La scimmia di Elon Musk gioca a pong con il pensiero grazie a Neuralink
Una scimmietta davanti a un monitor gioca al famoso videogame Pong, è quello che si vede da un video pubblicato dall’azienda di Elon Musk: Neuralink. Non ci sarebbe nulla di strano nel vedere un primate addestrato per giocare a un videogioco, se solo non fosse che lo stava controllando soltanto con il pensiero.
Cos’è e come funziona:
Il protagonista del video diventato virale è Pager, un macaco di 9 anni, scelto dalla compagnia statunitense di neurotecnologie per lo sviluppo di interfacce uomo-macchina per questo esperimento che Musk stesso sul social vocale Clubhouse aveva dichiarato già a febbraio di quest’anno. Nella prima metà del video si vede come il primate, attaccato ad una cannuccia che eroga del frullato di banana, con la mano destra su un joystick, gioca al videogioco Pong, rinominato per l’occasione MindPong. In un secondo momento, terminata la fase di apprendimento, il joystick viene scollegato ma Pager continua tranquillamente a giocare come se nulla fosse successo. Ciò che la fa proseguire senza dover controllare il gioco con la mano, è un dispositivo che le permette di farlo con la mente: il chip wireless N1 Link, abbreviato “The Link” impiantato nel suo cranio.
Questo chip è un dispositivo di registrazione neurale e di trasmissione dati dotato di 1.024 elettrodi e alla scimmia ne sono stati impiantati due: uno a livello della corteccia motoria di destra e l’altro a sinistra. Nella prima fase di apprendimento, non solo il macaco stava imparando a giocare, ma anche i ricercatori hanno potuto costruire un modello di attività neurale dell’animale a computer. Partendo dal Link che riesce a captare i potenziali d’azione dei neuroni, ovvero la “scossa elettrica” che rilasciano quando vengono attivati da scambi di informazioni, questi vengono aggregati e conteggiati ogni 25 millisecondi per ognuno dei 1.024 elettrodi. Contemporaneamente, sempre ogni 25 millisecondi il chip trasmette i conteggi aggregati via Bluetooth ad un computer in grado di eseguire un software di decodifica apposito: un algoritmo di machine learning che sia in grado di tradurre i segnali elettrici del cervello in segnali digitali e arrivare anche a prevedere le potenziali mosse future dell’animale.
L’esperimento con Pager ha fatto fare dei grossi passi avanti all’azienda, se teniamo conto del fatto che il massimo a cui si era arrivati l’anno scorso con la maialina Gertrude era rilevare i segnali cerebrali quando questa, usando il suo olfatto, rilevava qualcosa di gustoso; ma questo test secondo Musk è solo l’inizio, perché il progetto in sé è molto più ambizioso.
Il vero progetto del CEO visionario
L’esperimento non è stato fine a sè stesso, ma fa parte del processo di studio e sviluppo di questa tecnologia per aiutare le persone con disturbi neurologici e che hanno subito amputazioni agli arti, attraverso un impianto neurale wireless poco invasivo che permetterebbe loro di riavere alcune abilità, anche motorie.
L’idea sarebbe quella di collegare The Link , precedentemente impiantato nel cranio del paziente e delle dimensioni di una monetina, ai dispositivi d’uso quotidiano come gli smartphone per permettergli di utilizzarlo, oppure ad un arto bionico riuscendo a muoverlo così come muoviamo i nostri arti funzionanti.
Aiutare i pazienti paralizzati, che hanno subito amputazioni ma anche con malattie neurodegenerative come il Parkinson, è il risultato ideale che se Musk riuscisse a raggiungere potrebbe portare ad una vera rivoluzione; come lui stesso ha affermato: “può effettivamente risolvere problemi come ictus, paralisi, cecità, perdita dell’udito, disturbo dello spettro autistico, Parkinson e patologie come ansia e depressione, ma molte persone non se ne rendono conto. Tutti i sensi – vista, udito, olfatto -, ma anche sensazioni di vario tipo come il dolore sono segnali inviati dai neuroni al cervello. Correggendo questi segnali si può correggere tutto“
Le sue mire però non finiscono qui: il suo piano sarebbe non solo di portare questa tecnologia a malati di questo tipo, ma arrivare anche alle persone sane, facendola diventare un prodotto di massa in modo tale che impiantata sulla maggior parte delle persone, ci renda in grado di difenderci dall’avanzata dell’intelligenza artificiale che a suo avviso potrebbe, in un futuro non troppo lontano, superare completamente l’essere umano nella folle corsa verso il progresso.
Nonostante sembri fantascienza, non è una novità totale
L’idea di Elon Musk di registrare segnali cerebrali e trasmetterli ad un computer può sembrare innovativa, ma altri neuroscienziati, hanno provato a portare avanti questi studi ben prima dell’imprenditore sudafricano. Già nel 1963, José Manuel Rodriguez Delgado creò un dispositivo predecessore delle attuali interfacce uomo-macchina impiantando un elettrodo radiocomandato nel nucleo caudato del cervello di un toro e fermando la corsa dell’animale premendo un pulsante di un trasmettitore remoto. Uno dei primi esperimenti con un chip è stato portato avanti dal neuroscienziato Eberhard Fetz che nel 1969 effettuò uno studio in cui delle scimmie furono addestrate ad attivare un segnale elettrico nel loro cervello per controllare l’attività di un singolo neurone, appositamente registrata da un microelettrodo metallico.
Un’altra vicenda degna di nota in questo ambito è quella del giovane Neil Harbisson che nel 2004 è diventato la prima persona al mondo ad indossare un’“antenna” che gli permette di “sentire i colori” a seconda della frequenza espressa, nonostante la sua acromatopsia (impossibilità totale di vedere i colori a livello cerebrale), diventando il primo uomo-cyborg riconosciuto. Nel 2010 ha inoltre fondato la Cyborg Foundation, un’organizzazione internazionale per aiutare gli umani a “diventare” cyborg; lui probabilmente si direbbe d’accordo con i progetti di Neuralink.
Prospettive future e problemi: gli ostacoli e le opportunità per Neuralink
Nonostante l’idea di base di impiantare un chip nel cervello, sia già realtà in ambito biomedico, la volontà di Musk di spingersi oltre potrebbe presentare dei problemi.
In primis il fatto che il chip tenderebbe a deteriorarsi nel cranio provocando delle potenziali infezioni e successivamente il danneggiamento dei neuroni a cui The Link stesso è collegato, nonostante l’obiettivo sia farlo durare “per decenni”. In secondo luogo il prezzo potrebbe non essere accessibile a chiunque, anzi, a detta sua verrebbe a costare “fino a qualche migliaio di dollari”, rendendolo un lusso di pochissimi e aumentando il divario tra ricchi e poveri andando a creare una classe elitaria con dei “superpoteri” che altri potrebbero solo sognare. Infine anche chi se lo può permettere, potrebbe avere dei seri dubbi nel farsi impiantare un apparecchio nel cranio laddove questa necessità non fosse impellente, con la consapevolezza che, come tutte le tecnologie, anche The Link potrebbe essere hackerato e a quel punto gli effetti catastrofici si potrebbero solo immaginare.
Tuttavia, adesso che The Link ha ricevuto tutte le autorizzazioni dalla FDA (Food and Drug Administration) la sperimentazione sugli esseri umani potrebbe essere più vicina che mai: con uno dei suoi tweet il CEO ha annunciato i primi test entro la fine di questo 2021, non ci resta che attendere, sperando di non diventare degli ostaggi dell’AI ancora prima di iniziare.