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Il 24 agosto 2023 in Giappone è iniziato il rilascio delle acque della centrale nucleare in dismissione di Fukushima Dai-ichi. A seguito dell’incidente avvenuto a marzo 2011, che ha causato la fusione del combustibile all’interno del reattore, ne è stato effettuato il raffreddamento con acqua, che ne è rimasta contaminata. In riposta a questa notizia non sono mancati titoli allarmistici, polemiche e dichiarazioni contrarie: ma questi sono davvero giustificati alla luce dei fatti scientifici?

Perché non bisogna preoccuparsi

L’acqua entrata in contatto con il combustibile fuso è stata filtrata grazie a un sistema chiamato “ALPS” (Advanced Liquid Processing System): questa operazione ha reso possibile, grazie a dei processi chimici, la rimozione di 62 radionuclidi, cioè “nuclei atomici instabili che decadono emettendo energia sottoforma di radiazioni”. L’unica specie chimica che non è stato possibile rimuovere è il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Non dobbiamo però allarmarci: infatti la sua concentrazione nell’acqua di Fukushima è circa 7 volte inferiore al limite fissato dall’OMS per l’acqua potabile, risultato che è stato possibile raggiungere diluendo l’acqua precedentemente contaminata con acqua di mare. L’intero procedimento è stato costantemente monitorato dalla IAEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che ha dichiarato tramite un report scientifico che le misurazioni condotte sull’acqua in Giappone sono state “accurate e precise”. Inoltre, lo sversamento di circa 1 milione di tonnellate di acqua iniziato il 24 agosto durerà circa 30 anni e sarà ulteriormente seguito da IAEA.

Alla luce di tutti i sistemi di sicurezza e delle precauzioni messi in atto, si può affermare che l’impatto di questa operazione sull’ecosistema marino e sulla salute umana sarà del tutto trascurabile e non causerà dunque alcun danno.