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Ambiente, società e tecnologia

Non voglio mica la Luna, chiedo soltanto un frammento (di regolite)

La prima operazione spaziale della storia è datata 4 Ottobre 1957, a entrare in orbita per la prima volta, fu Sputnik un satellite dell’Unione Sovietica. Questo viene ricordato come un evento epocale, non solo perché la fantascienza che fino ad allora aveva nutrito l’immaginario comune è diventata improvvisamente e straordinariamente realtà; ma soprattutto perché ci si rese conto che lo spazio extra-atmosferico era, a tutti gli effetti, una delle porzioni della nostra galassia non sottoposta a normazione. Ad oggi, il genere umano non solo è in grado di giungere facilmente nello spazio ma sta avanzando anche la pretesa di stabilirvisi e di utilizzare, in maniera sostenibile, le risorse extraterrestri.

“We’re going to the moon to stay, by 2024 and this is now”

Sin dal 2009 gli Stati Uniti hanno espresso la volontà di tornare sulla luna, una volontà che si è fatta sempre più concreta nel tempo tant’è che nel 2017, l’allora vicepresidente Mike Pence ha annunciato che il nuovo sbarco sulla luna sarebbe dovuto avvenire non oltre il 2024, attraverso il programma Artemis.

Durante l’allunaggio del secolo scorso l’uomo è rimasto sul suolo lunare circa due ore e mezza. L’ambizione più grande che ha il programma Artemis è quella di permettergli di rimanerci per sempre, ma per farlo sarà necessario costruire una base lunare permanente. Rimanere stabilmente sulla luna significa far fronte a una serie di esigenze tra le quali quelle di protezione e di sostentamento degli astronauti. Proprio per questo motivo, dal 2015 è presente negli Stati Uniti una legge che permette “il recupero commerciale delle risorse spaziali da parte dei cittadini statunitensi” e al suo interno è anche enunciato che “un cittadino statunitense impegnato nel recupero commerciale di una risorsa asteroidale o di una risorsa spaziale ha diritto a qualsiasi risorsa asteroide o risorsa spaziale ottenuta, tra cui il possesso, il trasporto, l’uso, e la vendita secondo la legge applicabile, compresi gli obblighi internazionali americani.”

Le risorse della Luna

Il 6 aprile 2020 il presidente Trump ha firmato l’ordine esecutivo “Executive Order On Encouraging International Support for the Recovery and Use of Space Resources” in cui si afferma che lo spazio esterno e le sue risorse sono un dominio dell’attività umana, e inoltre viene sottolineato come gli Stati Uniti non considerino le risorse extra atmosferiche come un bene comune internazionale.

A questo punto della vicenda “lunare”, nulla sembrerebbe potersi opporre alla nuova corsa degli Stati Uniti verso la Luna. Ad oggi, l’unico trattato internazionale a cui hanno aderito e in cui si parla di regolamentazione dell’uso delle risorse minerarie è il Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967. Nel diritto aerospaziale esiste un ulteriore trattato, in cui si parla di risorse extra atmosferiche e, in particolare, il trattato che richiede che tutte le estrazioni e allocazioni di risorse siano svolte sotto regime internazionale: è il Trattato sulla Luna. Ma, per l’appunto, quest’ultimo non è mai stato ratificato dagli Stati Uniti.

Regolite: la polvere del nostro satellite

Un ulteriore passo avanti verso lo sfruttamento delle risorse è stato fatto lo scorso ottobre con la firma degli accordi Artemis, a seguito dei quali è stato diffuso, dalla NASA, un appello alle agenzie pubbliche e private affinché possano collaborare al recupero delle risorse nello spazio. In particolare, la NASA si è dichiarata interessata alla regolite: “I requisiti che abbiamo delineato sono che l’azienda raccolga una piccola quantità di “sporco” lunare da qualsiasi posizione sulla superficie lunare, poi fornisca alla NASA immagini della raccolta e del materiale raccolto, insieme ai dati che identificano il luogo della raccolta.” – ha proseguito Jim Bridenstine, l’allora amministratore capo della Nasa- ” Poi verrà condotto “sul posto” un trasferimento della proprietà della regolite o delle rocce lunari alla NASA. Dopo il trasferimento della proprietà, il materiale raccolto diventa di esclusiva proprietà della NASA per il nostro utilizzo.”

Sembrerebbe che i compensi proposti si aggirino circa tra i 15 mila e i 25 mila dollari per quantità di regolite che siano comprese tra 50 e 500 grammi, ma non è tanto la remunerazione economica a far scalpore quanto il precedente che ne deriva: per la prima volta si statuisce la possibilità di vendere qualcosa che non appartiene al nostro Pianeta.

I grandi progetti sulla regolite lunare

La regolite non è altro che lo strato superficiale che ricopre la luna ma è presente anche su altri corpi celesti; in particolar modo è formato da un insieme di frammenti e detriti generatisi nel corso del tempo, grazie allo schianto al suolo dei meteoriti. E allora perché per la NASA è così preziosa? Stando agli studi condotti dai centri di ricerca di tutto il mondo la regolite sarà in grado di fornire sia l’ossigeno utile alla permanenza degli astronauti nella base spaziale, sia i mattoni utili alla costruzione della stessa. In particolare, la stampante 3D che potrebbe provvedere alla costruzione dei mattoni è un progetto dell’agenzia spaziale europea, al quale hanno ampiamente contribuito gli ingegneri italiani.

Attualmente molte delle potenze mondiali sono concentrate sulla ricerca tecnologica per lo sfruttamento delle risorse extra atmosferiche e, fortunatamente, qualora avverrà lo sfruttamento delle risorse lunari questo dovrà essere sostenibile per volere del Trattato sullo spazio extra-atmosferico. Allo stato attuale, la regolite sembrerebbe l’unica soluzione a permetterci di sognare una vita al di fuori del pianeta Terra, e tutti gli sforzi sono concentrati su questo obiettivo ma ciò che ancora manca all’appello è uno studio approfondito delle conseguenze generate dalla colonizzazione della luna.

Il 2024 è alle porte eppure nessuno ha affrontato due tematiche fondamentali: l’impatto ambientale che l’azione antropica potrebbe avere sul nostro prezioso satellite e la declinazione del concetto di sostenibilità circa le risorse lunari. Sembra quasi che nessuno voglia chiedersi quale sarà questa volta il prezzo da pagare per vedere nuovamente la fantascienza trasformarsi in realtà. Ma può davvero dirsi sostenibile lo sfruttamento di una risorsa che per formarsi impiega un estesissimo arco temporale? E, ancor prima, essendo una risorsa esterna al Pianeta Terra, è giusto appropriarsene?

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Economia, StartUp e Fintech

Corsa alla scoperta di Marte: le missioni passate e quelle future

Credits: NASA/JPL-Caltech

Lo scorso 18 febbraio il rover americano della Nasa Perseverance, assieme al drone-elicottero Ingenuity, è atterrato con successo sulla superficie del pianeta Marte: aveva lasciato la Terra lo scorso 30 luglio e per arrivare sul pianeta rosso ha compiuto un viaggio lungo sette mesi percorrendo nello spazio oltre 470 milioni di chilometri.

I “sette minuti di terrore”, durata della discesa e atterraggio del rover, sono stati mostrati dalla Nasa attraverso dei video diffusi sul loro canale Youtube, i quali hanno determinato l’inizio di una lunga serie di immagini, filmati, registrazioni audio e addirittura dirette che ogni giorno documentano i progressi che vengono realizzati su Marte.

La Discesa e atterraggio di Perseverance su Marte

Qual è lo scopo della missione? Cercare segni di eventuali tracce di vita risalenti a quando Marte non era ancora un pianeta tanto arido e inospitale, recuperare campioni geologi per studiare la formazione del suolo del pianeta, i quali verranno recuperati in futuro con altre missioni per portarli sulla Terra, e infine analizzare il clima.

Perseverance dovrà restare su Marte per almeno un anno marziano, che sulla Terra corrisponde a quasi due anni, tempo durante il quale il rover dovrà raccogliere più informazioni possibili.

Grazie agli aggiornamenti diffusi dalla stessa Nasa sui propri canali di comunicazione e sul sito ufficiale dedicato alla missione, è possibile trovare costantemente aggiornamenti e curiosità legate alle scoperte che stanno avvenendo su Marte, tra cui fotografie ad altissima qualità, panoramiche a 360 gradi e addirittura registrazioni audio.

Proprio negli scorsi giorni, esattamente il 5 marzo, Perseverance ha “compiuto i suoi primi passi” su Marte, percorrendo ben 6,5 metri in 33 minuti.

Per mostrare il successo dell’impresa sono state diffuse le fotografie scattate dal rover in cui sono visibili le impronte delle ruote del robot lasciate sul suolo marziano.

Si tratta del primo emozionante viaggio intrapreso su Marte, il primo di molti altri che avremo modo di vedere nei prossimi mesi!

NASA/JPL-Caltech

Il messaggio segreto di Perseverance

In queste settimane ha fatto discutere e divertire un ulteriore curioso aspetto legato al rover americano Perseverance: attraverso la disposizione dei colori del paracadute è stato inserito un messaggio segreto ideato e realizzato da Ian Clark, responsabile del funzionamento dello strumento.

Il messaggio è stato scoperto e decifrato da appassionati di matematica, scienza e Spazio, che grazie all’analisi dei video e delle immagini diffuse dalla Nasa hanno svelato l’esistenza e il significato di questa misteriosa frase.

Di che messaggio si tratta? Le parole inserite in codice sul paracadute compongono una citazione ripresa da un discorso di Theodore Roosvelt del 1899: “Dare mighty things”, che tradotto significa letteralmente “Osa cose straordinarie”.  

Clark ha spiegato la sua decisione al The New York Times, definendola un’opportunità per avere un po’ di divertimento e per dare un significato particolare a uno strumento fondamentale per il successo della missione.

Dato che attraverso le videocamere di Perseverance sarebbe stato possibile vedere perfettamente l’apertura del paracadute, il suo desiderio era di inserire dei colori che lo distinguessero e che avessero un senso. Quale occasione migliore per inserirvi un messaggio speciale?

Naturalmente l’attenzione nel decorare e colorare il tessuto è stata molta, anche perché il rischio di danneggiare il paracadute era molto elevato e il risultato sarebbe stato determinante per il successo della missione, che oltre ad avere un altissimo valore scientifico è costata ben 2,7 miliardi di dollari.

Fortunatamente l’atterraggio del rover sulla superficie del Pianeta è avvenuto con successo e in più oggi su Marte c’è un messaggio da parte dell’uomo che sottolinea ulteriormente la sua presenza anche nello Spazio.

Mars 2020, nome della missione con protagonista Perseverance, non è la prima e unica missione intrapresa dall’uomo per scoprire Marte.

Storiografia delle missioni su Marte

Quello a cui abbiamo assistito in queste settimane non si è trattato affatto del primo tentativo dell’uomo di scoprire Marte.

Al contrario, le missioni che scienziati spaziali di tutto il mondo hanno tentato di portare a termine negli ultimi 60 anni sono state almeno 40 e più della metà sono fallite.

Come confermato anche dall’ESA, gli scienziati parlano addirittura di “demone marziano” per identificare questo fenomeno che provocherebbe il sabotaggio dei veicoli spaziali diretti su Marte.

La prima missione avvenuta con successo risale al novembre del 1964, con il Mariner 4 della Nasa; come da programma furono recuperate le prime 22 immagini del pianeta.

In precedenza, l’Unione Sovietica aveva tentato di compiere delle missioni, fallendo però per 5 volte consecutive.

Sette anni dopo, la sonda russa Mars 2 riuscì ad orbitare intorno a Marte e nello stesso anno anche il primo orbiter della Nasa portò a termine la stessa impresa.

Le prime foto dettagliate della superficie marziana furono scattate a metà degli anni ’70 dalle sonde gemelle Viking, grazie alle quali fu possibile mappare quasi il 97% del suolo del pianeta.

Dopo vent’anni di tentativi falliti la missione Mars Global Surveyor riuscì ad avere successo raggiungendo l’orbita del pianeta nel 1997, ma anche in seguito a questo piccolo traguardo, le missioni successive furono dei fallimenti.

Negli ultimi dieci anni, a partire dalle analisi svolte dal rover americano Curiosity, che come l’attuale Perseverance ebbe moltissima fama, le missioni che si sono susseguite sono state numerose e oltre agli Stati Uniti e alla Russia, anche l’India nel 2013, e l’Unione Europea nel 2016 hanno contribuito e investito nella scoperta di Marte attraverso l’organizzazione di missioni spaziali.

La conquista del pianeta rosso ha da sempre affascinato tutti e grazie alle innovazioni tecnologiche sarà molto più semplice scoprirlo ulteriormente.

Il sogno di Elon Musk di colonizzare Marte

L’imprenditore multimiliardario Elon Musk, attuale uomo più ricco al mondo, da moltissimi anni afferma e dichiara il suo sogno, trasformatosi ormai in obiettivo, di riuscire a portare gli esseri umani su Marte per potervi creare una colonia.

Addirittura, entro il 2050 Musk vorrebbe costruire una città di milioni di abitanti, rendere il viaggio interplanetario accessibile per tutti i terrestri, ed è inoltre convinto che tra soli 6 anni sarà possibile far sbarcare per la prima volta un equipaggio sul pianeta.

“Vorrei morire su Marte. Basta che non sia al momento dell’impatto” è una famosa citazione di Elon Musk in merito al suo desiderio di raggiungere e colonizzare Marte.

Recentemente l’imprenditore ha inoltre fatto discutere e divertire con un suo tweet, nel quale ha affermato: “There will definitely be a MarsCoin!”, “ci sarà sicuramente una MarsCoin!”.

Se fosse un commento ironico o meno non è molto chiaro, sicuramente però, secondo l’imprenditore, l’economia marziana dovrebbe basarsi su una criptovaluta.

Tuttavia, le difficoltà da affrontare per raggiungere questo obiettivo sono moltissime, tanto che per ora ci si può solamente limitare ad approfondire le ricerche sulle caratteristiche di Marte.

Cosa accadrà in futuro

In queste settimane si è parlato e si parla molto di Perseverance, ma la verità è che in questo stesso periodo su Marte sono arrivate anche altre due missioni: la sonda Hope degli Emirati Arabi e il Taiwen-1 della Cina.

La sonda Hope è giunta nell’orbita di Marte lo scorso 9 febbraio, e il suo compito si focalizza sullo studio dell’atmosfera marziana per documentare il clima del pianeta.

L’orbiter Tianwen-1, invece, è entrato nell’orbita di Marte un giorno dopo la sonda araba e ha gli stessi obiettivi di Perseverance, ovvero cercare tracce di vita sul pianeta e studiare la sua atmosfera, i minerali e anche trovare acqua ghiacciata.

La corsa alla scoperta del pianeta rosso sta coinvolgendo sempre di più i paesi più tecnologicamente sviluppati: sono tutti affascinati da Marte e dalla storia e dagli eventi che l’hanno portato a diventare il pianeta apparentemente disabitato e inospitale che conosciamo oggi.

Gli obiettivi che gli scienziati intendono raggiungere sono molti e la strada da percorrere è ancora lunga e complessa.

Il successo delle missioni più recenti ha portato tutti a sperare e a credere con più convinzione che forse, in un futuro non troppo lontano, sarà possibile per l’uomo mettere piede per la prima volta sull’affascinante Marte.