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Le imprese: insiemi di individui che svolgono la propria attività in un intreccio di visioni, strategie e azioni, al fine di produrre e distribuire beni e servizi.

Il loro impatto, tuttavia, va ben oltre: sono il cuore pulsante dell’economia globale, le forze motrici di un mondo in costante movimento e una parte integrante della nostra società, in quanto influenzano, con le proprie mosse, la sua stabilità sia economica che sociale.

A esaminare da vicino il ruolo delle imprese nell’ecosistema economico fu, nel 2010, un articolo alquanto critico, denominato “how the enterprises trashed the economy” (trad. “Come le imprese hanno distrutto l’economia”), pubblicato sulla rivista The Economist e firmato dal rinomato economista, professore e scrittore canadese Henry Mintzberg. La sua analisi era incentrata, in realtà, sulle imprese americane.

Nel corso del tempo si sono susseguite numerose teorie economiche volte a risanare i problemi derivanti dalla mala gestione dell’economia americana. Secondo Mintzberg l’errore primario sarebbe da cercare all’interno delle imprese stesse, che hanno creato il più grande problema che permea l’economia moderna. Ma andiamo con ordine.

 

Lo scandalo delle compensazioni esecutive

 

Le dinamiche del mondo aziendale vedono le imprese e i leader agire da attori principali e gli economisti assumere il ruolo di osservatori. Mintzberg, nel suo articolo, ritiene impossibile assumere che tutti i leader abbiano, nel corso del tempo, un comportamento corretto e ciò rappresenta, sia nel breve che nel lungo termine, un danno consistente.

In molti casi, gli amministratori delegati e altri dirigenti aziendali delle più grandi imprese statunitensi hanno ricevuto dei compensi e dei bonus astronomici, spesso sproporzionati rispetto alle prestazioni effettive dell’azienda: generose stock-option (cioè possibilità di acquistare azioni dell’azienda a un prezzo inferiore rispetto al valore di mercato), bonus in denaro e incentivi basati sulle performance.

Negli Stati Uniti il concetto di leadership è, ormai, ampiamente consolidato.

Ma se la leadership consiste nel trasmettere segnali positivi che coinvolgono tutte le altre persone nell’azienda, qualsiasi CEO disposto ad accettare un pacchetto di compensi esclusivi non può essere considerato un leader. E, se è vero che “un pesce marcisce dalla testa” (come vuole un vecchio detto), allora anche in economia deve valere l’assunzione in base alla quale le cause di malcontento di un subordinato devono essere cercate, in molti casi, tra coloro che occupano posizioni di maggiore responsabilità.

Al contrario, la realtà vuole che a subirne le conseguenze siano i dipendenti: mentre i dirigenti si avvantaggiano di compensazioni sempre più esose, i lavoratori sono costretti a lottare per mantenere dei salari dignitosi e delle condizioni di lavoro quantomeno adeguate. Le conseguenze, inoltre, non sono limitate all’aumento di divari e disuguaglianze all’interno delle aziende, ma anche a un impatto negativo sull’efficienza e sulle prestazioni complessive delle imprese stesse: quando i dirigenti sono incentivati principalmente dal raggiungimento di obiettivi finanziari a breve termine, possono essere portati a fare scelte che danneggiano la stabilità a lungo termine dell’azienda.

E tutto ciò si traduce, molto spesso, in licenziamenti di massa e fallimenti.

 

Il grande problema dell’economia

Se il CEO è l’incarnazione stessa dell’azienda, allora gli altri sono ridotti a meri numeri da tagliare alla minima flessione dei risultati finanziari. Ma i licenziamenti massicci delle “risorse umane”, volti a salvaguardare i costi, rappresentano davvero una soluzione valida? Il costo di questi licenziamenti, poi, è tangibile: si riflette non solo sull’etica aziendale, ma anche sui lavoratori e sui middle manager oberati, poco apprezzati, scoraggiati e stanchi.

Il problema risiede nei leader che restano in cima, senza scendere tra le fila e senza calarsi nella realtà operativa dell’azienda.

Chi tra gli alti dirigenti delle banche e delle compagnie di assicurazioni fallite sapeva davvero cosa stesse succedendo quando hanno rischiato il futuro delle loro imprese?

 

IKEA: un’azienda solida?

 

Un’azienda robusta non è una collezione di risorse umane, ma è una comunità di esseri umani. L’efficacia di una strategia aziendale non deriva tanto da un processo decisionale che si origina dall’alto, quanto piuttosto da un processo di apprendimento che può emergere da qualsiasi angolo dell’azienda.

Ma quante, tra le grandi aziende americane, possono davvero vantare una simile solidità? La chiave del successo di IKEA, ad esempio, sta nell’offerta di mobili non assemblati ma facilmente trasportabili: si tratta di un’idea nata da un lavoratore che, per far entrare un tavolo nella sua auto, ha dovuto rimuoverne le gambe. Questa persona non è stata né scoraggiata né ridimensionata dalla leadership aziendale.

Quando le persone all’interno di un’azienda sono trattate con rispetto e ricevono il giusto riconoscimento da una leadership impegnata nel coinvolgere tutti, si crea un legame autentico con i prodotti, i clienti e l’intera strategia aziendale.

È questo tipo di coinvolgimento genuino a fare la differenza.

Nel caso degli impiegati delle banche e delle compagnie di assicurazioni fallite, gli si chiedeva se fossero realmente coinvolti e interessati alle attività aziendali, proprio come lo era la loro leadership?

 

Aziende esploratrici e aziende sfruttatrici

Per Mintzberg esistono due vie fondamentali per far salire il valore delle azioni: l’esplorazione e lo sfruttamento.

Le aziende che esplorano raggiungono quest’obiettivo attraverso una ricerca accurata, la creazione di prodotti migliorati e un servizio superiore; si tratta di un percorso impegnativo, che richiede tempo e dedizione.

D’altra parte, le aziende che sfruttano scelgono una strada più agevole: deprezzano il valore del marchio, riducono gli investimenti in ricerca, confondono i clienti con prezzi ingannevoli e cercano di muoversi sempre al limite della legalità, spingendo i politici per ridurre il livello delle normative. Questi comportamenti possono far aumentare il valore delle azioni per un periodo sufficiente a consentire agli esecutivi di incassare i propri bonus e trasferirsi altrove, com’è accaduto in molte delle grandi aziende americane.

 

Qual è la soluzione?

La critica di Mintzberg parte proprio dall’assunzione che se ad aver portato le proprie imprese sull’orlo del baratro sono stati i leader aziendali, la soluzione ai problemi sarebbe dovuta arrivare da loro e non dalle teorie economiche, le quali, come detto, provengono dagli economisti, cioè dei meri osservatori.

Il comportamento delle imprese rischia di trasformare il loro ruolo all’interno della società: da motori di crescita e innovazione a macchine orientate esclusivamente al profitto a breve termine.

È fondamentale porre l’accento su una leadership aziendale autentica e responsabile: i dirigenti non devono essere solamente gestori di sé stessi, ma delle guide in grado di ispirare e coinvolgere l’intera organizzazione verso degli obiettivi comuni.

Solo così le imprese potranno recuperare quel senso di solidità e intraprendenza che le ha caratterizzate in passato, contribuendo così a una crescita economica più equa e sostenibile per tutti.

 

Fonti:

The Economist: Henry Mintzberg on how the enterprises trashed the economy

Abuso di compensazione esecutiva

Il successo di IKEA