquisto tra una vasta gamma di negozi che si possono visitare virtualmente;
  2. Effettuare l’acquisto e la somma spesa andrà direttamente alla libreria scelta.

All’interno del sito è inoltre possibile scoprire i titoli più venduti, venire consigliati dalle recensioni degli utenti che acquistano all’interno della piattaforma e conoscere le iniziative sponsorizzate da ciascuna libreria.

In aggiunta, Bookdealer dà la possibilità ai propri clienti di regalare un libro a un’altra persona utilizzando la stessa cura che avrebbe l’acquirente.

Per usufruire del servizio bastano tre passaggi:

  1. Indicare l’indirizzo del destinatario in un apposito modulo;
  2. Spuntare il box “è un regalo?” al momento del check out;
  3. Scrivere il testo del biglietto per il regalo nel riquadro sottostante.

Che tipo di rapporto si crea tra libreria indipendente e cliente?

In una formula che la stessa piattaforma definisce Fast and Slow è possibile avere libri in meno di 24 ore proprio perché consegnati da librerie del territorio nel rispetto dei ruoli e della filiera.

L’elemento di forza che emerge non è solo la velocità “fast” ma soprattutto la qualità “slow” di un servizio che viene svolto da librai e libraie in carne ed ossa che hanno cura dei libri e dell’esperienza che portano al cliente.

Quindi se in vari altri e-commerce il libro viene slegato dal suo punto vendita di provenienza in quanto l’importante è solo che venga consegnato all’acquirente in tempo, Bookdealer regala consigli di persone vere vicine al cliente creando un rapporto a lungo termine che sostiene le librerie indipendenti.

Oltre al sito Web, Bookdealer ha una pagina Instagram dedicata al suo e-commerce, in cui è la voce delle librerie indipendenti a farsi sentire per informare i clienti sulle ultime loro novità.

Bookdealer si definisce facile, economico e veloce. Quindi, se vi siete mai trovati a pensare di non poter andare nella vostra libreria di fiducia, ora non avete davvero più scuse perché vi basta un click.

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Marketing & Social Media

Bonus vacanze: soluzione per l’economia italiana o un’ulteriore complicazione?

Dal 1 luglio è possibile fare domanda per ottenere il Bonus vacanze, o Tax credit vacanze, il contributo che potrà permettere a molti italiani di andare in vacanza anche affrontando la crisi economica post-COVID.

Il bonus può essere una giusta soluzione per la ripresa economica italiana: il turismo è un settore preziosissimo per la nostra economia, offre moltissimi posti di lavoro e garantisce notevoli entrate di denaro sia allo Stato che ai privati; uno stimolo strategico per il, sistema Paese.

È un dato di fatto che con l’epidemia, l’Italia rischia di perdere gran parte dei proventi che ogni anno riceve da turisti italiani e stranieri, circa il 13% del PIL nazioanle; secondo una stima iniziale della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media (CNA) il settore turismo potrebbe subire una contrazione dei ricavi del 73%, con una perdita circa di 40 miliardi.

Anche per questa ragione il governo, e in particolare il Ministero per i Beni, le Attività culturali e per il Turismo, ha proposto che il bonus vacanze si possa utilizzare fino alla fine del 2020. Per supportare la misura sono stanziati fondi limitati fino a 2,4 miliardi di euro: una cifra decisamente importante.

Ma come funziona? Come si può usufruire di tale risorsa?

 

Il Bonus vacanze si potrà spendere in strutture turistiche aderenti all’iniziativa come alberghi, campeggi, villaggi e B&b; il contributo sarà diviso in tre categorie, differenti per numero di componenti del nucleo famigliare:

  • Se la famiglia è composta da 3 o più persone potranno godere di 500 euro.
  • I nuclei composti da 2 persone otterranno 300 euro.
  • Le persone singole potranno avere 150 euro.

Il richiedente dovrà avere un ISEE (l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente) inferiore ai 40.000 euro. Il Bonus potrà essere richiesto solo una volta da un componente della famiglia e potrà essere utilizzato da un qualsiasi membro del nucleo famigliare, anche diverso dal richiedente, in un arco di tempo che va dal 1 luglio al 31 dicembre 2020, nelle strutture aderenti all’iniziativa in Italia; non sarà utilizzabile infatti in località e stabilimenti turistici all’estero.

Non si deve fare l’errore di credere che l’ammontare del Tax credit verrà assegnato in toto con la stessa modalità o in denaro effettivo: il bonus sarà infatti diviso in due percentuali, con diverse caratteristiche. L’80% dell’ammontare sarà sotto forma di credito al momento del pagamento presso la struttura turistica, mentre il restante 20% sotto forma di detrazione nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo.

È proprio questo aspetto che ha scatenato molte critiche da parte sia di richiedenti che di operatori turistici. Questi ultimi hanno bisogno di liquidità in questo periodo di estrema crisi e il bonus vacanze rischia di non essere la risposta giusta: l’80% dell’ammontare sarà anticipato proprio dai fornitori del servizio, già in carenza di denaro, che, solo successivamente, potranno poi chiedere il rimborso sotto forma di credito d’imposta, quindi attraverso una riduzione delle imposte da pagare successivamente allo Stato.

Dal punto di vista dei clienti, i dubbi sono per il sistema di prenotazione: per poter sfruttare del bonus, il beneficiario dovrà chiedere direttamente alla struttura ricevente se è disposta ad accettare tale strumento, oppure affidarsi a tour operator o agenzie di viaggi, escludendo però le piattaforme intermediarie di prenotazione, come Booking o Air Bnb.

Per facilitare la ricerca alle persone, Italyhotels offre agli utenti la lista di tutti gli hotel e località turistiche disposte ad accettare il bonus vacanze facenti parte di Federalberghi, organizzazione nazionale che maggiormente rappresenta gli albergatori italiani.

Perché il tax credit venga riconosciuto al momento del pagamento ci sono le seguenti regole standard da seguire:

  • il bonus dovrà essere utilizzato in un’unica soluzione
  • il corrispettivo totale dovrà essere documentato da fattura elettronica o documento commerciale in cui viene indicato il codice fiscale del soggetto che utilizza il credito
  • il pagamento dovrà essere effettuato senza l’utilizzo di intermediari, come piattaforme o portali telematici, diverse da agenzie di viaggio e tour operator.

Dal punto di vista pratico il richiedente ed il fornitore del servizio cosa devono fare?

 

L’utente dovrà scaricare sul proprio smartphone l’app “Io”, messa a disposizione da PagoPa; una volta scaricata l’applicazione si dovrà fare il login attraverso la propria identità SPID, identità digitale attraverso la quale l’utente può godere di determinati servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione, o CIE (Carta d’Identità Elettronica) ed attivare la funzione “Bonus vacanze”.

La richiesta sarà poi esaminata da PagoPa, in collaborazione con l’INPS, assicurando che il richiedente soddisfi tutte le condizioni per le quali possa ottenere il Bonus vacanze; nel caso in cui queste venissero a mancare, il richiedente dovrà aggiustare quegli errori che gli vengono fatti notare e ripresentare domanda, con le stesse modalità della precedente.

Nel momento in cui viene accetta la richiesta, verranno inviati dei codici QR ed un codice univoco che dovranno essere utilizzati nel momento in cui il cliente vorrà godere dello sconto; i codici non dovranno essere stampati ma si utilizzeranno online attraverso smartphone o tablet, semplicemente mostrandoli all’hotel o struttura ricevente.

Il fornitore del servizio invece che procedura deve seguire?

Una volta ricevuto il codice dal cliente, applicherà lo sconto al richiedente e dal giorno successivo potrà presentare domanda, attraverso il modello F24 – documento attraverso il quale il contribuente effettua il pagamento di tributi, contributi e premi – per recuperare lo sconto concesso.

Il credito recuperato potrà essere utilizzato in due modi: come detrazione di imposta oppure potrà essere ceduto a banche o enti finanziari, ottenendo liquidità.

Dal momento in cui era possibile richiedere il bonus vacanze, secondo quanto riporta il Mibact in un suo comunicato stampa, sono stati erogati più di 140.000 bonus vacanze per un valore superiore ai 67 milioni di euro; già più di 450 nuclei famigliari lo hanno utilizzato presso le varie strutture turistiche e sembra che molti altri dovranno far domanda.

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Ambiente, società e tecnologia

Le parole dell’Europa: una mini guida per muoversi fra le scelte dell’UE

Negli ultimi mesi si è discusso molto di come l’Europa potrebbe superare la crisi finanziaria post Coronavirus: fin da subito è stato chiaro che sarebbe stato necessario adottare misure precauzionali al fine di limitare i danni economici e finanziari che gravano sulle economie europee, con l’obiettivo di preparare l’Unione al meglio una ripresa che si speri il più rapida possibile.

Da quanto emerge dalle riunioni della Commissione Europea non si è ancora raggiunto un accordo, ma si sono messe in tavola differenti opzioni: il MES, o Meccanismo Europeo di Stabilità, i Coronabond (o Eurobond, molto richiesti dall’Italia) e infine il Recovery Fund.

È però necessario fare chiarezza su cosa sono questi strumenti e come possono essere utilizzati dai vari Stati Membri per poter affrontare questa crisi.

Perché c’è stato bisogno di un fondo salva-Stati?

 

La storia dell’UE è piena di esempi dove Stati Membri si sono trovati in crisi economica.

Gli Stati dell’Unione non potevano agire in loro soccorso (secondo quanto riporta l’art. 123 dei Trattati), in quanto un Paese che avrebbe ricevuto un aiuto economico sarebbe poi stato obbligato a prestare protezione a quel Paese che inizialmente gli aveva prestato aiuto, creando cosi una rete di vincoli che nell’Unione non devono esserci.

Per ovviare al problema, è stato creato un fondo temporaneo diventato nel luglio del 2012 permanente: il MES, un’organizzazione internazionale nata come fondo finanziario europeo che si propone di mantenere la stabilità finanziaria della zona Euro. Ad oggi conta una capacità di oltre 650 miliardi di euro e ha sede in Lussemburgo. La sua gestione è affidata a un Consiglio di Governatori costituito dai ministri delle finanze dell’UE, un consiglio di Amministrazione nominato proprio dai Governatori, un Direttore Generale e due osservatori.

Utilizzato più volte per soccorrere paesi come Portogallo, Grecia, Spagna o Cipro, ha scatenato molte polemiche tra economisti e politici per la sua regolamentazione: gli impegni previsti dal dispositivo sono molto rigidi sia dal punto di vista economico che politico per lo Stato che ne intende beneficiare. Chi riceve i prestiti è obbligato ad approvare un memorandum -un programma- che definisce con stretta precisione quali misure dovrà rispettare e quali obiettivi raggiungere, come ad esempio i tagli al debito pubblico.

Come funziona e chi lo gestisce?

 

L’assistenza sarà fornita solo successivamente ad un iter che lo Stato in difficoltà dovrà seguire:

  1. Lo stato dell’UE che necessita di aiuto, deve, insieme alla Commissione e alla Banca centrale europea, valutare il suo fabbisogno finanziario.
  2. Sottoporre alla Commissione una bozza, in cui si espone il proprio programma economico-finanziario di aggiustamento.
  3. Nel caso in cui venga accettata la richiesta, la linea di credito dovrà essere accompagnata da tali informazioni: le modalità dell’assistenza finanziaria, le condizioni generali di politica economica, legate all’assistenza finanziaria UE, alle quali lo Stato dovrà attenersi ed infine l’approvazione del programma di aggiustamento predisposto dal paese destinatario.
  4. La Commissione verifica poi a scadenze regolari che la politica economica del paese beneficiario sia conforme con il programma di aggiustamento presentato ed alle condizioni stabilite dal Consiglio, così da poter continuare ad erogare l’aiuto finanziario.

Come verrà impiegato?

 
Il MES era e rimane tutt’ora l’organizzazione più simile ad un “prestatore di ultima istanza”, con l’obiettivo di soccorrere i paesi in difficoltà finanziaria. La pandemia ha obbligato a rivederne l’applicazione con un fondamentale criterio di novità: la sua adozione è senza condizioni.

Con la nuova riforma questo ruolo sarà più semplificato, infatti il fondo assumerà la funzione di backstop (paracadute finale): nel momento in cui una o più banche dovessero trovarsi in situazioni di estrema difficoltà, il MES agirà da garante stanziando 70 miliardi sotto forma di linea di credito; un’ulteriore novità è l’introduzione di un percorso semplificato per poter godere dei finanziamenti del Meccanismo. Parliamo però di una riforma non ancora approvata: la votazione è stata posticipata per dare priorità alle problematiche date dalla pandemia.

Cos’è il Recovery Fund?

 

Il Recovery Fund è un fondo di recupero richiesto fortemente dagli stati del Sud Europa, per cercare di limitare al massimo i danni creati da questa pandemia.

La prima proposta sul fondo, avanzata da Francia e Germania, si basava su concessioni esclusivamente a fondo perduto; successivamente è stato poi presentato dalla Commissione Europea un ulteriore progetto che prevedeva sia finanziamenti che concessioni a fondo perduto.

Come Funziona il Recovery Fund?

 

Con la proposta dei francesi, il Recovery Fund aveva il compito di emettere Recovery Bond, quindi titoli di debito pubblico Europeo garantiti dagli stessi bilanci UE, cosi da poter condividere il debito e il rischio senza dover affrontare una vera mutualizzazione.

Cos’è un titolo di debito pubblico, obbligazione o bond?

 

Il titolo di debito pubblico è un prestito che gli investitori, quindi imprese e famiglie, danno allo Stato per un determinato periodo di tempo, al termine del quale otterranno indietro il capitale prestato maggiorato degli interessi. Quindi è un prestito a favore dello stato, che assumerà quindi l’obbligo (“o l’obbligazione”) di restituire tale somma ottenuta maggiorata degli interessi maturati nel tempo.

Quanti fondi saranno a disposizione e in che forme?

 

750 miliardi di euro: 500 saranno distribuiti come sovvenzioni, quindi contributi finanziari a fondo perduto (che non prevedono ne la restituzione dei capitali, ne degli interessi), e 250 come prestiti agevolati.

La differenza tra prestiti e sovvenzioni è in merito alla restituzione dei capitali ottenuti: le sovvenzioni dovranno essere ripagate da tutti gli Stati, indipendentemente da quanto e se ne avranno ricevuto una parte; i prestiti invece dovranno essere restituiti applicando tassi di interesse bassi solo da coloro che ne usufruiranno entro il 2058, anno in cui dovranno essere restituiti.

Chi potrà beneficiare del Recovery fund?

 

I 750 miliardi verranno ripartiti tra i vari Stati in base alle necessità di ciascuno Stato, infatti l’Italia sarà il maggior beneficiario ottenendo 172,7 miliardi di euro: 81,8 miliardi saranno sotto forma di sovvenzioni e 90,9 miliardi come prestito agevolato. Dopo l’Italia c’è la Spagna con 140,4 miliardi totali, la Polonia e successivamente la Francia.

E gli Eurobond, cosa sono?

 

Non è la prima volta che gli Eurobond entrano nelle discussioni della Comunità Europea: erano già stati proposti nel 2011/12 durante la crisi dell’Eurozona, ma bocciati dalla forte opposizione della Germania e dei suoi alleati per gli stessi motivi che ne bloccano tutt’ora l’applicazione.

Gli Eurobond sono un altro strumento finanziario che permetterebbe agli Stati UE di poter condividere il debito: ha incontrato forti resistenze dalla Germania e dagli Stati del Nord, in quanto questi ultimi hanno bilanci e conti in ordine, quindi senza debito pubblico, cosa che non li accumuna ai Paesi del Sud; la preoccupazione è che attraverso questo strumento, si possano condividere i debiti con l’Europa, rischiando di squilibrare anche i conti degli altri Stati membri.

I Coronabond, fortemente richiesti durante le trattative per superare la crisi post-COVID, sono obbligazioni del tutto simili agli Eurobond che nascono espressamente per far fronte alle spese legate alla pandemia. Questi bond potrebbero essere emessi o da un’istituzione europea o da un singolo Paese Membro.

 Differenza tra Coronabond e Recovery Bond?

 

Si può pensare che i due strumenti siano uguali: sono titoli di debito pubblico europeo entrambi, emessi per fronteggiare la crisi post Coronavirus e danno interessi a coloro che prestano i loro soldi all’UE.

La sostanziale differenza tra queste due soluzioni riguarda il modo in cui il debito è condiviso tra i vari membri dell’Unione: scegliendo il Coronabond uno Stato condivide tutti i propri debiti contratti precedentemente con gli altri Stati (ad esempio spese per l’innovazione) mentre con i Recovery Bond -che ricordiamo, sono i bond emessi dal Recovery Fund- i debiti condivisi con gli altri Stati Membri saranno solo quelli contratti nel periodo post pandemia: un bel danno per i Paesi più indebitati.

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Economia, StartUp e Fintech

Il turismo in Italia nel post-Covid? Un settore da ricostruire

Durante l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo la salute ed il contenimento dei contagi rappresentano una priorità assoluta. Allo stesso tempo, inizia a diventare sempre più pressante l’allarme sulle conseguenze del Coronavirus sull’economia italiana, con strascichi che in tutti i settori potrebbero presentare i propri effetti per anni.

Fra i più colpiti, c’è ovviamente il turismo, che rappresenta il 13% del Pil nazionale con un giro d’affari di 232,2 miliardi di euro.

In termini di flussi, nel 2019 l’Italia si è collocata al quarto posto per numero di presenze di clienti negli esercizi ricettivi (misurate in termini di notti spese nelle strutture), preceduta dai suoi storici competitor, Spagna, Francia e Germania, e davanti al Regno Unito. Le presenze nei primi 5 Stati rappresentano quasi il 70% di quelle complessive dell’Unione Europea, che ne conta più di 3,2 miliardi in crescita costante dal 2010 (+2,4% rispetto al 2018).

I primi effetti sono già stati evidenti a febbraio con lo stato iniziale dell’epidemia, ma in molti Paesi, già inizi di marzo -con il picco ancora da raggiungere- si è giunti al sostanziale azzeramento dell’attività, dovuta principalmente ai provvedimenti generalizzati di distanziamento sociale.

Secondo una stima del World Travel & Tourism Council (WTTC) sarebbero a rischio circa 50 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. (In Italia? ndr)

Le sue previsioni per l’impatto del Coronavirus quest’anno stimano le perdite del settore nell’ordine del 25%, ossia l’equivalente di tre mesi di viaggi persi. Un dato che potrebbe tradursi in un calo dell’occupazione calcolato fra il 12% e il 14%.

Considerando più nel dettaglio i mercati esteri di riferimento, l’Italia dipende in gran parte dall’Europa, da cui proviene il 79% di tutte le presenze straniere. Ovviamente, per il turismo italiano i periodi più “caldi” sono quelli del trimestre estivo (giugno-agosto), in cui complessivamente si concentra circa il 50% delle presenze totali limitatamente all’anno.

La stima delle eventuali conseguenze di un prolungata emergenza da Coronavirus per il nostro Paese potrebbe generare perdite devastanti, con un calo di 971 mila arrivi e oltre 3 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 955 milioni di euro rispetto all’anno di riferimento individuato.

La situazione sarebbe particolarmente grave in quattro le regioni, i cui sistemi turistici sarebbero maggiormente bersagliati: Toscana, Lazio, Veneto e Lombardia con quest’ultima ad essere maggiormente esposta dagli effetti della pandemia: il calo si assesta per l’epicentro della crisi con una contrazione di 673 mila arrivi, un meno 1,6 milioni di presenze e con una riduzione del gettito pari a circa 685 milioni di euro.

Da evidenziare anche i crolli sull’andamento in Trentino Alto Adige (-458 mila arrivi; -2,1 milioni di presenze; -233 milioni di euro di spesa turistica), per l’Emilia Romagna (-246 mila arrivi; -666 mila di presenze; -253 milioni di euro di spesa turistica).

Seguono sulla stessa scia Calabria (-18 mila arrivi, -111 mila di presenze, -12,6 milioni di euro di spesa turistica) e Abruzzo (-10 mila arrivi, -42 mila di presenze, -7,7 milioni di euro di spesa turistica).

Altro indicatore prezioso per avere una misura della crisi è il trasporto aereo, settore chiave per il nostro turismo in particolare per l’incoming di lungo raggio. Secondo i dati di Eurocontrol, l’organizzazione paneuropea che si occupa di servizi per l’aviazione, nella quattordicesima settimana dell’anno (dal 30 marzo al 5 aprile) il traffico totale nel nostro Paese, rispetto allo stesso periodo del 2019, ha avuto un calo del 93% segnando tra le peggiori performance del Vecchio Continente.

Con la durata prolungata dell’emergenza, il fatturato della filiera turismo-trasporti subirebbe un vero e proprio crollo, con perdite del 41,5% nel 2020 (contro il 17,8% dell’economia italiana) e un rimbalzo del 42,2% nell’anno successivo che comporterebbe comunque perdite complessive dei ricavi per 64 miliardi di euro (43 miliardi nel 2020 e 21 miliardi nel 2021).

Rispetto invece alla filiera ricettiva, gli alberghi risultano il settore più colpito con cali nel 2020 nell’ordine del 37,5% nello scenario base e del 73,3% nello scenario pessimistico, con perdite complessive nei rispettivi scenari di 6 e 13 miliardi. A seguire figurano le agenzie di viaggio e la ristorazione, con contrazioni previste per il prossimo biennio che vanno dai 5 agli 10 miliardi di euro, l’autonoleggio (dai 2 ai 6 miliardi) e i trasporti marittimi (dai 2 ai 5 miliardi).

Il turismo, insomma, sarà certamente uno dei settori su cui sarà necessario intervenire con più forza: per certi versi, una vera e propria ricostruzione.