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Ambiente, società e tecnologia

Agricoltura 4.0: storia di successo

Sul nostro magazine abbiamo delineato lo stato dell’arte dell’agricoltura 4.0 e riportato il fatto che si stia verificando, da diversi anni, una presa di coscienza da parte delle imprese in merito all’adozione di modelli di produzione sostenibili ed innovativi. Quello che vogliamo riportare oggi è una storia di successo che ha come protagoniste 2 aziende, l’italiana Gefion e la statunitense Eaton, la cui collaborazione può fornire ai soggetti del settore agricolo gli strumenti e il supporto necessari per attuare la digital transformation.

Gefion: soluzioni ed esigenze

L’azienda italiana Gefion, specializzata nella realizzazione di sistemi di irrigazione e fertirrigazione, si è sempre impegnata sul fronte dell’innovazione, distinguendosi per il costante investimento in Ricerca e Sviluppo.

L’obiettivo non è solo quello di offrire ai propri clienti sistemi intelligenti basati su IoT e Big Data, grazie ai quali è possibile ricevere informazioni precise e gestirle in maniera tempestiva, ma è anche il dare la possibilità di controllare e pianificare da remoto tali sistemi.

La collaborazione con Eaton

In quest’ottica si inserisce la collaborazione, arrivata a quasi dieci anni, con Eaton, multinazionale operante in oltre 175 paesi e il cui impegno è rigorosamente allineato con gli obiettivi per lo sviluppo ambientale delle Nazioni Unite.

Eaton ha proposto l’implementazione negli impianti Gefion di sistemi di I/O modulari della serie XN300, diversi inverter e pulsanti, in base alla complessità della macchina. I sensori di Eaton trasmettono al software di Gefion (Hydro Evolution V3 – applicativo Codesys 3) dati riguardanti lo stato dei filtri e della sezione di fertirrigazione e la pressione in uscita e in entrata. Il software, capace di gestire la sezione di fertirrigazione, in questo modo può corregge la pressione di mandata, calibrando la miscela e garantendo una corretta fertirrigazione.

“Questo è d’indubbio vantaggio” – afferma Enrico Manieri, R&S di Gefion – “se pensiamo non solo al rispetto dell’ambiente ma anche alla possibilità di gestire meglio lo stress idrico della falda”.

Le soluzioni di Eaton rispondono alle esigenze di Gefion, permettendo al loro sistema di essere gestito e controllato da remoto, garantendo la possibilità di pianificare e prendere decisioni tempestive.

Inoltre, l’azienda americana ha implementato un pannello PLC HMI XV300 che da un lato permette di semplificare la gestione dell’impianto, anche per procedure più complesse, e dall’altro migliora l’interazione uomo-macchina grazie all’interfaccia intuitiva.

Impatto e risultati

Le soluzioni di Gefion si contraddistinguono anche per il fatto di essere alimentate da un sistema fotovoltaico che ne riduce l’impatto ambientale, ne semplifica il montaggio e la richiesta di infrastrutture necessarie.

Per quanto riguarda i risultati, i sistemi di filtraggio e fertirrigazione di Gefion hanno registrato il 25-30% di risparmio di energia e di acqua all’anno.

La distribuzione controllata dei fertilizzanti nell’acqua ha migliorato l’assorbimento dei nutrienti da parte delle piante e migliorato l’efficienza nell’utilizzo dell’acqua. Inoltre, la gestione dello stress di falda garantisce un miglior rendimento della falda acquifera e un utilizzo più prolungato del pozzo evitandone interventi di spurgo, dannosi e costosi.

Le soluzioni proposte da queste due aziende, oltre a garantire livelli di competitività ai propri clienti, rientrano nel concetto di “vero” precision farming, cioè un modello di agricoltura nel quale vengono usate le risorse giuste, al momento giusto, e nella giusta quantità. Il tutto all’interno di una cornice sostenibile e in favore dell’ambiente, elementi indispensabili per ridurre il nostro impatto sul pianeta.

Enrico Noseda (Chief Innovation Advisor Cariplo Factory), nell’ambito dell’iniziativa “Alleanza per la Sostenibilità”, sostiene che abbiamo meno di un decennio per attuare soluzioni di questo tipo. Non ci resta che continuare su questa strada.

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Ambiente, società e tecnologia

Macchine e persone nel giornalismo: conflitto o armonia? L’esempio del Washington Post

Il Washington Post è ritenuta una delle testate giornalistiche più innovative e al passo con i progressi nel settore ICT e del digitale, dove ingegneri e data analyst affiancano i reporter e i redattori.

Il quotidiano è stato tra i primi a ricorrere all’Intelligenza Artificiale in affiancamento al lavoro dei giornalisti, cosa che gli ha permesso di poter competere con il colosso New York Times. Inizialmente il potente strumento è stato impiegato per la scrittura di interi articoli e per titolarli, oggi invece viene impiegato anche sui social media dove modera i commenti e scrive tweet su Twitter: il reperimento di informazioni è infatti profondamente cambiato e sempre più persone soprattutto giovani utilizzano principalmente Instagram, Facebook e Twitter per rimanere aggiornati e informati.

I commenti sono un aspetto molto importante perché sono un modo per ricevere un riscontro direttamente dai lettori, e per i giornalisti i feedback sul loro operato sono estremamente importanti, tuttavia moderarli richiederebbe l’impiego di tante persone. È stata dunque progettata una macchina in grado di occuparsi di gran parte di questo lavoro, lasciando i commenti di più incerta comprensione alla gestione da parte delle risorse umane.

È possibile così delegare i compiti ripetitivi per dedicarsi all’elaborazione di contenuti di qualità, alle interviste, alle inchieste.

Il Direttore tecnico Data Science e AI al Washington Post Patrick Cullen ha detto in un’intervista, rilasciata per un corso sull’Intelligenza Artificiale nel marketing sulla piattaforma Coursera: “ E’ magnifico poter avere un sistema di pubblicazione contenuti automatizzato, Heliograph, che analizza in poco tempo dati sugli eventi sportivi oppure sulle elezioni politiche le cui notizie sono rilevanti solo se pubblicate molto in fretta, e vedere invece i giornalisti concentrarsi sull’analisi e l’approfondimento dell’evento appena terminato. Una delle cose più impressionanti di Heliograph, oltre ai risultati raggiunti, è stata la fiducia che ha costruito all’interno della nostra attività e con tutte le parti interessate. Molte persone pensano che le machine learning possano sostituire le persone, però è stato compreso che invece sono uno strumento che migliora le capacità dell’uomo.”

A che punto è l’Italia?

Il condirettore di Agi Agenzia giornalistica italiana Marco Pratellesi in un’intervista per Professione Reporter mostra un quadro della situazione italiana in seguito all’approdo dell’Intelligenza Artificiale nel settore: “Tra 5 anni al massimo tutte le aziende editoriali dovranno adattarsi al cambiamento per non restare ai margini. Oggi il mondo è pervaso di dati e l’analisi di tutti quelli necessari a un pezzo non può più essere svolta da un essere umano. Le più grandi testate giornalistiche impiegano l’AI da tempo e in molte di queste realtà il numero di giornalisti è aumentato. In Italia l’Ansa è stata la prima a impiegarla per trasformare i dati sul Coronavirus in grafici. I grandi giornali italiani però non stanno ancora dedicando risorse per la ricerca e sviluppo nel settore, invece oggi è più che mai necessario reinventare il giornalismo e l’AI è un aiutante che va sfruttato.”

La risposta di Bloomberg

John Micklethwait, caporedattore di Bloomberg News, in un evento su AI e giornalismo interviene a favore dell’Intelligenza Artificiale dichiarando: “Il problema non è mai Internet, ma piuttosto come le aziende rispondono a esso. Le abitudini delle persone sono cambiate repentinamente con la diffusione dei social media, e questo non può essere ignorato. Su Instagram le persone sono abituate a passare da una storia all’altra dedicando poco tempo a ognuna, il trend è il “faster and shorter” ovvero sono più efficienti tante brevi notizie che un lungo articolo di cui viene letto spesso solo il titolo. La personalizzazione delle notizie, resa possibile grazie alle nuove tecnologie di AI, si rivela uno strumento importante che permette ai lettori di trovare subito i contenuti di loro interesse senza dover perdere tempo a cercarli. Bloomberg per rimanere fedele alle nuove abitudini degli utenti imposte dai social come Instagram ha introdotto una nuova modalità di scorrimento delle notizie e un servizio (Bloomberg Daybreak) che invia agli abbonati una notizia da ascoltare al mattino secondo gli argomenti di interesse dell’utente.”

Il giornalismo è dovuto scontrarsi varie volte con i nuovi trend e la sopravvivenza delle testate deriva da un veloce adattamento cogliendo le potenzialità e accogliendo il cambiamento.

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Ambiente, società e tecnologia

La lotta contro lo spreco diventa di buon gusto

Nel mese di febbraio 2020 l’osservatorio Waste Watcher, per la settima Giornata Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, ha presentato un rapporto riguardante gli sprechi alimentari domestici degli italiani. Rispetto all’anno precedente lo sperpero di cibo cala per un ammontare annuale di un miliardo e mezzo. Un risparmio di alimenti consistente, ma non sufficiente: se aggiungiamo, infatti, la quantità che getta via la filiera produttiva, arriviamo ad un valore molto alto, che in un anno si aggira attorno ai 10 miliardi di euro.

Prendono forma come soluzione a questo problema alcune applicazioni che stanno emergendo in questi ultimi anni con l’obiettivo di incentivare il risparmio e il riciclo di vivande non vendute e non consumate. Queste app producono effetti virtuosi sia sotto un punto di vista ambientale che economico: permettono infatti ai venditori di non buttare prodotti che non sono stati comprati a fine giornata e al contempo consentono a potenziali consumatori di acquistarli a un prezzo molto agevolato. Non è finita qui: la loro mission accoglie anche il proposito di educare e sensibilizzare gli utenti riguardo alle gravi conseguenze ambientali e socio-economiche che può comportare lo spreco di cibo. Se le tonnellate di alimenti prodotti non venissero gettate, si potrebbe sfamare una parte considerevole di persone che ancora oggi soffrono di denutrizione ed evitare la perdita anche del cibo cestinato insieme a tutte le risorse necessarie per la produzione dello stesso.

Una applicazione che offre soluzioni sostenibili e innovative nel mondo della ristorazione e dei supermercati è TooGoodToGo, nata nel 2015 in Danimarca, che consente a chi lavora in queste due grandi realtà di mettere in vendita online il cibo non venduto e che a fine giornata andrebbe perso attraverso delle “Magic Box”.

I consumatori, attraverso pochi click, acquistano tramite l’app delle scatole di cui non conoscono il contenuto e che a sorpresa racchiudono dei pasti freschi e di buona qualità. Si va così creando una rete di venditori e compratori, che traggono vantaggio  dalla compravendita delle “Magic Box” e vengono sensibilizzati ai valori della condivisione, collaborazione e attenzione nei riguardi dell’ambiente che ci circonda: ogni “Magic Box” acquistata, infatti, evita l’emissione di 2 kg di Co2, che corrisponde alla quantità di gas serra che viene prodotta dal pasto quando anziché essere consumato, viene buttato.

L’Italia ha accolto TooGoodToGo in molte città ed il nostro paese a sua volta ospita incubatori di tante altre startup che si propongono di arrivare allo stesso scopo, cominciando dai ristoranti fino ad arrivare ai supermercati.

Con la stesso proposito di ToGoodToGo nasce Bring The Food, un’ app ideata nel 2012 dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento che vuole agevolare il recupero di eccedenze alimentari e destinarle a organizzazioni di volontariato, in modo da donarle a chi ne ha più bisogno.

Sulla scia dell’operato di TooGoodToGo nei supermercati, non si può non parlare di MyFoody, una applicazione italiana che permette a chi ne usufruisce di ricevere offerte su prodotti “difettosi” presenti giornalmente nei vari supermercati: beni che vengono cestinati per difetti riguardanti la morfologia del prodotto o che presentano una scadenza a breve termine.

Evitare lo spreco è anche sinonimo di prestare attenzione alle scadenze degli alimenti ed utilizzare tutto ciò che si compra. Questo è quello a cui puntano le piattaforme italiane Puccifrigo ed Eco dal Frigo. La prima ha come mission quella di aiutare i suoi utenti a ricordarsi delle scadenze dei prodotti che hanno acquistato. La seconda invece si propone di mettere a disposizione tantissime ricette per combinare gli alimenti che si hanno a casa, senza buttarli.

Sono degne di menzione Last Minute Sotto Casa e Ubo , un’altra app innovativa che in modi alternativi vuole accompagnare gli utenti in quello che è il percorso che comincia con l’atto di fare la spesa e termina con il consumo dei prodotti.

Queste sono alcune delle tante app che stanno mettendo in campo soluzioni innovative e sostenibili per combattere lo spreco alimentare. Tutti possiamo contribuire cambiando le nostre abitudini e prestando attenzione al mondo che ci circonda: consumare tutto quello che acquistiamo, donare e condividere con chi ne ha più necessità.

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Ambiente, società e tecnologia

Bookdealer: librerie indipendenti a portata di un click

Nell’immaginario contemporaneo per acquistare un libro andare in libreria non è più l’unica opzione ma una fra le tante disponibili. L’arrivo dell’e-commerce ha cambiato infatti il mercato di molti prodotti e tra questi abbiamo proprio i libri, definiti beni essenziali. Oggi sono innumerevoli gli store online che vendono libri ma da tutto questo ne sono rimaste escluse per un po’di tempo le librerie indipendenti.

La prima piattaforma di e-commerce in Italia a sostenere le librerie indipendenti è Bookdealer.

Nasce in un contesto culturale in cui non è sempre agevole recarsi nei punti vendita e si preferisce spesso acquistare libri sul web. Bookdealer si propone come un’ottima alternativa a colossi dell’e-commerce come Amazon.

Come funziona Bookdealer?

Questa piattaforma di e-commerce è semplice e veloce da usare e lo si può spiegare in due semplice mosse:

  1. Selezionare il punto vendita da cui si vuole effettuare l’acquisto tra una vasta gamma di negozi che si possono visitare virtualmente;
  2. Effettuare l’acquisto e la somma spesa andrà direttamente alla libreria scelta.

All’interno del sito è inoltre possibile scoprire i titoli più venduti, venire consigliati dalle recensioni degli utenti che acquistano all’interno della piattaforma e conoscere le iniziative sponsorizzate da ciascuna libreria.

In aggiunta, Bookdealer dà la possibilità ai propri clienti di regalare un libro a un’altra persona utilizzando la stessa cura che avrebbe l’acquirente.

Per usufruire del servizio bastano tre passaggi:

  1. Indicare l’indirizzo del destinatario in un apposito modulo;
  2. Spuntare il box “è un regalo?” al momento del check out;
  3. Scrivere il testo del biglietto per il regalo nel riquadro sottostante.

Che tipo di rapporto si crea tra libreria indipendente e cliente?

In una formula che la stessa piattaforma definisce Fast and Slow è possibile avere libri in meno di 24 ore proprio perché consegnati da librerie del territorio nel rispetto dei ruoli e della filiera.

L’elemento di forza che emerge non è solo la velocità “fast” ma soprattutto la qualità “slow” di un servizio che viene svolto da librai e libraie in carne ed ossa che hanno cura dei libri e dell’esperienza che portano al cliente.

Quindi se in vari altri e-commerce il libro viene slegato dal suo punto vendita di provenienza in quanto l’importante è solo che venga consegnato all’acquirente in tempo, Bookdealer regala consigli di persone vere vicine al cliente creando un rapporto a lungo termine che sostiene le librerie indipendenti.

Oltre al sito Web, Bookdealer ha una pagina Instagram dedicata al suo e-commerce, in cui è la voce delle librerie indipendenti a farsi sentire per informare i clienti sulle ultime loro novità.

Bookdealer si definisce facile, economico e veloce. Quindi, se vi siete mai trovati a pensare di non poter andare nella vostra libreria di fiducia, ora non avete davvero più scuse perché vi basta un click.

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Marketing & Social Media

Facebook Dating: la vittoria dell’amore virtuale?

Quest’anno più che mai ci siamo resi conto di quanto smartphone, Social Network e piattaforme virtuali siano influenti nelle vite di tutti noi e dell’importanza crescente che essi stanno assumendo nella creazione e nel mantenimento di rapporti sociali.

In periodo di lockdown e negli ultimi giorni, con la reintroduzione di severe restrizioni, per molti di noi, giovani e meno giovani, essi rimangono l’unica alternativa possibile al totale isolamento.

Proprio poche settimane fa, in data 22 ottobre, è approdata una new entry nel panorama italiano del colosso di Zuckerberg.

Si chiama Facebook Dating, e non si tratta propriamente di una novità: la funziona aveva già debuttato nel 2018 per il pubblico statunitense, e in seguito la sua versione beta è stata rilasciata in 20 paesi.

Secondo la Newsroom di Facebook, Dating vanta già oltre 1,5 milioni di “match”.

Ci troviamo allora di fronte ad un Cupido 2.0? Non proprio.

È semplicemente un’opzione aggiuntiva, interamente inglobata nel social, che in Italia è stata lanciata con l’obiettivo di “connettere le persone, anche restando a casa”.

Un’ottima mossa con un altrettanto ottimo tempismo. Si parla di Facebook Dating come primo competitor di Tinder, l’app d’incontri più conosciuta e utilizzata, ma anche quella che da sempre fa più discutere.

Avevamo bisogno di un’altra dating app?

Partiamo con una piccola premessa: il nome, sebbene rimandi agli appuntamenti, è puramente simbolico.

L’obiettivo di Facebook Dating vuole essere quello di connettere le persone, perfettamente in linea con la mission del social stesso, sfruttando il proprio potere per indirizzare gli utenti verso individui con caratteristiche simili.

Di fatto, è rivolta anche a persone che semplicemente vogliano fare quattro chiacchiere in amicizia, sfruttando il troppo tempo libero dovuto all’isolamento forzato.

Per questo motivo, non ci troviamo di fronte a profili ad impatto basati esclusivamente sull’aspetto fisico, né ingaggiati in una sterile attività di swipe left/swipe right.

Gli utenti, di fronte ad un profilo potenzialmente compatibile, sono incoraggiati a interagire con esso lasciando un commento o scrivendo un messaggio, iniziando una conversazione.

Molto interessante è il collegamento agli eventi e ai gruppi, che permettono di incontrare persone con passioni e interessi comuni.

In questo modo si vuole sempre incoraggiare uno scambio di interazioni che sia in qualche modo costruttivo, e non un “ehi!” echeggiante nel vuoto.

Per evitare approcci indesiderati e truffe, non sono consentiti link, video o transazioni di denaro.

L’interfaccia di personalizzazione del profilo si rivela essere inclusiva e molto dettagliata, dando la possibilità a tutti di esprimere sé stessi.

Troviamo anche le Stories, che assolutamente non potevano mancare. Come ben sappiamo, sono molto utili per raccontarsi e mostrare momenti della propria quotidianità in pochi secondi.

Per ridurre ancora di più la distanza tra le persone, vi è la possibilità di accordarsi e incontrarsi in un “Virtual Date” ossia una videochat, utile a rompere il ghiaccio e a mantenere quel poco di contatto umano rimasto.

La funzione Secret Crush, infine, permette di scegliere fino a nove profili presenti tra i propri contatti in maniera del tutto anonima. Se uno di essi ricambia l’interesse, allora si ha un match. Utile per dichiararsi alle cotte adolescenziali con le quali non si ha mai avuto il coraggio di fare il primo passo.

Quanto è sicuro tutto questo?

Facebook promette privacy assoluta: la funzione è intrinseca all’app, ma i profili rimangono separati. Questo significa che genitori, parenti, amici non sapranno mai della presenza di un utente all’interno dell’app, a meno che non si cambino le impostazioni.

Se ciò può evitare momenti di imbarazzo, c’è da domandarsi se e quale influenza avrà nei rapporti di coppia. Non essendo un’applicazione esterna, è più difficile da “scoprire” nello smartphone del proprio partner, rischiando di minare il rapporto di fiducia.

Non solo: per garantire la migliore esperienza possibile, Facebook raccoglie dati sempre più dettagliati, che contribuiscono a creare dei “tag” relativi all’utente e a proporre persone sempre più pertinenti secondo l’algoritmo.

Non vi è scopo di lucro, tanto che non vi sono inserzioni all’interno della piattaforma, ma possiamo essere sicuri che non verranno utilizzati in nessun modo?

Inoltre, quali possono essere le conseguenze dell’interagire solamente con persone simili a noi? Siamo già consapevoli degli effetti di polarizzazione che possono causare le piattaforme social, potrebbe questo rischio estendersi anche alla sfera personale? Una risposta ancora non c’è.

Nonostante tutto, può essere un modo come un altro per conoscere gente nuova, e l’ennesima strategia di Zuckerberg per tenere le persone il più possibile sulla propria piattaforma.

C’è anche una buona possibilità che si riveli essere un flop come molte altre app d’incontri: dipende sempre dall’utilizzo che ne fanno gli utenti, e dall’avere un pizzico di fortuna.

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Marketing & Social Media

Facebook Shops: vendere online attraverso Big-F

Il 19 maggio Facebook ha annunciato il lancio di Facebook Shops, i negozi virtuali a supporto delle piccole e medie imprese: un modo per avvicinare all’e-commerce la PMI dando una risposta concreta alla crisi.

Al negozio si accede dalle pagine Facebook e dai profili Instagram delle aziende, e la sua apertura è gratuita e intuitiva: i prodotti sono raggruppati in cataloghi visualizzati nella vetrina dedicata ai clienti. L’aspetto delle pagine è personalizzabile con immagini e colori, in modo da essere rispettosi dell’identity aziendale, facilmente riconoscibili e “friendly”.

Il cliente può ispezionare i prodotti e ovviamente condividerli sul proprio wall. L’ordine viene effettuato sul sito dell’azienda ma se la sede è negli USA c’è la possibilità di completarlo direttamente sui social media col pagamento tramite il servizio “Facebook Pay” o “Checkout on Instagram”. In un secondo momento si potranno utilizzare anche WhatsApp e Messenger, già usati per l’assistenza al cliente.

Un plus significativo è nelle possibilità di promozione, che approfittano ovviamente delle enormi possibilità dei social network della galassia Zuckerberg. Gli utenti possono scoprire i negozi tramite le stories e gli ADV personalizzati: inoltre, Facebook ha intenzione di migliorare la pubblicità rilasciando strumenti di ricerca come Instagram Shop ed integrando nuove funzionalità a servizi già attivi, come la possibilità di etichettare i prodotti durante le sessioni live di Facebook ed Instagram.

Il 19 maggio Facebook ha annunciato il lancio di Facebook Shops, i negozi virtuali a supporto delle piccole e medie imprese: un modo per avvicinare all’e-commerce la PMI dando una risposta concreta alla crisi.

Al negozio si accede dalle pagine Facebook e dai profili Instagram delle aziende, e la sua apertura è gratuita e intuitiva: i prodotti sono raggruppati in cataloghi visualizzati nella vetrina dedicata ai clienti. L’aspetto delle pagine è personalizzabile con immagini e colori, in modo da essere rispettosi dell’identity aziendale, facilmente riconoscibili e “friendly”.

Il cliente può ispezionare i prodotti e ovviamente condividerli sul proprio wall. L’ordine viene effettuato sul sito dell’azienda ma se la sede è negli USA c’è la possibilità di completarlo direttamente sui social media col pagamento tramite il servizio “Facebook Pay” o “Checkout on Instagram”. In un secondo momento si potranno utilizzare anche WhatsApp e Messenger, già usati per l’assistenza al cliente.

Un plus significativo è nelle possibilità di promozione, che approfittano ovviamente delle enormi possibilità dei social network della galassia Zuckerberg. Gli utenti possono scoprire i negozi tramite le stories e gli ADV personalizzati: inoltre, Facebook ha intenzione di migliorare la pubblicità rilasciando strumenti di ricerca come Instagram Shop ed integrando nuove funzionalità a servizi già attivi, come la possibilità di etichettare i prodotti durante le sessioni live di Facebook ed Instagram.

I Facebook Shops arriveranno a breve con nuove funzionalità. Non si sa con precisione quando ne quali aziende faranno il salto dall’e-commerce al social commerce, sicuramente potrà essere un’opportunità visto i numeri che ancora muove mensilmente Facebook: circa tre miliardi di utenti unici attivi sono un bel bacino da cui pescare nuovi clienti…

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Ambiente, società e tecnologia

Avi Schiffmann, il genio che ha rifiutato 8 milioni di dollari

Quando si parla di genialità non c’è pandemia che tenga: le menti più brillanti sanno sempre trovare modi per sorprendere. Molto spesso, sono le idee più semplici a garantire funzionalità e successo: è quanto accaduto ad Avi Schiffmann, uno studente di 17 anni che vive in Mercer Island nello stato di Washington, nord Ovest degli Stati Uniti.

Durante la quarantena, Avi ha progettato insieme al suo amico Daniel Conlon un sito web, ncov2019.live: una dashboard in grado di raccogliere i dati riguardanti il COVID-19 da tre diverse fonti, tra cui la World Health Organization (WHO) e il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), classificandoli per continente, nazione e regione, facilitandone la comparazione perché visualizzabili su una mappa.

Un’idea semplice, efficace e molto attuale, che ha subito attirato l’attenzione del pubblico… e non solo. Il valore attuale di è di circa 8 milioni di dollari e dal giorno della sua pubblicazione ad ora ha già registrato circa 700 milioni di utenti unici. Il ragazzo ha rifiutato qualsiasi offerta di lavoro, anche da Microsoft, oltre a tutte le offerte d’acquisto, giustificandosi con una motivazione molto nobile: «Non sono uno speculatore, questo tipo di guadagni non mi interessano».

D’altronde, Schiffmann ha scelto di rendere il sito completamente ad-free, mantenendolo con piccole donazioni offerte dagli utenti, che possono letteralmente offrire un caffè cliccando sull’apposito bottone (che recita, appunto: “Buy Me A Coffee”).

Su Ncov2019.life è possibile consultare una mini “Wikipedia” sul Covid-19, con tutte le indicazioni di cos’è e come si manifesta il coronavirus, quali miti sono da sfatare, come capire se si è infetti e quali sono gli aggiornamenti sullo sviluppo di un vaccino. E se si vuole sapere qual è il proprio tasso di sopravvivenza, Schiffman ha addirittura programmato un calcolatore, che conoscendo l’età, sesso e particolari problemi di salute riesce a prevedere qual è la probabilità di morire di Covid-19.

Un lavoro di altissimo livello, insomma, che si è meritato l’attenzione della stampa.

In un suo tweet ha ringraziato tutti per il supporto e ha promesso che non aggiungerà mai sponsorship indesiderate, pop-up e pubblicità di ogni tipo, lasciando anche un augurio:

«Molti mi dicono che rimpiangerò questa decisione, ma ho altri piani per il futuro. Spero che strumenti come questo vengano creati direttamente dall’Organizzazione mondiale della Sanità. La responsabilità di creare questi ‘tool’ non dovrebbe essere nelle mani di un ragazzino a caso, ma delle persone che si occupano per lavoro di statistica».

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Economia, StartUp e Fintech

Childfood: un esempio di Crowdfunding.

Nelle settimane scorse vi abbiamo parlato del Crowdfunding: il viaggio continua con una piccola carrellata dei progetti più curiosi sulla Rete.

Il primo che vi presentiamo è Childfood, un libro di cucina per bambini di età indicativa tra 5 e i 13 anni,  ideato da Luca Scarcella, classe ’89, giornalista investigativo e appassionato di innovazione e digitale.

Il libro contiene 23 ricette proposte da grandi chef celebri in tutto il mondo che hanno messo a disposizione la loro arte culinaria  per il progetto. Per citarne alcuni, l’italiano Massimo Bottura, l’indiano Gaggan Anand, il russo Vladimir Mukhin, la francese Dominique Crenn, l’argentino Francis Mallmann e il peruviano Virgilio Martinez.

Childfood, oltre a contenere le ricette e le storie sull’origine delle materie prime più usate in cucina, presenta illustrazioni  e disegni basate sulle storie  da completare e colorare.  Gli artisti che hanno contribuito alla realizzazione dei contenuti illustravi sono Pascal Campion  che ha lavorato per realtà come Dreamworks, Disney e Warner  Bros, e Nikkolas Smith diventato noto per il ritratto commemorativo di George Floyd.

Il progetto è in questo momento disponibile sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter. La campagna, partita il 16 Giugno scorso alle 14.30, dopo pochi minuti  è stata inserita nella home page come “Project we love”(Il progetto che amiamo) per l’innovatività che esso presuppone.

Abbiamo contattato Luca Scarcella in esclusiva per iWrite che ci ha raccontato: “È una cosa che mi riempie di orgoglio. Questo riconoscimento spetta ai prodotti più innovativi e ritenuti interessanti”.

Childfood rappresenta uno strumento di educazione e divertimento grazie anche alla possibilità per i bambini creare una serie di ricordi positivi con i genitori e con i fratelli in cucina.

Ma  Childfood sarà un progetto che supporterà due cause benefiche –racconta Luca– grazie alla partnership con Charity:Water , no-profit leader mondiale in progetti di purificazione dell’acqua, ogni 5 libri venduti, verrà portata acqua pulita ad un bambino in più.”

Non solo: “Il progetto supporta anche un’altra grande causa benefica grazie alla collaborazione con Share the Meal, progetto del World Food Program. Tramite la scannerizzazione di un QRCode presente nel libro sarà possibile unirsi al team di Coolinary Explorers e donare 40 centesimi per sfamare un bimbo in una sola giornata”.

Insomma, un’idea creativa, che declina molto bene un trending topic come il food, e ha anche degli effetti positivi sulla collettività.

Il crowdfunding che ci piace… In attesa del prossimo progetto!

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Ambiente, società e tecnologia

A proposito di Diritto della Rete: intervista ad Alessandro Vercellotti, #AvvocatoDelDigitale

Quante norme bisogna conoscere per avviare un business sul web? E quali sono le cose che bisogna assolutamente sapere per capire come rispettare la legge per lavorare online?

Per rispondere a queste domande, abbiamo pensato di rivolgerci a un “esperto del settore”: Alessandro Vercellotti meglio conosciuto come Avvocato del Digitale e fondatore di Legal For Digital, il primo studio legale italiano incentrato sul Diritto Digitale e rivolto a realtà aziendali, professionisti e agenzie di marketing. Come Business coach e relatore ad eventi di settore, Alessandro lavora per sensibilizzare l’opinione pubblica su rischi e opportunità del rapporto fra legge e web.

Il risultato è stata una chiacchierata molto interessante su regolazione del web e possibili future modifiche alle attuali norme, la gestione dei dati sensibili e anche qualche consiglio utile per chiunque volesse intraprendere il suo  stesso percorso.

Buongiorno Alessandro, e grazie per aver accettato l’invito di iWrite.

Grazie a voi e buongiorno a tutti i lettori!

Partiamo da una domanda generale: oggi il digitale è altamente regolamentato: quali sono state le ragioni per cui si è arrivati a normare così tanto l’utilizzo di questo media?

Il mondo del web spesso era visto come un mondo a parte, nel quale le regole del mondo off-line non esistevano. In realtà non è così e anzi spesso la portata di certi comportamenti online è ancora più grave, basti pensare alla diffamazione che se effettuata sui social network diventa di default una diffamazione aggravata proprio per il numero di potenziali utenti ai quali si comunica. Poi è altrettanto vero che la natura stessa del digitale ha portato la necessità di definire regole specifiche per questo mondo come in ambito di commercio elettronico o normativa privacy

GDPR: cosa è cambiato secondo te con l’introduzione di questa norma? Lo scenario del web è migliorato oppure no?

Il Gdpr è una normativa che ha del rivoluzionario per l’importanza nella cura dei dati personali degli utenti, tuttavia ad oggi tanti siti risultano ancora non rispettarla appieno. Si può vedere queste situazione come un limite oppure come un’enorme opportunità che deve essere colta da tutti per un mondo online più corretto e con minori rischi. Inoltre per le aziende, dati personali degli utenti possono essere un nuovo modo di monetizzare se tutto viene fatto a norma di legge e quindi i dati vengono trattati in modo corretto.

Diversi report ci indicano come la privacy sia diventata una delle priorità per gli utenti del web: secondo te come mai?

Penso che i cittadini stiano capendo quanto siano importanti i loro dati e anche che valore abbiano. È un processo di apprendimento molto lungo ma inesorabile e il futuro sarà sempre più data centric. Anche i big del web ci insegnano che oggi i business più profittevoli sono legati alla gestione/cessione dei dati e gli iscritti ai social network o alle piattaforme online hanno compreso che tanti servizi “gratuiti” prevedono attività di marketing legate al trattamento dei loro dati personali.

La consapevolezza dell’esistenza di un tema legato alla gestione del “dato” online è emersa anche nel lancio dell’app Immuni: a tuo parere, le persone sono consapevoli di quante cose lasciano online?

Se da un lato la soglia di consapevolezza e attenzione sul concetto di gestione dei dati sta aumentando, dall’altro penso che tanti utenti oggi non abbiano idea di che tipo di dati personali siano davvero trattati dalle aziende. Queste ultime spesso non trattano il nome e cognome dell’utente facendo una pubblicità specifica verso di lui ma intrecciano i dati raccolti sul proprio sito web con quelli delle piattaforme social per raggiungere quel risultato. Allo stesso modo quando l’utente contatta un’azienda con la propria mail personale non sta autorizzando quest’ultima a trattare quel dato per mandare comunicazioni commerciali.

A proposito di norme e dati: si discute di un Decreto Legge, a firma del senatore Simone Pillon, per limitare l’accesso ai contenuti per adulti online. In termini legali non è una limitazione alla libertà personale?

Questa tipo di proposta mi sembra tanto una mossa politica che avrà poco di reale. Per fortuna non viviamo in una realtà nazionale con diritti limitati e quindi penso che azioni come questa avranno poco seguito. Oltre tutto il mondo del web ci insegna che imposto un limite, anche logico e corretto, spesso viene trovato un modo per eluderlo. Tutto ciò potrebbe avvenire questo anche in caso di limitazione all’accesso dei contenuti per adulti che oggi hanno una tale importanza online.

Quali sono le principali cose da sapere quando si vuole lanciare un business online, in termini di leggi e norme?

Prima di tutto il web è reale e ha delle regole (normative) come il mondo offline. Poi bisogna pensare alla fattibilità legale del business perché ci possono essere normative specifiche che limitano certe attività e ancora dobbiamo pensare al trattamento dei dati personali degli utenti (normativa privacy/Gdpr). Se si tratta di un business che preveda la vendita online di prodotti e/o servizi sono fondamentali dei termini e condizioni di vendita e quindi va considerato il Codice del Consumo e il Decreto sul Commercio elettronico.

Lasci un consiglio a chi studia giurisprudenza e vuole seguire le tue orme di “avvocato del digitale”?

Uscite dagli schemi o dal “l’unica strada è quella già scritta”. Scegliete il vostro sogno e cercate la vostra strada per raggiungerlo!

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Marketing & Social Media

Bonus vacanze: soluzione per l’economia italiana o un’ulteriore complicazione?

Dal 1 luglio è possibile fare domanda per ottenere il Bonus vacanze, o Tax credit vacanze, il contributo che potrà permettere a molti italiani di andare in vacanza anche affrontando la crisi economica post-COVID.

Il bonus può essere una giusta soluzione per la ripresa economica italiana: il turismo è un settore preziosissimo per la nostra economia, offre moltissimi posti di lavoro e garantisce notevoli entrate di denaro sia allo Stato che ai privati; uno stimolo strategico per il, sistema Paese.

È un dato di fatto che con l’epidemia, l’Italia rischia di perdere gran parte dei proventi che ogni anno riceve da turisti italiani e stranieri, circa il 13% del PIL nazioanle; secondo una stima iniziale della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media (CNA) il settore turismo potrebbe subire una contrazione dei ricavi del 73%, con una perdita circa di 40 miliardi.

Anche per questa ragione il governo, e in particolare il Ministero per i Beni, le Attività culturali e per il Turismo, ha proposto che il bonus vacanze si possa utilizzare fino alla fine del 2020. Per supportare la misura sono stanziati fondi limitati fino a 2,4 miliardi di euro: una cifra decisamente importante.

Ma come funziona? Come si può usufruire di tale risorsa?

 

Il Bonus vacanze si potrà spendere in strutture turistiche aderenti all’iniziativa come alberghi, campeggi, villaggi e B&b; il contributo sarà diviso in tre categorie, differenti per numero di componenti del nucleo famigliare:

  • Se la famiglia è composta da 3 o più persone potranno godere di 500 euro.
  • I nuclei composti da 2 persone otterranno 300 euro.
  • Le persone singole potranno avere 150 euro.

Il richiedente dovrà avere un ISEE (l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente) inferiore ai 40.000 euro. Il Bonus potrà essere richiesto solo una volta da un componente della famiglia e potrà essere utilizzato da un qualsiasi membro del nucleo famigliare, anche diverso dal richiedente, in un arco di tempo che va dal 1 luglio al 31 dicembre 2020, nelle strutture aderenti all’iniziativa in Italia; non sarà utilizzabile infatti in località e stabilimenti turistici all’estero.

Non si deve fare l’errore di credere che l’ammontare del Tax credit verrà assegnato in toto con la stessa modalità o in denaro effettivo: il bonus sarà infatti diviso in due percentuali, con diverse caratteristiche. L’80% dell’ammontare sarà sotto forma di credito al momento del pagamento presso la struttura turistica, mentre il restante 20% sotto forma di detrazione nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo.

È proprio questo aspetto che ha scatenato molte critiche da parte sia di richiedenti che di operatori turistici. Questi ultimi hanno bisogno di liquidità in questo periodo di estrema crisi e il bonus vacanze rischia di non essere la risposta giusta: l’80% dell’ammontare sarà anticipato proprio dai fornitori del servizio, già in carenza di denaro, che, solo successivamente, potranno poi chiedere il rimborso sotto forma di credito d’imposta, quindi attraverso una riduzione delle imposte da pagare successivamente allo Stato.

Dal punto di vista dei clienti, i dubbi sono per il sistema di prenotazione: per poter sfruttare del bonus, il beneficiario dovrà chiedere direttamente alla struttura ricevente se è disposta ad accettare tale strumento, oppure affidarsi a tour operator o agenzie di viaggi, escludendo però le piattaforme intermediarie di prenotazione, come Booking o Air Bnb.

Per facilitare la ricerca alle persone, Italyhotels offre agli utenti la lista di tutti gli hotel e località turistiche disposte ad accettare il bonus vacanze facenti parte di Federalberghi, organizzazione nazionale che maggiormente rappresenta gli albergatori italiani.

Perché il tax credit venga riconosciuto al momento del pagamento ci sono le seguenti regole standard da seguire:

  • il bonus dovrà essere utilizzato in un’unica soluzione
  • il corrispettivo totale dovrà essere documentato da fattura elettronica o documento commerciale in cui viene indicato il codice fiscale del soggetto che utilizza il credito
  • il pagamento dovrà essere effettuato senza l’utilizzo di intermediari, come piattaforme o portali telematici, diverse da agenzie di viaggio e tour operator.

Dal punto di vista pratico il richiedente ed il fornitore del servizio cosa devono fare?

 

L’utente dovrà scaricare sul proprio smartphone l’app “Io”, messa a disposizione da PagoPa; una volta scaricata l’applicazione si dovrà fare il login attraverso la propria identità SPID, identità digitale attraverso la quale l’utente può godere di determinati servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione, o CIE (Carta d’Identità Elettronica) ed attivare la funzione “Bonus vacanze”.

La richiesta sarà poi esaminata da PagoPa, in collaborazione con l’INPS, assicurando che il richiedente soddisfi tutte le condizioni per le quali possa ottenere il Bonus vacanze; nel caso in cui queste venissero a mancare, il richiedente dovrà aggiustare quegli errori che gli vengono fatti notare e ripresentare domanda, con le stesse modalità della precedente.

Nel momento in cui viene accetta la richiesta, verranno inviati dei codici QR ed un codice univoco che dovranno essere utilizzati nel momento in cui il cliente vorrà godere dello sconto; i codici non dovranno essere stampati ma si utilizzeranno online attraverso smartphone o tablet, semplicemente mostrandoli all’hotel o struttura ricevente.

Il fornitore del servizio invece che procedura deve seguire?

Una volta ricevuto il codice dal cliente, applicherà lo sconto al richiedente e dal giorno successivo potrà presentare domanda, attraverso il modello F24 – documento attraverso il quale il contribuente effettua il pagamento di tributi, contributi e premi – per recuperare lo sconto concesso.

Il credito recuperato potrà essere utilizzato in due modi: come detrazione di imposta oppure potrà essere ceduto a banche o enti finanziari, ottenendo liquidità.

Dal momento in cui era possibile richiedere il bonus vacanze, secondo quanto riporta il Mibact in un suo comunicato stampa, sono stati erogati più di 140.000 bonus vacanze per un valore superiore ai 67 milioni di euro; già più di 450 nuclei famigliari lo hanno utilizzato presso le varie strutture turistiche e sembra che molti altri dovranno far domanda.

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Ambiente, società e tecnologia

Sbarca in Italia “Chi è il padrone?”: i consumatori decidono qualità e prezzo del cibo in tavola

Sono tanti gli esperimenti in cui i consumatori tentano di mettersi “in proprio” e definire come e cosa produrre. L’ultimo arriva dalla Francia, dove “C’est qui le patron?”, l’associazione francese nata nel 2016 dall’idea di due imprenditori -Nicolas Chabanne e Laurent Pasquier- sta completamente cambiando le carte in tavola del mercato agroalimentare e si candida per diventare un nuovo modo di intendere il consumo nel food & beverage.

L’obiettivo di “C’est qui le patron?” è molto ambizioso: quello di trasformare i consumatori in attori attivi, permettendo loro di poter partecipare alla creazione, selezione, produzione e controllo della fornitura di prodotti alimentari. Il metodo vede al centro di tutto chi compra: i consumatori iscritti all’associazione sono coinvolti democraticamente nella definizione delle caratteristiche organolettiche che dovrà avere il prodotto, la provenienza, il prezzo, e possono così renderli più equi, sostenibili in tutta la filiera di produzione e più trasparenti, soprattutto relativamente al metodo di produzione e nel rispetto di tutti i produttori e lavoratori coinvolti.

Dopo il latte (da cui tutto è partito) sono arrivati sulla piattaforma di “C’est qui le patron?” altri prodotti come burro, uova, formaggio, pizza e carne, e molti altri sono in fase di definizione. L’associazione gestisce il brand e definisce le procedure di controllo presso i fornitori e i distributori per verificare che siano rispettate le caratteristiche definite. Vengono inoltre effettuati controlli di qualità direttamente presso i fornitori e controlli sull’effettiva applicazione del giusto prezzo da monte a valle.

Tutto avviene su una piattaforma online (in Francia è stata rilasciata da poco anche una app per smartphone) attraverso la quale i membri possono proporre i prodotti da sviluppare, la loro composizione, determinando il prezzo finale del prodotto per garantire una giusta remunerazione ai fornitori.

Con questo sistema produttivo i costi di pubblicità sono azzerati e la piena tracciabilità è garantita, oltre che la sicurezza di un consumo sostenibile e sicuro.

Il movimento nasce in risposta alla stretta praticata dai rivenditori sui fornitori per via della concorrenza spietata, che li porta spesso ad accettare prezzi irrisori per i loro prodotti.

Per Nicolas Chabanne “C’est qui le patron?” non è “la prima volta” nel settore: precedentemente aveva fondato “Les Gueles cassées” per favorire la vendita di prodotti ortofrutticoli meno ‘perfetti’, ma con poco successo. Successivamente la sua attenzione si sposta dunque sul latte: il settore lattiero caseario attraversava una grave crisi nella regione della Bretagna, e Nicolas lancia l’idea di un prezzo del latte equo per permettere una giusta remunerazione ai produttori lattieri.

C’est qui le patron?, la marca del consumatore è stata insomma la logica conseguenza dell’intuizione, tanto che in poco tempo è diventato il quarto brand di latte in Francia vendendo milioni di litri oltre le aspettative iniziali in poco tempo.

Il principio sta avendo così tanto successo che ormai si sta estendendo in tutta Europa: sono otto finora i Paesi (tra cui l’Italia) dove “C’est qui le patron?” è approdato questo anno con almeno un lancio di un prodotto negli scaffali dei supermercati aderenti il 25 giugno.

In Italia il prodotto interessato dal lancio è stata ovviamente la pasta. La produzione è stata affidata al pastificio Sgambaro, azienda veneta che soddisfa tutti i requisiti decisi dai consumatori e condivide a pieno i valori degli stessi.

La pasta del consumatore infatti è prodotta utilizzando farina di grano duro coltivato in Italia da agricoltura sostenibile mediante la trafilatura al bronzo, è prodotta con il 100% di energia verde e la confezione è realizzata con carta riciclabile in fibra vergine. L’azienda si rifornisce direttamente presso dagli agricoltori grazie al mulino integrato all’interno dell’azienda stessa. Il prezzo equo stabilito è al massimo di €1.07 di cui €0.005 saranno destinati all’aumento della capacità di produttiva dell’agricoltura biologica.

Il prezzo di questi prodotti è generalmente sopra la media, ma come ha sottolineato il fondatore Nicolas Chabanne in un’intervista su Hebdo Com i prodotti di C’est qui le patron? non hanno un prezzo alto, bensì, giusto.

Non ci resta che diventare consumatori attivi e decidere sulla piattaforma “Chi è il padrone?”.

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Marketing & Social Media

Bnb Working Spaces: le case vacanza si trasformano in uffici diffusi

Avevamo cominciato ad abituarci al modello turistico basato su Airbnb: ma sul lavoro, poteva essere importato? Probabilmente la risposta è sì, grazie all’idea dell’ufficio diffuso. Cosa sono? In poche parole: le case vacanza vengono adattate al concetto di intelligenza diffusa negli oggetti e spazi di uso quotidiano e arredate sfruttando la tecnologia per fornire il migliore comfort individuale.

Ma come ha fatto l’ufficio diffuso ad arrivare nelle case?

L’emergenza COVID-19 ha portato molte aziende ad adottare la modalità di lavoro agile (o smart working) che permette ai dipendenti di lavorare in assenza di vincoli orari o spaziali.Tuttavia è diventato sempre più difficile conciliare la vita familiare con quella lavorativa.

La pandemia ha scompaginato ancor di più carte, sconvolgendo il settore turistico e obbligando a rivedere i propri modelli di business.  Piattaforme come Airbnb, ad esempio, ha dovuto prendere decisioni drastiche per affrontare la crisi.

È qui che nasce l’idea di Roberta D’Onofrio per dare nuova vita alle case vacanza di Roma: Bnb Working Spaces.

Questa startup permette agli smart worker di affittare case dotate delle principali attrezzature per garantire un lavoro agile sempre più efficiente.

Tra le dotazioni fornite abbiamo: spazi computer friendly, connessioni Wi-Fi ad alta velocità, sedie ergonomiche e sistemi di self check-in per consentire accessi contactless in totale autonomia e sicurezza.

Il target su cui lavora Bnb Working space sono quei lavoratori che possano muoversi agilmente e abbiano bisogno di un luogo che venga incontro alle sue esigenze lavorative. Nello specifico tra le varie figure professionali segnalate sul sito della piattaforma abbiamo in particolare manager e liberi professionisti, ma ad essere potenzialmente interessanti possono essere anche interi team di lavoro aziendali.

Mercoledì 17 giugno Gianpaolo Vairo (professionista con più di 12 anni di esperienza nel settore dell’ospitalità extra alberghiera) ha intervistato la fondatrice di Bnb Working Spaces durante un webinar di HOST B2B.

Nell’intervista, Roberta D’Onofrio ha descritto com’è nata l’idea della sua piattaforma.

Per spiegarlo si è servita del video che mostra il docente Robert E. Kelly durante un collegamento da casa con la BBC in cui suoi figli irrompono nella stanza.

La D’Onofrio da questo video ha capito che si doveva pensare a un modo per dare ai lavoratori un luogo in cui svolgere la propria professione senza essere interrotti da un evento inaspettato: durante il periodo di quarantena sono molti i fenomeni di videobombing, cioè l’apparizione di individui che non sarebbero dovuti essere parte del video. Bnb Working Spaces non solo salva le entrate delle case vacanza ma anche gli smart workers da eventi particolarmente divertenti tuttavia spiacevoli per i diretti interessati.

Ma Airbnb potrebbe prendere spunto da questa idea e tagliare fuori la D’Onofrio?

Secondo la fondatrice la chiave contro la possibile concorrenza è la qualità.

Prevede in futuro di creare un network in cui rimarrà in collaborazione con i migliori nel settore dell’arredamento tech e dell’organizzazione di video conference.

Ultimamente le sono anche arrivate richieste di case per vivere e non per lavorare. La D’Onofrio vede qui l’opportunità di allargare il target della sua offerta.

L’idea sembra buona: e voi, siete pronti per andare in vacanza per… lavorare?