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Ambiente, società e tecnologia

Robotaxi Zoox: oltre ai pacchi ora Amazon vuole portare a destinazione pure noi

“The future is for riders, not drivers” è lo slogan di Zoox, startup che si occupa della progettazione e produzione di veicoli elettrici a guida autonoma acquistata quest’anno da Amazon, che ha appena lanciato su strada una prima versione di robotaxi. L’innovazione promette di rivoluzionare il futuro del trasporto pubblico che sarà guidato dalle intelligenze artificiali in forma rigorosamente sostenibile.

Il veicolo

A prima vista si presenta così: ridotto, compatto, bidirezionale, dal design squadrato per massimizzare lo spazio, simile ad un minibus ma comodo come un taxi. Con due porte d’ingresso e quattro posti a sedere dotati di cinture di sicurezza, airbag e diversi comfort, nell’abitacolo è presente anche un porta bevande, una presa di corrente e un mini schermo per tracciare il percorso che si sta compiendo. L’innovativo veicolo, con un’autonomia di 16 ore, può raggiungere la velocità di 120 km/h e si prenota con un’app dalla quale si può anche “personalizzare” la propria corsa scegliendo l’ora e il luogo di partenza e arrivo oltre che la musica e il riscaldamento a proprio piacimento.

Aicha Evans, CEO di Zoox, in un’esclusiva intervista promette: il nuovo robotaxi sarà pulito e sicuro, ad un prezzo accessibile per tutti, con diverse modalità di abbonamento a seconda delle esigenze del singolo cliente e prima ancora di scendere, il taxi saprà già chi dovrà salire, così da essere sempre efficiente e viaggiare al massimo delle sue potenzialità, in modo da non girare a vuoto.

Ma è sicuro?

Progettato appositamente per il traffico cittadino e la mobilità urbana, il robotaxi è agile nel muoversi tra gli oggetti e i costruttori promettono di garantire la massima sicurezza: il veicolo possiede infatti telecamere, radar e lidar scanner ad ognuno dei 4 angoli così da permettergli una perfetta visuale a 360 gradi rivela Mark Rosekind, Chief Safety Innovation Officer.

Ashu Rege, Senior President Software, in uno dei video di presentazione pubblicato sul canale youtube dell’azienda, spiega come funziona il “cervello” del veicolo: “il software è un intelligenza artificiale programmata per elaborare le informazioni visuo-spaziali proprio come farebbe la mente umana, come gli esseri umani riesce a prevedere le mosse altrui ed è in costante apprendimento, a differenza di questi però, che possono fare affidamento solo sulla vista e nemmeno sempre bene, il robot possiede ai suoi 4 angoli una combinazione di tecnologie che gli permettono di vedere e ricostruire tutto ciò che ha attorno nel raggio di 150 metri“.

E in futuro? il servizio non sarà forse così immediato…

I piani per il futuro non sono ancora perfettamente definiti: per il momento Zoox vuole testare questo nuovo sistema per essere certi che sia sicuro e adeguato in ogni situazione, al massimo dell’efficienza per le strade di San Francisco, Las Vegas e Foster City. Quando lo si vedrà in servizio anche nelle altre città? Evans non si vuole sbilanciare molto, ma ammette: “non prima di un anno”. Ci vuole ancora tempo dunque, ma la rivoluzione dell’AI è qui e Bezos è pronto a finanziarla.
D’altronde il futuro è dei passeggeri, non dei guidatori.

Zoox L5 Fully Autonomous, All-electric Robotaxi Interior
Zoox Fully Autonomous, All-electric Robotaxi
Zoox L5 Fully Autonomous, All-electric Robotaxi at Coit Tower San Francsico
Zoox Fully Autonomous, All-electric Robotaxi
Zoox L5 Fully Autonomous, All-electric Robotaxi
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Marketing & Social Media

Creare un negozio online non è mai stato così facile

In questi ultimi mesi abbiamo avuto modo di capire quanto sia diventato fondamentale creare una presenza online. 

Secondo i dati dell’Osservatorio e-commerce B2C del Politecnico di Milano, nel 2019 il valore degli acquisti online ha subito un incremento del 15% rispetto all’anno precedente, mentre per quanto riguarda il 2020, anno dei lockdown, gli acquisti di prodotti online sono cresciuti del 31%.

I dati dimostrano quanto l’e-commerce stia diventando un fenomeno sempre più rilevante: è diventato infatti un mezzo fondamentale attraverso il quale farsi conoscere e raggiungere clienti che non si trovano in prossimità del negozio fisico.

Inoltre, i clienti sono sempre più incentivati ad acquistare online perché attirati da prezzi più convenienti, dalla rapidità delle operazioni e naturalmente per comodità.

Questo fenomeno ha incoraggiato moltissimi negozianti a costruire una presenza online, attraverso la creazione di un sito web e la partecipazione attiva sui social network, ma soprattutto li ha posti davanti alla necessità di aprire un vero e proprio e-commerce, in modo tale da per poter vendere i propri prodotti a una clientela più ampia.

Sono numerosi gli ostacoli che titolari e imprenditori immaginano di dover affrontare per poter raggiungere i clienti sfruttando il mondo digitale, ma è veramente così complicato costruire un negozio online?

Come creare un negozio online in modo semplice e veloce

Sono sempre di più i commercianti che decidono di avvicinarsi al mondo dell’e-commerce e spesso per farlo si affidano a soggetti terzi già presenti online come, per esempio, Amazon o eBay.

È emerso però anche il desiderio di creare un e-commerce da poter gestire liberamente in prima persona, dato che la vendita di prodotti su piattaforme gestite da terzi può avere diverse limitazioni, tra cui costi aggiuntivi non indifferenti e dipendenza dalla piattaforma stessa.

Molti negozianti preferirebbero invece poter ricevere personalmente gli ordini online direttamente dai loro clienti. 

Per farlo esistono delle piattaforme che consentono a chiunque di creare e gestire in autonomia il proprio negozio online in maniera semplice, veloce, senza la necessità di avere particolari competenze informatiche e con l’implicazione di un budget molto ridotto.

Utilizzando questi servizi è possibile gestire con facilità informazioni su prodotti e giacenze, organizzare a proprio piacimento le pagine degli articoli e scegliere metodi di pagamento più adatti senza doversene occupare personalmente.

Quali sono queste piattaforme?

Shopify è un ottimo esempio di sito web su cui fare affidamento per costruire un e-commerce da zero.

Si tratta di un servizio utilizzato da più di 1.000.000 di negozi in tutto il mondo!

È in grado di gestire moltissimi aspetti della vendita al posto del negoziante: i pagamenti, i checkout sicuri, le spedizioni e perfino l’area marketing.

C’è un periodo di prova gratuito di 14 giorni, una volta concluso è possibile scegliere tra diversi piani tariffari, che naturalmente differiscono per i vari servizi offerti.

Oltre a Shopify, ci sono molte altre piattaforme, per esempio: Magento E-Commerce, un sito che permette di creare un business online da zero, facile da gestire e controllare, Volusion, sito molto semplice e intuitivo che ha aiutato più di 180.000 imprenditori a creare il loro negozio online ideale, Prestashop che vanta 300.000 commercianti abbonati al sito e WordPress, semplicissimo da utilizzare e con milioni di utenti che vi fanno affidamento.

Queste piattaforme differiscono le une dalle altre per alcune peculiarità, ma si accomunano per quanto riguarda l’offerta di una vasta gamma di funzionalità e per la capacità di permettere la creazione di un negozio online completamente funzionale. 

Un ulteriore importate requisito che gli e-commerce stanno cercando di soddisfare è la riproduzione di un’esperienza di acquisto sempre più simile a quella in negozio. 

Molte piattaforme si stanno impegnando a realizzare tale situazione, come per esempio ha fatto una start up chiamata ShopCall: attraverso questo sito è possibile infatti creare un e-commerce che comprende la possibilità di mostrare in videochiamata i propri prodotti ai clienti.

In questo modo viene riprodotta l’esperienza che il cliente vive di solito in negozio, ovvero una osservazione più accurata del prodotto che desidera acquistare.

Si tratta sicuramente di un’idea curiosa che potrebbe essere sfruttata in maniera molto efficace per attirare più clienti verso il proprio sito.

Non resta altro che cimentarsi nella creazione di un negozio online sfruttando questi strumenti semplici e intuitivi alla portata di tutti! 

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Ambiente, società e tecnologia

Il quadrupede Spot: robot e sicurezza

Web Summit, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Creato nel 2015 dall’azienda di robotica ed ingegneria statunitense Boston Dynamics, Spot è l’innovativo robot a quattro zampe entrato ufficialmente nel mercato il 23 gennaio del 2020. Dopo la creazione nel 2005 di BigDog, un robot quadrupede progettato esclusivamente per fini militari, la stessa azienda ripropone un cane tecnologico dalle caratteristiche sorprendenti.

Questa struttura canina, che pesa 25 kg, è in grado di svolgere numerose mansioni e di compiere azioni che potrebbero risultare difficili per l’uomo: Spot può infatti saltare, salire e scendere le scale, può addirittura aprire la porta autonomamente. È dotato di grande agilità ed ampia visione dell’ambiente circostante, e grazie al Global positioning system e alla computer vision, è in grado di spostarsi tramite le proprie “zampe” e raggiungere la destinazione prefissata. Possiede inoltre la capacità di calcolo che gli permette ad esempio di elaborare mappe 3D ed individuare eventuali guasti nelle macchine industriali.

La “spia” per la lotta contro il coronavirus

Con l’emergenza verificatasi a causa della pandemia dovuta all’espandersi del Covid-19, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (robot, droni) si è intensificato a livello globale, per poter garantire il rispetto delle norme in vigore. Spot è stato infatti protagonista di un esperimento svoltosi a Singapore, al fine di vigliare sul mantenimento del distanziamento sociale. Nei parchi della città giapponese è stato infatti utilizzato come importante mezzo di controllo della distanza di sicurezza.

Il compito del quadrupede consiste nell’analisi dell’ambiente circostante tramite telecamere e sensori, grazie ai quali è in grado di rilevare il numero di persone presenti, fornendo così in tempo reale i dati sull’affollamento dei parchi ed evitando al tempo stesso eventuali assembramenti di persone. Spot è controllato da remoto, ma non è in grado di effettuare riconoscimenti facciali, garantendo così il rispetto della privacy delle persone coinvolte. Sembrerebbe avvicinarsi in cerca di cibo e coccole, ma in realtà è dotato di un megafono in grado di ricordare ai presenti di rispettare la distanza di sicurezza.

Una possibile risorsa per il futuro

L’utilizzo di Spot potrebbe rappresentare un’importante contributo per la medicina. È stato infatti sperimentato da parte della Boston Dynamics, in collaborazione con l’ospedale di Boston, l’impiego del quadrupede robotico per performare da remoto l’analisi di pazienti probabilmente affetti dal coronavirus. L’idea è quella di dotare Spot di iPad e radio bidirezionale al fine di rilevare direttamente da casa i parametri vitali, quali temperatura corporea, pulsazioni, livello di saturazione di ossigeno e frequenza cardiaca, ed eseguire la disenfezione degli ambienti infetti. Si pensa addirittura di sperimentare in futuro, tramite lo stesso mezzo, la visita del paziente contagiato direttamente presso la sua abitazione. L’obiettivo è quello di aiutare gli operatori sanitari a svolgere il loro lavoro con maggior sicurezza, diminuendo così il rischio di contagio.

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Economia, StartUp e Fintech

Hyperloop: viaggiare verso il futuro

Il treno super veloce di Richard Branson, il Virgin Hyperloop, ha sperimentato con successo il suo primo viaggio con passeggeri a bordo: il test è stato svolto l’8 novembre nel sito di prova di Las Vegas, nel deserto del Nevada, luogo in cui la compagnia aveva già concluso in passato ben 400 prove, senza però il coinvolgimento di esseri umani all’interno dell’Hyperloop.

I primi due passeggeri scelti per effettuare il test di sicurezza, Josh Giegel, Chief Technology Officer, e Sara Luchian, direttrice per la “passenger experience”, hanno avuto l’opportunità di constatare l’efficienza di questo nuovo veicolo: comodamente seduti all’interno della capsula, sono stati lanciati lungo un tubo di 500 metri e, raggiungendo la velocità di 172 chilometri orari, l’hanno percorso in soli 15 secondi.

L’esperienza è stata descritta da uno dei due fortunati passeggeri come l’opportunità di aver visto la storia compiuta davanti ai propri occhi.

Che cos’è un Hyperloop?

Si tratta di un mezzo di trasporto innovativo e molto veloce costituito da una capsula, il cui funzionamento prevede che quest’ultima, sfruttando un sistema di propulsione elettrica e levitazione magnetica, venga lanciata a vuoto all’interno di un tubo a bassa pressione.

Le produzioni future prevedono che questi mezzi di trasporto raggiungano velocità di almeno 965 chilometri orari.

L’obiettivo dei creatori degli Hyperloop consiste nella realizzazione di mezzi di trasporto affidabili ed efficienti per lo spostamento di persone e merci in grado di coprire lunghe distanze in brevissimo tempo, utilizzando solamente tecnologie sostenibili.

I passeggeri del test hanno viaggiato all’interno del nuovo XP-2 Veihicle, il quale presenta le caratteristiche che avranno gli Hyperloop prodotti in futuro dalla compagnia: essi saranno provvisti di morbidi e comodi sedili e piccole finestre, saranno molto silenziosi, avranno sistemi di sicurezza affidabili e un sistema di controllo all’avanguardia in grado di innescare rapidamente risposte appropriate in caso di emergenza.

In questa occasione la capsula utilizzata comprendeva posti per due soli passeggeri, ma la produzione futura prevede che il veicolo finale sia molto più grande, provvisto di almeno 28 posti a sedere.

Per quale motivo dovremmo affidarci ad Hyperloop?

Questa nuova forma di trasporto ha numerose qualità che la distinguono dai consueti mezzi ai quali siamo abituati oggi.

È infatti: più veloce, più sicura, più conveniente dal punto di vista economico e più comoda per gli stessi passeggeri.

Inoltre, secondo quanto affermato dalla compagnia, è particolarmente efficiente: Hyperloop sarebbe in grado di viaggiare alla velocità di un aircraft ma consumando molta meno energia rispetto ad esso.

La velocità che questi nuovi veicoli potranno raggiungere sarà pari a quella di un jet commerciale e ben quattro volte maggiore rispetto a un treno ad alta velocità.

Utilizzando questi mezzi di trasporto sarebbe possibile percorrere distanze come, per esempio, il tratto New York-Washington in soli 30 minuti!


Il successo che ha riscontrato il recente test effettuato dalla compagnia è stato molto incoraggiante per i creatori di Virgin Hyperloop, tanto che hanno deciso di accelerare il processo di concretizzazione del progetto in modo tale da renderlo realizzabile non in decenni, ma in pochissimi anni: sono infatti intenzionati a ottenere le autorizzazioni necessarie già nel 2025.

La tecnologia è in continua evoluzione e in questo specifico caso è pronta per un’importante e rapida svolta. Saremo in grado di adattarci ai sempre più immediati cambiamenti tecnologici in maniera altrettanto rapida?

Il portellone interno di Hyperloop
Hyperloop visto dall’esterno
Il tunnel utilizzato per il test
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Marketing & Social Media

Facebook Dating: la vittoria dell’amore virtuale?

Quest’anno più che mai ci siamo resi conto di quanto smartphone, Social Network e piattaforme virtuali siano influenti nelle vite di tutti noi e dell’importanza crescente che essi stanno assumendo nella creazione e nel mantenimento di rapporti sociali.

In periodo di lockdown e negli ultimi giorni, con la reintroduzione di severe restrizioni, per molti di noi, giovani e meno giovani, essi rimangono l’unica alternativa possibile al totale isolamento.

Proprio poche settimane fa, in data 22 ottobre, è approdata una new entry nel panorama italiano del colosso di Zuckerberg.

Si chiama Facebook Dating, e non si tratta propriamente di una novità: la funziona aveva già debuttato nel 2018 per il pubblico statunitense, e in seguito la sua versione beta è stata rilasciata in 20 paesi.

Secondo la Newsroom di Facebook, Dating vanta già oltre 1,5 milioni di “match”.

Ci troviamo allora di fronte ad un Cupido 2.0? Non proprio.

È semplicemente un’opzione aggiuntiva, interamente inglobata nel social, che in Italia è stata lanciata con l’obiettivo di “connettere le persone, anche restando a casa”.

Un’ottima mossa con un altrettanto ottimo tempismo. Si parla di Facebook Dating come primo competitor di Tinder, l’app d’incontri più conosciuta e utilizzata, ma anche quella che da sempre fa più discutere.

Avevamo bisogno di un’altra dating app?

Partiamo con una piccola premessa: il nome, sebbene rimandi agli appuntamenti, è puramente simbolico.

L’obiettivo di Facebook Dating vuole essere quello di connettere le persone, perfettamente in linea con la mission del social stesso, sfruttando il proprio potere per indirizzare gli utenti verso individui con caratteristiche simili.

Di fatto, è rivolta anche a persone che semplicemente vogliano fare quattro chiacchiere in amicizia, sfruttando il troppo tempo libero dovuto all’isolamento forzato.

Per questo motivo, non ci troviamo di fronte a profili ad impatto basati esclusivamente sull’aspetto fisico, né ingaggiati in una sterile attività di swipe left/swipe right.

Gli utenti, di fronte ad un profilo potenzialmente compatibile, sono incoraggiati a interagire con esso lasciando un commento o scrivendo un messaggio, iniziando una conversazione.

Molto interessante è il collegamento agli eventi e ai gruppi, che permettono di incontrare persone con passioni e interessi comuni.

In questo modo si vuole sempre incoraggiare uno scambio di interazioni che sia in qualche modo costruttivo, e non un “ehi!” echeggiante nel vuoto.

Per evitare approcci indesiderati e truffe, non sono consentiti link, video o transazioni di denaro.

L’interfaccia di personalizzazione del profilo si rivela essere inclusiva e molto dettagliata, dando la possibilità a tutti di esprimere sé stessi.

Troviamo anche le Stories, che assolutamente non potevano mancare. Come ben sappiamo, sono molto utili per raccontarsi e mostrare momenti della propria quotidianità in pochi secondi.

Per ridurre ancora di più la distanza tra le persone, vi è la possibilità di accordarsi e incontrarsi in un “Virtual Date” ossia una videochat, utile a rompere il ghiaccio e a mantenere quel poco di contatto umano rimasto.

La funzione Secret Crush, infine, permette di scegliere fino a nove profili presenti tra i propri contatti in maniera del tutto anonima. Se uno di essi ricambia l’interesse, allora si ha un match. Utile per dichiararsi alle cotte adolescenziali con le quali non si ha mai avuto il coraggio di fare il primo passo.

Quanto è sicuro tutto questo?

Facebook promette privacy assoluta: la funzione è intrinseca all’app, ma i profili rimangono separati. Questo significa che genitori, parenti, amici non sapranno mai della presenza di un utente all’interno dell’app, a meno che non si cambino le impostazioni.

Se ciò può evitare momenti di imbarazzo, c’è da domandarsi se e quale influenza avrà nei rapporti di coppia. Non essendo un’applicazione esterna, è più difficile da “scoprire” nello smartphone del proprio partner, rischiando di minare il rapporto di fiducia.

Non solo: per garantire la migliore esperienza possibile, Facebook raccoglie dati sempre più dettagliati, che contribuiscono a creare dei “tag” relativi all’utente e a proporre persone sempre più pertinenti secondo l’algoritmo.

Non vi è scopo di lucro, tanto che non vi sono inserzioni all’interno della piattaforma, ma possiamo essere sicuri che non verranno utilizzati in nessun modo?

Inoltre, quali possono essere le conseguenze dell’interagire solamente con persone simili a noi? Siamo già consapevoli degli effetti di polarizzazione che possono causare le piattaforme social, potrebbe questo rischio estendersi anche alla sfera personale? Una risposta ancora non c’è.

Nonostante tutto, può essere un modo come un altro per conoscere gente nuova, e l’ennesima strategia di Zuckerberg per tenere le persone il più possibile sulla propria piattaforma.

C’è anche una buona possibilità che si riveli essere un flop come molte altre app d’incontri: dipende sempre dall’utilizzo che ne fanno gli utenti, e dall’avere un pizzico di fortuna.

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Ambiente, società e tecnologia

Urban Mask: la mascherina intelligente della startup milanese Narvalo

Sareste interessati a una mascherina che vi protegge non solo da un virus come il COVID-19 ma anche da batteri, inquinamento e agenti allergeni?

Se la risposta è sì è in arrivo una nuova mascherina intelligente, che farà al caso vostro: è la Urban Mask del progetto Narvalo e sarà disponibile dal 10 luglio con annesse funzionalità smart.

L’idea nasce dalla mente del giovane designer Ewoud Westerduin del Politecnico di Milano. Il primo collaboratore è il suo relatore Venanzio Arquilla che attualmente ricopre la posizione di Co-founder e President. All’interno del team abbiamo anche Costantino Russo nella posizione di CEO.

L’idea di Westerduin risulta essere così interessante che nel novembre del 2018 viene incubata da POLIHUB attraverso il programma Switch2Product mentre ad aprile 2019 viene selezionata come “talent in residence” in POLIFACTORY.

 

Prima dell’emergenza COVID-19 la startup Narvalo era partita dalla progettazione di una mascherina anti-smog di cui aveva preventivato il test per i primi 50 esemplari dal 24 gennaio 2020. I filtri di queste mascherine sono stati progettati insieme a BLS, azienda boutique milanese specializzata nella progettazione e produzione di maschere e dispositivi di protezione delle vie respiratorie.

Al momento del test la mascherina della startup Narvalo presentava già le seguenti caratteristiche: tessuto 3D, valvola di espirazione che massimizza il deflusso dell’aria evitando l’accumulo di calore e l’umidità, filtri sostituibili della durata di un mese e idrorepellenza della parte esterna del filtro.

Il sistema filtrante ha garanzia BLS e il filtro è composto da 5 strati che bloccano virus, batteri, polveri e odori in quanto uno degli strati contiene carbone attivo. La protezione garantita è infatti pari al 99,9% contro tutti i nemici invisibili dell’aria e risulta quindi più efficace di una FFP3.

Il claim di Narvalo è Air of Change, una promessa verso la sostenibilità e contro l’ inquinamento caratterizzata da un modello di business improntato sull’economia circolare attraverso il riutilizzo dei filtri esausti.

L’emergenza COVID-19 ha portato Narvalo a implementare nella sua mascherina, oltre alle già citate caratteristiche, un tappo “anti-Covid” che blocca la fuoriuscita di goccioline anche durante l’espirazione e si può rimuovere quando non necessario. Inoltre la parte di sviluppo si è evoluta al punto da permettere la versione IoT della Urban Mask che prevede l’uso di un app; grazie al dialogo tra app e mascherina è possibile monitorare non solo chi la indossa ma anche l’ambiente circostante in modo da creare un ecosistema connesso.

Nella vision di questa startup c’è l’intento di formare una mobile community di Narvalo’s people: persone che indossando la mascherina monitorano l’ambiente, avendo cura di se stessi e per il prossimo.

Chi indossa questa mascherina diventa quindi consapevole dei propri comportamenti e di quelli degli altri: essere Narvali significa acquisire la possibilità di cambiare il mondo in meglio.

Siete pronti a diventarlo anche voi?

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Ambiente, società e tecnologia

Piccola guida all’app Immuni

Dal 15 giugno è definitivamente disponibile l’app Immuni, lo strumento scelto dalle istituzioni italiane per gestire il contact tracing e contrastare così l’epidemia da COVID-19.

Scaricare l’app è semplice e gratuito: l’installazione dura pochi secondi e non richiede l’inserimento di dati personali.

L’utilizzo non è obbligatorio ma fortemente consigliato, anche se ad oggi non tutti i telefoni sono abilitati a scaricare l’app: l’applicazione funziona solamente su sistemi operativi Android 6 o Ios 13.5 e seguenti, perché opera grazie a un aggiornamento della tecnologia Bluetooth che Google e Apple hanno dovuto apportare per permettere proprio la tracciabilità “anonima”.

Il rischio è quindi che vengano tagliati fuori dalla possibilità di scaricare l’app e quindi di tracciare eventuali contagi le fasce della popolazione più basse, come anziani e indigenti, che generalmente non posseggono smartphone aggiornati.

Le strutture sanitarie, nel caso in cui un utente dovesse risultare positivo al Covid.19, inseriranno in un database il codice anonimo agganciato all’app; in questo modo, sarà Immuni a inviare una notifica agli altri utenti entrati in contatto nei 14 giorni precedenti con il soggetto risultato positivo.

Lo sviluppo dell’app Immuni

Il compito di sviluppare materialmente l’app è stato affidato alla società italiana Bending Spoons, in collaborazione con il Centro medico Sant’Agostino.

Per lo sviluppo, l’azienda milanese ha avuto due alternative: utilizzare un sistema decentralizzato (il quale permette al server di immagazzinare solo i codici anonimi dei device risultati positivi), come avviene in moltissimi paesi europei, oppure optare per un sistema centralizzato, che si differenzia da quello decentralizzato per la raccolta sul server centrale di codici identificativi non solo dei soggetti risultati positivi, ma anche dei loro contatti.

La scelta è ricaduta sul sistema decentralizzato, ritenuto più sicuro per la tutela della privacy degli utenti.

Privacy e gestione dei dati

Il Ministro dell’Innovazione tecnologica ha spiegato che Bending Spoons non gestirà i dati personali degli utenti né avrà alcun ruolo attivo nel processo di conservazione degli stessi, ma fornisce esclusivamente i codici sorgente: tutte le informazioni degli utenti saranno gestiti da un soggetto pubblico – il Ministero della Salute -, e raccolti da Sogei, società completamente controllata dal Ministero di Economia e Finanze.

I dati verranno trattati fino al 31 dicembre 2020, e gli utenti potranno chiederne la cancellazione anticipata in qualsiasi momento. Ancora non è certo però cosa accadrà se la situazione di emergenza dovesse perdurare oltre questa data.

L’obiettivo

Già nel primo giorno di lancio si sono raggiunti i 500.000 download: oggi sono circa 2 milioni i device tracciati da Immuni. Se il trend rimarrà questo, l’app sarà abbastanza diffusa da garantire una copertura sufficiente per contrastare l’epidemia.

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Ambiente, società e tecnologia

Lo stato dell’arte dell’agricoltura 4.0: da trend a necessità per uscire dalla crisi

Come sta evolvendo l’agricoltura?

È una domanda che ci si potrebbe porre, a maggior ragione osservando come tutti i settori produttivi stiano cambiando, secondo una logica incentrata su metodologia Agile, ampio impiego dei dati e digitalizzazione spinta.

Il settore primario non fa eccezione, anzi: si parla proprio di agricoltura 4.0 per indicare l’impiego di nuove tecnologie per innovare i processi di coltivazione e il conseguente miglioramento dello stato dei lavoratori.

La ricerca condotta dall’Osservatorio Smart Agrifood nel 2017 ha offerto un quadro chiaro della situazione  dell’innovazione in agricoltura. L’Osservatorio ha individuato più di 220 soluzioni nel campo dell’agricoltura 4.0 offerte da più di 70 aziende. Alcune di queste soluzioni sfruttano i Big Data Analytics, altre i sistemi software di elaborazione e dell’interfaccia utente e altre ancora l’Internet of Things.

Una ricerca che, pur datata, dimostra come già tre anni fa le aziende puntassero sull’innovazione per il settore agricolo.

La pandemia ha accelerato il processo: un recente studio condotto dalla banca Monte dei Paschi di Siena e SWG, individua l’agricoltura 4.0 come essenziale per una rapida ripresa dalla crisi del settore agricolo innescata dall’emergenza COVID-19.

I punti chiave sono sempre l’innovazione e la sostenibilità, ritenuti entrambi importanti dalla maggioranza delle imprese: l’innovazione da opzione diventa un driver per crescita e sviluppo e di questo ne sono convinti l’85 % degli imprenditori. Inoltre il 76% dei produttori ritiene che l’investire nell’innovazione possa accelerare l’uscita dalla crisi.

Tra i principali fattori che concretizzano l’agricoltura 4.0 abbiamo banda larga, energie rinnovabili, sensoristica, piattaforme digitali e strumenti per magazzini intelligenti.

Dalla ricerca di MPS e SWG risulta inoltre che sono circa l’85% gli imprenditori che ritengono la sostenibilità dei modelli di produzione essenziale in vista del superamento dell’attuale crisi: questa comprende sia l’attenzione nel ridurre l’impatto sull’ambiente sia il rispetto dei diritti dei lavoratori. Un trend di cui tener da conto e che può diventare traino per nuove formule sempre più innovative di organizzazione e produzione agricola: in questo senso è interessante il progetto lanciato da OfficineMps, il laboratorio permanente di Banca Monte dei Paschi di Siena: un contest sull’agroalimentare per cercare di creare un’unione tra il settore agrifood e l’innovazione.

Insomma, i dati ci mostrano come ci sia una presa di coscienza e una rinnovata consapevolezza da parte delle imprese nell’orientarsi sempre di più verso un modello di produzione green 4.0.

Non resta che augurarci un’agricoltura sempre più innovativa e sostenibile possa anche essere un fattore di competitività aggiunta per uscire dalla crisi economica che si sta affacciando sull’Europa (e conseguentemente, sull’Italia).