Condividi su:

A più di un mese dall’inizio del conflitto che ha interessato il vicino Oriente sono state diverse le conseguenze a cui il vecchio continente è andato incontro, tra queste c’è sicuramente l’aumento del costo delle fonti energetiche. Le risorse come gli olii, il gas e affini sono dei beni peculiari e la loro particolarità si riflette anche e soprattutto nel modo in cui si determina il loro prezzo. Come per tutti i beni, anche per questi una parte del prezzo viene determinata dal mercato ma, diversamente da quanto avviene per gli altri, per queste fonti energetiche, dette fonti stock in quanto sono risorse esauribili, un’altra parte dipende dalla natura stessa di questi fattori produttivi e dalla situazione di scarsità che li caratterizza.

 

Fonti stock

In virtù di quanto detto finora, nelle previsioni a lungo termine si è costretti a tenere conto che le fonti stock hanno una certa rarità fisica e questo si riflette non solo sul prezzo che gli si attribuisce oggi ma anche sul prezzo da attribuire loro nel futuro. Questa è una delle ragioni, ma non la sola, che caratterizza il processo di pricing nelle fonti stock rispetto ai comuni beni privati.

Gli economisti, nel corso del tempo, hanno convenuto sul fatto che il prezzo finale delle fonti stock sia determinato, in maniera prioritaria ma non del tutto esclusiva, sulla base dei seguenti elementi:

  • Costo tecnico di produzione
  • Rendita differenziale
  • Rendita di monopolio
  • Rendita di scarsità

Le voci di prezzo

Il costo tecnico di produzione è quello che caratterizza tutti i beni e ricomprende al suo interno alcune voci come i costi dipendenti dalle condizioni geologiche del terreno, dalla allocazione geografica e dalla tecnologia disponibile per il lavoro.  Si fanno rientrare all’interno del costo tecnico anche il tasso di profitto normale ossia quel profitto minimo che il produttore avrebbe guadagnato se invece che investire i suoi capitali sull’estrazione del petrolio li avesse collocati in titoli di stato.

Il concetto di rendita differenziale affonda le sue radici nella storia. Fu teorizzato per la prima volta nel 1777 dallo scozzese James Anderson ma raggiunse l’auge, nel 1815, con Ricardo che all’interno di “Essay on the influence of a low price of corn on the profits of stock” lo applicava alla rendita dei campi agricoli. La portata dei suoi studi in materia la si può intuire dal fatto che, ancora oggi, questo tipo di rendita viene anche ricordata come rendita ricardiana. Infatti, secondo l’economista britannico il prezzo dei beni sul mercato veniva fissato dal terreno definito marginale ossia quel terreno che risultava essere peggiore in termini di comodità e/o fertilità. Chi possedeva tali terreni otteneva dalla vendita dei beni una rendita nulla invece tutti coloro che possedevano terreni più comodi o più fertili erano in grado di accaparrarsi “qualche soldo” in più di quelli spesi per la produzione dei beni. Era questa rendita positiva a essere definita rendita differenziale.

Invece, con rendita di monopolio si intende il margine di extra-profitto che va al produttore quando si è in una situazione in cui il mercato non è perfettamente concorrenziale. In pratica, chi possiede una grande quantità di risorsa esauribile trova conveniente non immetterla tutta insieme sul mercato anche se questa possibilità gli permetterebbe di sbaragliare tutta la concorrenza. È molto più conveniente produrre un po’ meno affinché rientrino sul mercato alcuni “campi marginali”: è proprio l’entrata sul mercato di produttori con costi più alti che assicura al primo, che avrebbe potuto esercitare un regime di monopolio, un guadagno maggiore.

La rendita di scarsità, come suggerisce il nome, è quella che si genera quando l’offerta non è adeguata a coprire la domanda presente sul mercato. È proprio la percezione della scarsità della risorsa a permettere l’aumento dei prezzi e nel campo petrolifero questo si traduce nella generazione di una rendita che potrà poi essere investita nelle attività di esplorazione. Quando la domanda tornerà a allinearsi all’offerta questo tipo di rendita tenderà a essere annullata riportando la situazione a un equilibrio simile a quello della situazione iniziale.

 

Cosa accade realmente nel mercato delle fonti non rinnovabili?

Finora è stata fatta un’analisi delle “voci di prezzo” ma è possibile riassumere quello che vediamo all’interno del mercato delle fonti non rinnovabili attraverso la compenetrazione di due fenomeni.

Il primo è proprio la determinazione del prezzo della risorsa a partire dall’incontro della domanda e dell’offerta. Infatti, quando la domanda è più alta rispetto all’offerta si registrano i picchi di prezzo riconducibili alla limitata disponibilità della risorsa; quando invece, si è in una situazione in cui la domanda è più bassa rispetto alla offerta quella che si registra è una diminuzione del prezzo. Ad esempio, durante la pandemia, in Europa, sono state moltissime le attività che sono state costrette ad arrestare la loro produzione questo ha generato una vera e propria improvvisa abbondanza delle fonti fossili all’interno del mercato che ha determinato un importante crollo dei prezzi. Un caso antipodale è quello che ha fatto seguito al conflitto russo-ucraino che ha fatto percepire scarse, soprattutto all’Europa, le risorse stock e questo ha decretato un sensibile aumento del prezzo che poi ha avuto come ripercussione una lievitazione del costo derivati delle stesse.

Il secondo fenomeno che ha un ruolo importante nella determinazione del prezzo è lievemente più complicato anche se è molto più materiale: si tratta del legame tra il prezzo della risorsa e i cicli di investimento nella sua esplorazione. Ad esempio è stato dimostrato che il prezzo del petrolio dipende dai cicli di investimento dai quali si distacca con un certo ritardo.

Quanto illustrato finora è il frutto, o meglio la sintesi, di alcune delle più importanti teorie economiche degli ultimi secoli. Come sempre le teorie economiche sono crasi di etica, diritto, filosofia e storia per questo non devono essere elevate al ruolo di assiomi ma possono essere viste come spiegazioni postume ai fenomeni all’interno dei quali l’uomo è immerso. Sebbene quelle attuali sembrerebbero spiegare, almeno in parte, i fatti a cui si assiste c’è sempre da tener conto che gli ultimi anni sono stati teatro di grandi sconvolgimenti. Non è detto che queste teorie “funzionino” ancora a lungo e a breve potrebbe giungere il momento di farne delle nuove.