Condividi su:

Il periodo di crisi socioeconomica che stiamo attraversando dimostra un dato di fatto: le organizzazioni devono non solo saper gestire ogni fattore di instabilità, ma prevedere anche eventuali criticità future. Il rapporto con gli stakeholder si è evoluto negli anni: è ormai necessario venire incontro agli interessi di tutti i gruppi, non solo degli azionisti. Nella maggior parte dei casi, si può essere pronti per una potenziale crisi, se si ha un comparto di Risk Management abbastanza efficiente. Tuttavia, non è possibile stabilire quando e se si manifesterà davvero un evento di tale portata. L’impatto può essere più o meno marcato a seconda di vari fattori, connessi alla risposta dell’azienda: vanno considerate come possibili conseguenze danni d’immagine e contrazione dei profitti, oltre che eventuali ripercussioni legali. Il Crisis Management è, quindi, un ciclo continuo di attività legate alle pubbliche relazioni, volto a definire strategie, azioni e successivi miglioramenti.

Una crisi si può manifestare attraverso tre livelli di rischio: in genere, questi possono anche presentarsi in contemporanea. Il problema più comune è quello che affligge l’equilibrio finanziario, per poi passare alla reputazione dell’impresa. La minaccia più importante riguarda la sicurezza pubblica, dove è coinvolta l’incolumità di una o più persone. In ciascuna di queste situazioni è di vitale importanza la comunicazione, che deve essere coerente e costante prima, durante e dopo la crisi. È buona pratica agire con una risposta veloce, empatica, chiara e concreta. Se mancano questi fattori, il messaggio sarà fallace e darà spazio ad ulteriori speculazioni sulla vicenda, che non faranno altro che aggravare la reputazione del brand. Considerando poi l’effetto generato dal passaparola sui social, è meglio essere pronti ad ogni possibile evenienza.

 

Come non farsi trovare impreparati

Non si può affrontare una qualunque crisi senza una pianificazione adeguata. In primo luogo, è importante identificare le minacce più probabili che potrebbero riguardare ciascun gruppo di interesse. Bisogna stabilire poi i canali di comunicazione più adeguati e le risorse a disposizione, dai luoghi di lavoro ai sistemi informativi utilizzati. Altro aspetto da non sottovalutare è la scelta del team di crisi interno il quale, soprattutto nelle multinazionali, dovrebbe valorizzare differenti nazionalità e culture, per avvicinarsi a punti di vista diversi. In quest’ottica, risulta necessaria una gerarchia ben precisa, con ruoli e compiti prestabiliti, per poter agire in maniera uniforme e incisiva. Un gruppo strutturato presenta al suo interno alcune figure chiave, dal leader con funzione di coordinamento al portavoce, un comunicatore esperto che si espone in prima persona al pubblico. Questo gruppo intreccia diverse discipline e dipartimenti, dal management al personale di marketing, fino ai legali. Inoltre, l’azienda dovrebbe considerare la possibilità di coinvolgere anche professionisti esterni, che possano coordinare e formare il gruppo. Per quanto riguarda poi il lato giuridico, è meglio non concentrarsi troppo sulla paura di controversie: questa ricadrebbe sulla composizione del team e quindi anche sul suo operato. Oltre a ciò, un altro passo importante è rendere efficienti i flussi d’informazione, per fare in modo che le comunicazioni interne avvengano in pochi momenti e dal vivo, così da incoraggiare il lavoro di gruppo e accorciare i tempi. Diventa utile lavorare su un piano di riserva, nel caso in cui vengano meno alcune risorse strategiche. È anche necessario un controllo periodico delle informazioni riguardanti il brand, sia offline che online.

 

Affrontare la crisi, evitando gli errori più comuni

Nel periodo che intercorre la crisi, bisogna prestare ancora più attenzione alla comunicazione verso le parti prese in causa. Partendo dalle analisi fatte durante la pianificazione, è necessario definire i destinatari e i temi materiali a cui si sono dimostrati sensibili. Come già anticipato, è bene lavorare con cura sul contenuto, in modo tale che il messaggio sia comprensibile e colmi la mancanza di competenza degli stakeholder sul tema. Una dichiarazione d’apertura empatica e orientata all’azione permette di mostrare credibilità e autorevolezza ed evitare che si estenda la deriva d’immagine del brand. Da questo punto di vista, le scuse devono apparire sincere e devono prendersi la responsabilità dell’evento. È sempre meglio non fermarsi alle sole parole, ma dimostrare di aver assimilato l’errore con azioni volte in direzione opposta: iniziative di Corporate Social Responsibility hanno un impatto molto più profondo rispetto a semplici dichiarazioni superficiali. Inoltre, le imprese dovrebbero scegliere con cura i trend portati avanti nelle campagne pubblicitarie. Portare argomenti molto sensibili al pubblico (come la salute e i diritti civili) rischia di creare la percezione di svalutare il messaggio per fini promozionali. Perciò, è meglio allontanarsi da questo tipo di temi, o al massimo prestare una profonda attenzione ad essi ed alle reazioni che possono suscitare.

 

Il lavoro non è terminato: la valutazione post-crisi

Quando sta rientrando l’emergenza si ha un ritorno della gestione ordinaria delle attività. La mancanza di pressione di media ed opinione pubblica lascia all’impresa lo spazio per ragionare sul proprio operato e sugli aspetti da migliorare per il futuro. Si arriva così a valutare tempi di risposta, segnali di allerta e reazioni del pubblico. Attraverso una dichiarazione di chiusura, si può stabilire come è cambiata la realtà aziendale dopo questa situazione. Questo processo di analisi verrà poi assimilato nella fase di prevenzione strategica, per essere pronti per un nuovo intervento.

In generale, le crisi nascono principalmente da cause interne all’impresa, ossia dall’errore umano: basti pensare a molti casi di dichiarazioni del personale o di pubblicità che possono essere fraintese. Queste possono essere risolte solo se si dimostra di comprendere realmente il sentimento del pubblico e se ci si muove rapidamente per rimediare all’errore, per quanto possibile. Tuttavia, problematiche come la pandemia e il conflitto in Ucraina derivano da cause esterne: eventi di questo tipo producono un danno molto più marcato, dato che colpiscono un intero ecosistema di imprese e si ha minor margine di preparazione. In questo caso, è sempre più importante saper anticipare i cambiamenti, analizzando quei fattori che possono mettere in difficoltà l’assetto organizzativo. Gli avvenimenti degli ultimi due anni sono la prova lampante di come le crisi possano colpire nel profondo tutte le realtà, dalle multinazionali alle piccole e medie imprese.