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La società moderna, come afferma lo stesso Zygmunt Bauman (sociologo e filosofo del lavoro e della modernità), è come “un mondo che cambia continuamente, rifiutando la verità della conoscenza esistente“.

 

Ne consegue che tale visione interessi anche la sfera lavorativa stessa, al punto che “l’etica del lavoro si svuota del proprio significato, tanto che si perde l’attenzione nei confronti del lavoratore e a sua volta il capitalista viene divorato dal meccanismo della competizione“.

 

Per capire come si è giunti a questo risultato “globale” e così comprendere le dinamiche dietro il cambiamento del settore lavorativo, di seguito verranno analizzati i processi economici, politici e sociali che hanno interessato l’uomo nel momento in cui si è costituito in gruppi di persone.

 

 

In principio: la causa

 

Il periodo interessante per il ragionamento sociologico in atto, si può far risalire a quando gli uomini iniziarono a stabilire delle gerarchie “territoriali” (in base alla supremazia intellettuale o fisica) e a costituirsi in società (per prevenire rappresaglie con uomini dello stesso luogo). Iniziano a condividere le stesse paure e gli stessi pensieri, pena l’esclusione dal gruppo. La paura di cui si parla è quella “cosmica“, coniata dal filosofo russo Michail Bachtin. Si tratta di una paura che nasce in funzione dei limiti umani (cognitivi e pragmatici) e dei fenomeni naturali (ancora inspiegabili); condizioni che innescano reazioni o necessità di sicurezza nelle coscienze degli uomini, appoggiandosi ai poteri forti, gli unici in grado di trovare delle soluzioni ad hoc (anche se la soluzione è plasmare le loro menti e obbligarli a vivere in situazioni di restrizioni).

 

È lo stesso principio su cui viene costruito il paradigma del taylorismo: non a caso la sua attuazione nel campo dell’industria porta il nome di fordismo (ove la stabilità economica, tra l’altro, è ritrovata nel maggior legame tra capitale e lavoro).

 

Ma è proprio la catena di montaggio, questa innovazione tecnologica, a preannunciare l’inizio di uno sviluppo del terziario inarrestabile. Il passaggio dalla modernità alla postmodernitàa causa della globalizzazioneporta con sé nuovi cambiamenti ma anche nuove necessità: “La compressione dell’obbligo spazio e del tempo racchiude le multiformi trasformazioni che stanno investendo le condizioni dell’uomo oggi“.

 

In conclusione: l’effetto

 

E dato che l’uomo si deve adeguare agli avvenimenti che si susseguono e alle possibilità desiderate o meno che l’interazione con l’estero può dare, si aziona una gara al migliore. Da un punto di vista sociale e psicologico si passa anche ad una “paura ufficiale” ovvero ad una paura progettata e costruita a misura d’uomoper portarlo all’individualismol’uomo ha perso ed è stato privato di ogni punto di riferimento, si sente vivere in uno stato di rischio perenne e senza alcuna tutela degli organi preposti.

Per mantenere viva questa paura, viene concessa una libertà mai assaporata prima: i lavoratori, nel caso in esame, diventano arbitri liberi ovvero uomini responsabili della risoluzione di problemi generati da circostanze in continuo cambiamento e responsabili, quindi, delle scelte che ne deriveranno. Una forma di libertà mai assaporata prima, una forma di libertà che viene vista anche come un nuovo modo per mantenere viva la paura ufficiale.

E ovviamente non esistono ricette che sia possibile seguire e che consentano di evitare errori o a cui sia possibile attribuire la colpa in caso di insuccesso.

 

Tutto questo porta alla nascita di lavoratori precari, di “elementi” più facilmente sostituibili nel sistema economico; di conseguenza, non vi è alcun motivo di sviluppare un attaccamento al lavoro o di instaurare rapporti duraturi con i colleghi. Anche le abitudini e i ricordi passati devono venir meno. Devono sempre mutare il ruolo, avere capacità di learning ability; infatti, secondo il report del 2020 del World Economic Forum i lavoratori si sarebbero visti costretti a fare azioni di upskilling e reskilling.

Nel privato si respira la stessa aria: l’incertezza lavorativa non viene condivisa e viene meno la volontà di lottare per una causa comune. Gli stessi legami interpersonali sono fugaci, fluidi, privi di profondità e lo scenario entro cui si realizzano è la rete.

 

Una causa (conseguente e concatenata), la si ritrova nella sfera politica: dal punto di vista politico, il potere diventa extraterritoriale in quanto si sposta in un ambiente globale, lontano dal controllo politico. “Al contrario, le istituzioni politiche rimangono relegate nei propri confini locali restando incapaci di agire a livello planetario. E questa perdita di potere genera le linee di una qualsivoglia azione collettiva, minando le fondamenta sociali della solidarietà“.

 

L’ultimo passaggio chiave dello studio sul cambiamento del mondo del lavoro, risiede nella sfera economica dei suoi strumenti di scambiosi è passati, nel corso delle varie “vicissitudini”, da un capitale solido (che vede uno stretto legame col lavoratore) ad un capitale liquido ove sussiste uno stretto e controverso legame tra capitale e consumatore, più libertà economica degli azionisti ma anche più rischio di esposizione alla concorrenza.

 

Non si parla più di Postmodernità ma, appunto, di Modernità liquida (dall’omonimo libro di Bauman) dove le parole chiave sono velocità, narcisismo, sensation seeking, ambiguità e non definizione, rinuncia al futuro, precarietà, procrastinazione (brevità delle riflessioni e ritardo della gratificazione), consumismo e frustrazione (soprattutto per il povero che cerca di standardizzarsi agli schemi comuni ma non ci riesce).

 

Le aziende di oggi quali azioni compiono?

 

Le aziende, come i lavoratori, a causa della rete e della globalizzazione, si sono trovate di fronte ad un mercato del lavoro sempre più ampio, quasi privo di confini.

Se si aggiungono a ciò, le necessità sorte con l’arrivo della pandemia, la distanza si è ulteriormente estesa arrivando ad interessare  la presenza fisica in sé di aziende e persone: vuoi per i costi, vuoi per praticità o adattamento, il lavoro da remoto è diventato l’unica soluzione (gradita) in questo cambiamento.

 

Ma da remoto è vero anche che viene meno la capacità di cogliere l’essenza vera e propria del candidato (lo schermo, come detto precedentemente, rende tutto impersonale, come se fosse un filtro) e non si può essere certi dell’effettiva veridicità delle parole del candidato (anche in qualità delle capacità tecniche decantate).

 

Così le aziende si sono dovute affidare a prove pratiche quali progetti o game da remoto (riuscendo, tralaltro, a fare una scrematura iniziale).

È innegabile che dall’ingresso della tecnologia, le nuove invenzioni, pensate per far fronte ai cambiamenti in atto, finiscono per produrre soltanto nuovi cambiamenti.

 

 

Ed è possibile che esista già un nuovo modo di fare, cercare e trovare lavoro?

 

È ancora in fase di sperimentazione ma si ipotizza che questa intuizione possa aiutare aziende e lavoratori senza troppi stravolgimenti: l’aiuto arriva proprio da TikTok con la sua estensione “TikTok Resumes“; avente lo scopo di raggiungere il target odierno dei nuovi lavoratori (quelli della Generazione Z). L’idea nasce dal numero sempre più crescente di video dall’#CareerTok, contenenti TIPS e consigli su tutto il mondo del lavoro (dalla creazione di CV originali a come sostenere un colloquio di lavoro).

Questa iniziativa è stata portata avanti solo negli Stati Uniti e aveva come scadenza il 31 Luglio.

 

Il processo di candidatura prevedeva che gli interessati esaminassero su www.tiktokresumes.com le offerte di lavoro delle aziende aderenti al programma (tra le quali TargetSony e NBA) e, una volta scelta la job alert, visionassero esempi di spicco di curriculum video su TikTokprofili di creator con contenuti relativi alla carriera o al lavoro. Infine, una volta creato il video da 3 minuti (con tutte le funzionalità offerte da TikTok), i candidati dovevano aggiungere  l’#TikTokResumes e caricarlo sia su TikTok che sulla pagina della job alert.

 

Lo stesso Nick TranGlobal Head of Marketing di Tiktok, ha ammesso che questa idea voleva rispondere ai cambiamenti tradizionali dei processi di selezione in un modo del tutto nuovo e più affidabile, mostrando direttamente (non solo a parole) capacità di comunicazione, intrattenimento, Problem Solving, competenze tecniche nuove (montaggio video e grafica) e creatività. La risposta al problema, sopra citato, delle aziende.

 

Nonostante le adesioni siano state tante non sono mancate le “polemiche”: la privacy dell’utente non è tutelata; infatti se quest’ultimo ha già un lavoro e vuole cambiarlo, con questa soluzione potrebbe non riuscire a nascondere la candidatura al suo datore di lavoro. Inoltre, ci potrebbero essere discriminazioni di genere e di “popolarità” legate al doversi mostrare (aspetto fisico e orientamento) e al numero di seguito sul proprio profilo.

 

Vantaggi o svantaggi, tale novità è stata solo un test localizzato e il sito non è neanche più disponibile;  voci provenienti dai vertici dicono di aspettare nuove perché ci sarà il prossimo round (infatti il sito ufficiale utilizzato mesi fa, non è più agibile).

 

 

Ma esiste un modo concreto per aiutare aziende e lavoratori a prevenire questi cambiamenti, senza trovarsi sempre impreparati?

 

Come in ogni cosa, ci sarà sempre qualcuno più abile e veloce di altri, che risponde subito al cambiamento e non rimane indietro, ma questo non deve essere motivo di indifferenza.

 

Alla luce dei fatti e come sosteneva Bauman, la chiave è la creazione di un vero dialogo e di una comunicazione più efficace. Parlando e ascoltando con coscienza e attenzione, è possibile rendersi conto e riconoscere il problema: si vive in una società che procede con ritmi malati e che genera irrimediabilmente uno scontro tra infelici, in cui a trarne giovamento sono soltanto i capi politici e i sostenitori dell’odio (da qui anche la cancel culture).

 

Una consapevolezza che deve partire dalla formazione sui banchi di scuola. E il passo verso una trasformazione culturale e locale e la creazione di un nuovo umanesimo, sarà breve: ogni uomo si troverà al centro di ogni decisione e le differenze di ciascuno costituiranno le fondamenta per un nuovo futuro.

 

E per il lavoro? Sarà come ritornare al passato, ai tempi del taylorismo: le aziende dovranno fermarsi ad esaminare e raccogliere tutte le conoscenze presenti in azienda (comprese quelle tradizionali), perché rappresentano il patrimonio aziendale (la riflessione tornerà ad essere un’azione fondamentale). Comprese le conoscenze teoriche, sarà necessario analizzare e osservare  il comportamento dei lavoratori, le loro capacità tecniche, le loro attitudini, oltre che il loro rendimento individuale.

 

Da questi aggiustamenti nelle varie sfere sociali, si arriverà ad una nuova attenzione alla persona, ad un’osservazione interna vera (non solo teorica) e ad un dialogo intenso, empatico.

 

Ma sarà davvero possibile? E quanto tempo potrà richiedere?