Gli insetti sulle tavole dei consumatori occidentali: quali sono le ragioni per inserirli nella nostra dieta?
Il 2021 si apre con la valutazione scientifica completa condotta da EFSA, l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare, sulla possibilità di introdurre sul mercato a scopo alimentare larve essiccate di Tenebrio molitor (comunemente chiamate tarme della farina), appartenenti alla famiglia dei Coleotteri. Sarà la prima di una lunga lista di future valutazioni sui novel foods, ovvero prodotti “privi di una storia di consumo significativo in UE” che ancora aspettano di ricevere l’autorizzazione dalla Commissione Europea. Molti di questi sono a base di insetti: potrebbero essere i primi piccoli passi verso un cambiamento delle nostre abitudini alimentari? Ma quanto sono effettivamente desiderabili, per noi e per il pianeta, questi cambiamenti? E soprattutto, ci sono i presupposti affinché questo accada?
Allevare insetti per l’alimentazione umana: una scelta sostenibile
Perché dovremmo vincere il naturale disgusto verso gli insetti e inserirli nella nostra dieta? I motivi principali, sostenuti da dati riportati nel documento redatto da FAO “Edible insects: future prospects for food and feed security”, riguardano la loro maggiore sostenibilità a livello ambientale rispetto ad altri prodotti animali tipici della cultura culinaria occidentale. Per allevare un chilogrammo di grilli servono circa 1.7 chilogrammi di mangime: una quantità notevolmente minore rispetto ai 10 chilogrammi necessari per ogni chilogrammo di peso acquistato da un bovino, o rispetto ai 5 chilogrammi necessari per i maiali e ai 2.5 chilogrammi per i polli. Inoltre, se fossero allevati su larga scala, gli insetti produrrebbero minori emissioni di gas serra e rappresenterebbero una risorsa contro lo spreco di acqua, grazie alla loro elevata resistenza alla siccità.
Potremmo pensare che, poiché in alcuni paesi il consumo di insetti è una tradizione consolidata, lo sia anche il loro sistema di allevamento industriale: invece, a livello mondiale, solo il 2% degli insetti destinati all’alimentazione umana viene prodotto grazie a queste tecniche. Se visitassimo uno di questi stabilimenti (esperienza virtualmente possibile ad esempio attraverso un mini-documentario girato nello stabilimento “Grubs Up”, in Australia) potremmo convincerci del perché possono essere considerati un modello di sostenibilità: gli insetti infatti vengono cresciuti in unità contenitrici separate (solitamente catini in plastica o contenitori simili), disposte e impilate in modo da occupare meno spazio possibile e ridurre lo spreco di suolo. In particolare, per l’allevamento dei grilli è importante che i contenitori siano arricchiti, per esempio, con i cartoni delle uova, che secondo la “Guidance on sustainable cricket farming” aumentano la superficie disponibile per gli insetti e la loro possibilità di movimento.
Inoltre il substrato necessario alla sopravvivenza degli insetti è costituito da materiale organico e biomassa di scarto, una pratica in linea con uno dei principi fondamentali dell’economia circolare: trasformare i rifiuti in risorse riutilizzabili.
Una fonte alternativa di nutrienti
Sebbene non sia corretto pensare agli insetti come a un “supercibo” dalle incredibili proprietà, i prodotti da loro derivati sono considerati una buona fonte proteica, di grassi, di fibre e di alcuni micronutrienti come ferro e zinco; la quantità di proteine però cambia sia tra specie diverse, sia a seconda del mangime con cui sono stati nutriti, sia rispetto al metodo di lavorazione della materia prima. Anche EFSA, nella sua opinion scientifica sulle larve di Tenebrio molitor, avverte che i metodi di analisi più utilizzati possono portare a sovrastimarne il contenuto proteico. La motivazione? Per quantificarlo solitamente si misurano i livelli di azoto, un elemento contenuto nelle proteine e quindi indice della loro presenza, ma, nel caso degli insetti, anche in una molecola che costituisce il loro esoscheletro, la chitina: non si tratta di una proteina, ma di un polisaccaride che non siamo in grado di digerire.
Insetti per (quasi) tutti i gusti
Per quanto gli insetti siano da sempre l’unica alternativa alla carne in molti paesi del mondo, il profilo nutrizionale non è l’unica cosa che conta: saremmo in grado, soprattutto noi consumatori occidentali, di superare l’avversione verso gli insetti e di considerarli come cibo? Una strategia efficace già esiste: trasformare un alimento all’apparenza inappetibile in un prodotto che ricordi il meno possibile la sua origine. Così gli stessi grilli che possono essere venduti arrostiti come snack pronto possono essere trasformati in polvere da aggiungere al “Dukkha” (uno dei prodotti dell’azienda Grubs Up), un mix di spezie arricchito. Basta visitare il sito di 21bites, uno dei primi e-commerce in Europa a proporre prodotti a base di novel foods, per capire come gli insetti possano essere un ingrediente versatile: si possono acquistare grilli ricoperti di cioccolato, chips, muesli per la colazione, pasta e molto altro. Per di più, ogni specie ha un sapore diverso: si va da quelle che ricordano la frutta secca, come le tarme della farina, a quelle che hanno un retrogusto piccante o persino dolce.
Se considerati da questi punti di vista, gli insetti potrebbero essere un buon alimento da inserire nella nostra dieta, un prodotto sostenibile e, una volta che ne sia stata accertata la sicurezza (come è avvenuto per le larve di Tenebrio molitor), non preoccupante dal punto di vista tossicologico. Quel che resta da scoprire è se arriveranno sulle nostre tavole e se diventeranno, un giorno, un alimento comune anche per i consumatori occidentali.