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È ormai noto come le nuove tecnologie possano rispondere ad esigenze anche di tipo sociale, portando le istituzioni a prevedere piani specifici a favore di categorie che manifestano problemi fisici e mentali più o meno gravi.

 

Ne è un esempio l’Erasmus+, un programma dell’Unione Europea “per l’Istruzione, la Formazione, la Gioventù e lo Sport”; la novità, però, risiede nell’azione che porta il nome di “Strategic Partnership for Higher Education”, volta a concedere finanziamenti a progetti che garantiscano le cosiddette “alleanze della conoscenza” e le “alleanze delle abilità settoriali”.

 

I principali obiettivi rispondono all’esigenza “di garantire un apprendimento per tutto il ciclo di vita, migliorare la qualità e l’efficacia dell’istruzione e della formazione (con metodi di insegnamento innovativi, grazie anche all’ausilio della tecnologia), di promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva e incoraggiare la creatività, l’innovazione e l’imprenditorialità  (valorizzando la centralità della persona e consentendo un più agevole dialogo con il mondo del lavoro)”.

 

Tra i progetti vincitori dell’Erasmus+ 2020 vi è proprio VRAILEXIA, presentato durante il Web Marketing Festival di Rimini dall’Ingegnere e Ricercatore dell’Università della Tuscia Andrea Zingoni (in seguito intervistato da me sull’argomento).

Tale progetto nasce con l’obiettivo di combinare la Realtà Virtuale e l’Intelligenza Artificiale per sostenere gli studenti universitari (nelle facoltà umanistiche) dislessici che non hanno ricevuto un adeguato supporto e tutoraggio e arrivano nell’ambito accademico con evidenti problemi (tanto che, come mostra uno studio condotto dal MIUR nel 2019, solo l’1,6% degli studenti dislessici continua con l’istruzione superiore). Da qui l’uso del nome VRAILEXIA (composto appunto da VR – AI – lexia, desinenza della parola dislexia ovvero dislessia).

 

 

Il problema al centro del progetto

 

Perché il profilo esterno ed interno di un progetto sia chiaro, Zingoni ha voluto dare una spiegazione esaustiva della dislessia e del focus del progetto; infatti, egli afferma che: la dislessia è un disturbo specifico della lettura che crea delle difficoltà proprio nella decodifica dei testi.

 

La dislessia, poi, rientra in quelli che vengono chiamati “Disturbi Specifici dell’Apprendimento” (DSA) e in Italia ne sono stati riconosciuti 4: dislessiadisortografiadiscalculia e disgrafia.

 

Purtroppo non è così per tutti i Paesi, in quanto non esiste un accordo a livello mondiale che riconosca univocamente i disturbi dell’apprendimento: addirittura l’OMS fa rientrare nei DSA solo la dislessia, la disortografia, la disgrafia e poi un quarto gruppo di altri disturbi.

 

Al problema evidente che porta con sé la dislessia, si aggiunge il fatto che essa presenti una comorbidità con altri disturbi specifici dell’apprendimento: un dislessico, spesso, è anche disgrafico e discalculico (quindi al problema della lettura si aggiunge quello legato al prendere appunti e all’organizzazione del proprio lavoro); ne conseguiranno, una mancanza di motivazione, ansia e un calo dell’autostima.

 

Ma diversamente da quello che si può pensare, tali difficoltà non sono correlate a deficit di intelligenza o deficit legati ai sensi (è un fenomeno a sé stante). Infatti, la dislessia porta lo studente stesso a cercare nuovi modi, anche creativi, di apprendere, che diventano per lui una risorsa. Come per i non dislessici, le metodologie e gli strumenti devono essere pensati rispettando anche la loro tipologia di intelligenza (linguistica, matematica, intrapersonale, interpersonale, cinestetica, musicale, visivo-spaziale, naturalistica ed esistenziale) e non solo i limiti e le difficoltà di base. Ad esempio, se uno studente dislessico riesce a comprendere più facilmente un testo con un approccio visivo, si penserà ad un software che riproduca, cliccando sopra la parola, la relativa immagine.

 

 

Delineando il progetto in tal modo, è stato poi più semplice spiegare ai presenti quanto fosse necessario orientare il progetto verso un’ottica di parzialità, focalizzandosi su un problema alla volta; solo grazie all’esperienza fatta, sarà possibile ampliare il progetto e farlo anche bene.

 

 

Quali figure professionali e quali istituzioni lavorano al progetto?

 

Il background dei vari team abbraccia l’ambito ingegneristicopsicologicopedagogico e, infine, quello sociologico, così da permettere ai futuri processi tecnici, di ricerca e di disseminazione dei risultati e dei progetti, di procedere a pari passo.

 

In particolare, l’Università della Tuscia, nonché il Project leader, ha costituito un team che potesse essere coinvolto in ogni parte del progetto. In tal modo è riuscita a coordinare e lavorare con i team dei vari membri del partenariato, responsabili ognuno del settore in cui eccellono; infatti:

 

  • l’Università degli Studi di Perugia si è focalizzata sulla parte psicologica e psicometrica;
  • l’università francese CentraleSupélec e l’Université Paris Nanterre rappresentano le istituzioni più orientate all’ambito dell’ingegneria e della ricerca;
  • la greca Panteion University promuove e gestisce i progetti di cooperazione e di ricerca europea/internazionale volte a migliorare lo scambio e la conoscenza reciproca tra professori e scienziati di diversi laboratori (riuscendo a rispondere ai bisogni sociali ed economici dei paesi interessati);
  • la spagnola Universidad de Córdoba si occupa di tutto quanto è collegato alla Realtà Virtuale;
  • l’associazione no-profit TUCEP (nata nell’ambito del programma europeo COMETT) e l’Università Vzw UC Limburg, similmente, si pongono come missione la promozione dell’occupazione, il trasferimento tecnologico (a livello di formazione e di digital skills) e di innovazione per e verso il mercato regionale, nazionale ed europeo;
  • l’organizzazione no-profit portoghese AEVA svolge il medesimo ruolo delle due figure precedenti ma a livello locale;
  • la Giunti Psycomethrics Srl collabora per fornire test psicometrici nonché servizi base come istruzione e formazioneconsulenza in ambito informatico ed e-learningvalutazione delle competenzeselezione e orientamento. In ambito più di ICT, Giunti offre, tra i tanti, AppScenari virtualiProblem based learning e Info grafiche.

 

 

 

Tali indicazioni di base, definiscono la parte esterna del progetto; ora, però, serve capire quali siano i primi step che deve realizzare VRAILEXIA.

 

La prima parte del progetto, come spiega Zingoni, vede l’ausilio di tre input, realizzabili andando per gradi; sono input volti a raccogliere dati utili da implementare nelle tecnologie di VR e di IA.

 

Il primo dei tre è rappresentato dal questionario autovalutativo creato sulla base di interviste esplorative e sottoposto agli studenti con dislessia nelle Università italiane. Tale questionario (svolto da 1300 studenti) verteva e verte su domande demografichedomande sulla storia della propria dislessia (sulla diagnosi e sulla familiarità col disturbo), sulle problematiche che essi hanno incontrato durante il loro percorso di apprendimento e sugli strumenti e sulle strategie risultati più utili. Le risposte sono di tipo numerico perché vanno da uno score che parte da 0 (problematiche non presenti, supporto non utile) e arriva a 5 (problematica molto sentita e supporto molto utile).

A tale input, segue il secondo (non ancora testato) e si basa su dati di valutazione specialistica, ottenuti attraverso i report clinici di dislessia redatti dai medici esperti (ove figurano informazioni sulle problematiche e sui tipi di supporto utili).

E infine si giunge al terzo input, che nel panorama italiano si realizza attraverso test psicometrici usati, appunto, per definire la diagnosi del soggetto interessato. Si tratta di test che valutano l’abilità di scrittura, di lettura e di comprensione del testo, ma anche di tutte gli aspetti psicologici correlati come l’ansia, gli aspetti cognitivi, motivazionali, metacognitivi e anche di autostima e di autoaccettazione. I dati ottenuti grazie a questi test sono di tipo quantitativo-oggettivo.

 

Per quanto si tratti di input volti a raccogliere dati, essi stessi sono stati realizzati e verranno realizzati con l’ausilio della tecnologia: il questionario autovalutativo, infatti, è stato digitalizzato in una forma che non fosse pesante da compilare per lo studente dislessico e di chiara lettura visiva, in quanto ha difficoltà con task lunghi e ripetitivi; per quanto riguarda i test psicometrici, essendo questi molto lunghi e un po’ noiosi, possono risultare particolarmente ostici per uno studente dislessico quindi abbiamo pensato di renderli un po’ più accattivanti rivolgendoci alla realtà virtuale e in particolare alla Display Virtual Reality.

 

 

Hai parlato, appunto, di Realtà Virtuale e di Intelligenza Artificiale, ma come utilizzerete e implementerete, concretamente, queste tecnologie (all’interno del progetto)?

 

Per quanto riguarda la prima tecnologia citata, abbiamo pensato di usare quella che porta il nome di Display Virtual Realitycaratterizzata da immagini virtuali che appaiono su un tablet o su uno smartphone; una tipologia di Realtà Virtuale più semplice e intuitiva da utilizzare, soprattutto nella somministrazione dei test psicometrici agli studenti dislessici. Nel momento in cui avremo ottenuto i feedback (o comunque il materiale finale) necessari per allenare l’Intelligenza Artificiale, i test che effettueremo risulteranno più complessi per gli studenti dislessici e, quindi, sarà necessario usare la Immersive Virtual Reality.

 

Nel caso dell’Intelligenza Artificiale, invece, il suo utilizzo avverrà per fasi: una che farà capo alle buone pratiche e un’altra agli strumenti e alle strategie di supporto.

 

Per le buone pratiche abbiamo ragionato e ci siamo basati sulle tecniche di cluster analysis e a partire dai questionari e dai test psicometrici vogliamo creare gruppi omogenei per definire delle buone pratiche (anche specifiche) per ciascuno di loro. Per quanto riguarda la fase sugli strumenti abbiamo utilizzato un approccio (all’IA) misto (in parte è data driven e in parte è human driven) ove ci baseremo, in parte, su dati recenti e, in parte, sulle conoscenze pregresse (sulla dislessia), così da evitare collegamenti inesatti e affinare quelli che sono i risultati del nostro algoritmo di Intelligenza Artificiale.

 

L’idea finale sarà poi quella di arrivare ad avere un predittore dei migliori strumenti e delle migliori strategie di aiuto.

 

Questi due approcci innovativi, vengono applicati in quello che viene definito “output intellettuale, un percorso di realizzazione pratica dei dati ottenuti; si compone di 5 punti consecutivi, realizzati l’uno in funzione dell’altro (in modo da permettere un miglioramento graduale del progetto).

 

Tali output sono:

 

  • INTO THE BOX che vede l’implementazione dei test VR (come accennato precedentemente) per la valutazione della dislessia;
  • BE-SPECIAL che consiste nello sviluppo di una piattaforma digitale basata sull’Intelligenza Artificiale perché in grado di creare relazioni e definire algoritmi rispondenti ad una determinata esigenza. A questo si arriverà, come già anticipato, dopo averla “allenata” mediante input derivanti dai dati dei test e dei questionari e dal corpus delle conoscenze pregresse. L’Intelligenza Artificiale, per esempio, potrà suggerire la metodologia di supporto più appropriata per ogni studente dislessico o fascia di studenti (esempi di possibili utility possono essere le mappe concettuali e le “tavole” da disegno);
  • TOOLBOX che funge da raccoglitore online di tutti i moduli digitali, delle risorse, degli strumenti e di qualsiasi tipo di materiale utile (sulla base dei risultati ottenuti con l’IA e in seguito a test) per guidare il professore nella scelta di un determinato metodo di insegnamento (agevolando così il professore nella definizione ed erogazione di piani di studio specifici per ogni studente). Esempi di possibili strumenti sono il tutoraggio o le associazioni studentesche per dislessici;
  • ToC & ToT che consiste nella creazione di una rete di esperti di varie discipline affinché condividano le proprie conoscenze e così espandere il progetto oltre il campo umanistico. Si arriverà a creare delle strategie comuni di inclusione tra gli istituti europei di istruzione superiore, previste nell’ultima fase del progetto ovvero l’OUTSIDE THE BOX. In quest’ottica, infatti, si darà vita a vere e proprie attività di formazione per docenti e studenti (per un aggiornamento continuo) e servizi di orientamento e sostegno di quest’ultimi per tutta la loro carriera universitaria.

 

In aggiunta agli obiettivi futuri menzionati lungo tutto l’articolo, “il progetto vuole arrivare a rendere il questionario multilingua (impresa resa difficile da alcuni idiomi, come il francese e l’inglese, che essendo opachi sono di più difficile comprensione per i dislessici), a trattare tutti i tipi di DSA e a cogliere lo stato cognitivo di ogni persona per creare supporti e strumenti ad hoc.

 

 

Per quanto il progetto sia ad un terzo del percorso, ha già avuto un riscontro positivo da parte degli studenti universitari e grazie anche a ciò, ha potuto spingere sulla creazione dei primi strumenti didattici in formato digital (lavoro ad opera della startup genovese Estro technologies); non solo, il team di VRAILEXIA è già riuscito a rilasciare un primo articolo sui risultati raggiunti e sugli sviluppi futuri dell’Intelligenza Artificiale.

 

Questo è un progetto che avrà tanto da offrire e sul quale vi terrò e ci terranno costantemente aggiornati.