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La storia sembra ripetersi. Come l’anno scorso, è arrivata la primavera e lo stato dei fiumi, torrenti e laghi italiani non è dei più piacevoli. I livelli dei più grandi corsi d’acqua sono ai limiti storici: si cominciano a scorgere i letti dei fiumi, fondali fatti di sassi, sabbia e detriti. Bisogna fare i conti con un problema che gran parte della popolazione mondiale vive quotidianamente: la siccità. Le conseguenze? Ci sono a livello economico e sociale. Quindi serve agire per una gestione migliore e più attenta della risorsa. Ma le soluzioni ci sono e sono diverse: dalla conservazione, riduzione degli sprechi investendo nelle infrastrutture fino a coinvolgere la nanotecnologia per adottare soluzioni molto particolari per una desalinizzazione efficace dell’acqua marina.

 

Scarsità di acqua: un problema mondiale che stanno sperimentando sempre più paesi

L’acqua ricopre quasi il 70% della superficie del pianeta Terra e costituisce la risorsa per il benessere, la vita e la sicurezza per l’uomo e per il resto della biodiversità. L’acqua, lungo il ciclo idrogeologico la troviamo distribuita in superficie, atmosfera e nel sottosuolo. L’acqua salata di mari e oceani costituisce circa il 96%  e il restante è all’interno dei ghiacciai o a diverse profondità sottoterra . È proprio negli acquiferi profondi che troviamo l’acqua di qualità e utilizzabile per essere bevuta ed equivale a circa l’1%. A causa del cambiamento climatico antropogenico, l’intero ciclo idrogeologico e così l’accessibilità dell’acqua per l’uomo è sempre più a rischio. L’aumento delle temperature accelera la fusione dei ghiacciai e il fenomeno dell’evaporazione aggravando l’impatto dei periodi di siccità e rendendo la disponibilità di acqua meno prevedibile. A questo si aggiunge l’incremento della presenza  di agenti inquinanti(da pratiche agricole e sversamenti industriali) che ne riduce in generale la qualità e l’accessibilità. Il risultato? Un incremento di gravi stress sulle gestione e controllo dell’acqua  e una vera a propria crisi idrica per un numero sempre maggiore di paesi nel mondo anche in quelle zone tipicamente ricche di acqua. Parliamo di crisi idrica perché l’acqua oltre che essere una questione di sanità pubblica è una fonte essenziale per i principali settori economici di un paese. In Europa, un terzo delle risorse idriche sono destinate all’agricoltura, seguita dal settore industriale e poi quello energetico.

Nonostante l’importanza di questa risorsa, una gestione corretta e sostenibile dell’acqua risulta ancora difficile. Ma le possibili conseguenze,  tra perdite economiche e crisi sociali sono sempre più visibili e possono solo che inasprirsi. Si stima che i conflitti a livello locale per l’acqua siano destinati ad aumentare e che solo nel periodo dal 1983 al 2009 le perdite agricole a livello globale  per riduzione della produzione siano state di più di 100 miliardi di dollari. La riduzione di precipitazioni per esempio diminuisce la produzione idroelettrica  e termoelettrica, impattando su alcune delle principali fonti primarie di energia rinnovabile per molti paesi Europei. Un problema che è presente da tempo e che ora si ripresenta più spesso e con impatti solo più evidenti e tangibili. Alla luce di questa situazione c’è bisogno di definire soluzioni di adattamento e mitigazione degli impatti della crisi climatica per ridurre sprechi e migliorare la gestione dell’acqua. Questo implica agire sul rafforzamento e miglioramento le infrastrutture oltre che pensare a politiche territoriali lungimiranti.

 

Attualmente in Italia che si fa?

Ad oggi in Italia, si punta a soluzioni come la conservazione e stoccaggio, cioè la raccolta dell’acqua piovana attraverso diverse tecniche. Nelle aree urbane purtroppo ne riusciamo a raccogliere meno del 15% prima che tocchi terra e venga contaminata. Tutto il resto viene perso per evaporazione o finisce nei tombini. Certo si potrebbe puntare su un recupero maggiore delle risorsa sfruttando tecnologie per la captazione, filtraggio e accumulo di acqua piovana non potabile proveniente dalle coperture degli edifici. Ma oggi le soluzioni adottate sono dighe o vasche di contenimento a cui magari abbinare impianti fotovoltaici galleggianti da cui ricavare potenza elettrica.  Sebbene sia una delle soluzioni più diffuse in Italia, Il Centro italiano per la riqualificazione fluviale ne sottolinea le criticità.  La costruzione di nuove dighe lungo i corsi d’acqua esercita un forte impatto sui sistemi idrografici perché con lo scavo si crea un deficit di sedimenti su estese porzioni di terra oltre che determinare un’accelerazione dell’erosione costiera.  Meno impattanti invece risultano i piccoli invasi collinari e  ancora migliore la soluzione dello stoccaggio diretto nella falda.

È da ricordare come, oltre al recupero dell’acqua piovana, sia da stimolare un miglioramento ed efficientamento delle infrastrutture per ridurre quelli che ad oggi sono le importanti perdite dovute a tubazioni che sono a tutti gli effetti dei colabrodo. Secondo i dati ISTAT in Italia su un totale di 8,2 miliardi di metri cubi di acqua immessa nel sistema la perdita è di circa il 42%, quasi 150 litri di acqua sprecata al giorno per abitante.

Inoltre, si stanno inserendo nella pianificazione strategica delle amministrazioni locali progetti per sfruttare la superficie dei tetti. Per esempio con la creazione di giardini pensili e serre aeroponiche che andrebbero ad avere duplice funzione: mitigare flussi d’acqua abbondanti che si riversano sulle strade(specie durante i forti temporali) e grazie alla presenza della vegetazione  ridurre gli  inquinanti e l’effetto delle isole di calore.

 

La biomimetica per risolvere la crisi idrica? Desalinizzare l’acqua guardando alle proteine

Un’altra soluzione è quella di sfruttare l’immensa risorsa d’acqua salata dei mari attraverso la tecnica della dissalazione che può avvenire per evaporazione, con membrane e per scambio ionico. In questo modo si riesce a trattare l’acqua marina e renderla utile per scopo alimentare e agricolo riducendone il contenuto di sali, che non devono scomparire del tutto perché sono importanti! Oggi la dissalazione è praticata in 183 paesi e la scienza su questo fronte corre veloce, l’interesse nel settore c’è e la volontà di innovazione anche. In Italia, oggi lo sviluppo di questa tecnologia  è limitato a impianti di piccole dimensioni in Sicilia, Toscana e Liguria. Il potenziale della dissalazione in Italia è enorme e grazie allo sviluppo di nuovi materiali sarà possibile incrementare la presenza di questa tecnologia sul territorio.

Ad oggi, negli impianti più utilizzati, quelli a membrane l’acqua viene pompata e direzionata verso diversi step di filtraggio per l’eliminazione di detriti prima, batteri, nanoparticelle e sali poi.

Da diversi anni ormai la ricerca  si concentra sulla sintesi di membrane filtranti biomimetiche per la riduzione dei sali ispirandosi ad alcuni processi biologici altamente efficienti. Un gruppo variegato di ricercatori da diverse parti del mondo, con un lavoro pubblicato su Nature Nanotechnology ha esplorato la possibilità di creare delle membrane di poliammide a matrice nanometrica ispirate alle proteine biologiche chiamate acquaporine sfruttando il fenomeno dell’osmosi inversa. Le acquaporine sono naturali proteine che hanno la funzione di creare canali nelle membrane cellulari e regolare il flusso di acqua nel corpo umano. Il gruppo ne ha preso ispirazione ricreando canali artificiali altamente permeabili all’acqua e non ai sali.  La creazione di queste membrane permette di dissalare  in modo più efficace la stessa quantità di acqua rispetto all’utilizzo delle tradizionali membrane a film polimerici riducendo molto i costi energetici.

Per quanto sia un’ottima soluzione per aumentare la disponibilità di acqua, la desalinizzazione porta con sé una serie di criticità.  Sono ben noti i problemi ambientali che questa tecnologia comporta. Infatti, è un processo fortemente energivoro che viene alimentato da combustibili fossili che va a contribuire all’aumento delle emissioni. A questo si aggiunge, negli impianti che sfruttano l’evaporazione, la produzione della cosi detta “salamoia” ovvero il residuo altamente tossico (le concentrazioni di rame e sale sono elevate), che viene rilasciato in mare andando a impattare sugli ecosistemi costieri.

In conclusione, la scarsità di acqua è un’emergenza che non dobbiamo sottovalutare. Per risolvere questo problema non possiamo solo affidarci alla tecnologia, che ci offre soluzioni sempre più interessanti, ma pensare bene di ottimizzare e valorizzare ciò che abbiamo oltre che pianificare una riduzione degli sprechi e dei consumi in eccesso.