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Ambiente, società e tecnologia

La scimmia di Elon Musk gioca a pong con il pensiero grazie a Neuralink

Una scimmietta davanti a un monitor gioca al famoso videogame Pong, è quello che si vede da un video pubblicato dall’azienda di Elon Musk: Neuralink. Non ci sarebbe nulla di strano nel vedere un primate addestrato per giocare a un videogioco, se solo non fosse che lo stava controllando soltanto con il pensiero.

Cos’è e come funziona:

Il protagonista del video diventato virale è Pager, un macaco di 9 anni, scelto dalla compagnia statunitense di neurotecnologie per lo sviluppo di interfacce uomo-macchina per questo esperimento che Musk stesso sul social vocale Clubhouse aveva dichiarato già a febbraio di quest’anno. Nella prima metà del video si vede come il primate, attaccato ad una cannuccia che eroga del frullato di banana, con la mano destra su un joystick, gioca al videogioco Pong, rinominato per l’occasione MindPong. In un secondo momento, terminata la fase di apprendimento, il joystick viene scollegato ma Pager continua tranquillamente a giocare come se nulla fosse successo. Ciò che la fa proseguire senza dover controllare il gioco con la mano, è un dispositivo che le permette di farlo con la mente:  il chip wireless N1 Link, abbreviato “The Link” impiantato nel suo cranio.

Questo chip è un dispositivo di registrazione neurale e di trasmissione dati dotato di 1.024 elettrodi e alla scimmia ne sono stati impiantati due: uno a livello della corteccia motoria di destra e l’altro a sinistra. Nella prima fase di apprendimento, non solo il macaco stava imparando a giocare, ma anche i ricercatori hanno potuto costruire un modello di attività neurale dell’animale a computer. Partendo dal Link che riesce a captare i potenziali d’azione dei neuroni, ovvero la “scossa elettrica” che rilasciano quando vengono attivati da scambi di informazioni, questi vengono aggregati e conteggiati ogni 25 millisecondi per ognuno dei 1.024 elettrodi. Contemporaneamente, sempre ogni 25 millisecondi il chip trasmette i conteggi aggregati via Bluetooth ad un computer in grado di eseguire un software di decodifica apposito: un algoritmo di machine learning che sia in grado di tradurre i segnali elettrici del cervello in segnali digitali e arrivare anche a prevedere le potenziali mosse future dell’animale.

L’esperimento con Pager ha fatto fare dei grossi passi avanti all’azienda, se teniamo conto del fatto che il massimo a cui si era arrivati l’anno scorso con la maialina Gertrude era rilevare i segnali cerebrali quando questa, usando il suo olfatto, rilevava qualcosa di gustoso; ma questo test secondo Musk è solo l’inizio, perché il progetto in sé è molto più ambizioso.

Il vero progetto del CEO visionario

L’esperimento non è stato fine a sè stesso, ma fa parte del processo di studio e sviluppo di questa  tecnologia per aiutare le persone con disturbi neurologici e che hanno subito amputazioni agli arti, attraverso un impianto neurale wireless poco invasivo che permetterebbe loro di riavere alcune abilità, anche motorie.

L’idea sarebbe quella di collegare The Link , precedentemente impiantato nel cranio del paziente e delle dimensioni di una monetina, ai dispositivi d’uso quotidiano come gli smartphone per permettergli di utilizzarlo, oppure ad un arto bionico riuscendo a muoverlo così come muoviamo i nostri arti funzionanti.

Aiutare i pazienti paralizzati, che hanno subito amputazioni ma anche con malattie neurodegenerative come il Parkinson, è il risultato ideale che se Musk riuscisse a raggiungere potrebbe portare ad una vera rivoluzione; come lui stesso ha affermato: “può effettivamente risolvere problemi come ictus, paralisi, cecità, perdita dell’udito, disturbo dello spettro autistico, Parkinson e patologie come ansia e depressione, ma molte persone non se ne rendono conto. Tutti i sensi – vista, udito, olfatto -, ma anche sensazioni di vario tipo come il dolore sono segnali inviati dai neuroni al cervello. Correggendo questi segnali si può correggere tutto

Le sue mire però non finiscono qui: il suo piano sarebbe non solo di portare questa tecnologia a malati di questo tipo, ma arrivare anche alle persone sane, facendola diventare un prodotto di massa in modo tale che impiantata sulla maggior parte delle persone, ci renda in grado di difenderci dall’avanzata dell’intelligenza artificiale che a suo avviso potrebbe, in un futuro non troppo lontano, superare completamente l’essere umano nella folle corsa verso il progresso.

Nonostante sembri fantascienza, non è una novità totale

L’idea di Elon Musk di registrare segnali cerebrali e trasmetterli ad un computer può sembrare innovativa, ma altri neuroscienziati, hanno provato a portare avanti questi studi ben prima dell’imprenditore sudafricano. Già nel 1963, José Manuel Rodriguez Delgado creò un dispositivo predecessore delle attuali interfacce uomo-macchina impiantando un elettrodo radiocomandato nel nucleo caudato del cervello di un toro e fermando la corsa dell’animale premendo un pulsante di un trasmettitore remoto. Uno dei primi esperimenti con un chip è stato portato avanti dal neuroscienziato Eberhard Fetz che nel 1969 effettuò uno studio in cui delle scimmie furono addestrate ad attivare un segnale elettrico nel loro cervello per controllare l’attività di un singolo neurone, appositamente registrata da un microelettrodo metallico.

Un’altra vicenda degna di nota in questo ambito è quella del giovane Neil Harbisson che nel 2004 è diventato la prima persona al mondo ad indossare un’“antenna” che gli permette di “sentire i colori” a seconda della frequenza espressa, nonostante la sua acromatopsia (impossibilità totale di vedere i colori a livello cerebrale), diventando il primo uomo-cyborg riconosciuto. Nel 2010 ha inoltre fondato la Cyborg Foundation, un’organizzazione internazionale per aiutare gli umani a “diventare” cyborg; lui probabilmente si direbbe d’accordo con i progetti di Neuralink.

Prospettive future e problemi: gli ostacoli e le opportunità per Neuralink

Nonostante l’idea di base di impiantare un chip nel cervello, sia già realtà in ambito biomedico, la volontà di Musk di spingersi oltre potrebbe presentare dei problemi.

In primis il fatto che il chip tenderebbe a deteriorarsi nel cranio provocando delle potenziali infezioni e successivamente il danneggiamento dei neuroni a cui The Link stesso è collegato, nonostante l’obiettivo sia farlo durare “per decenni”. In secondo luogo il prezzo potrebbe non essere accessibile a chiunque, anzi,  a detta sua verrebbe a costare “fino a qualche migliaio di dollari”, rendendolo un lusso di pochissimi e aumentando il divario tra ricchi e poveri andando a creare una classe elitaria con dei “superpoteri” che altri potrebbero solo sognare. Infine anche chi se lo può permettere, potrebbe avere dei seri dubbi nel farsi impiantare un apparecchio nel cranio laddove questa necessità non fosse impellente, con la consapevolezza che, come tutte le tecnologie, anche The Link potrebbe essere hackerato e a quel punto gli effetti catastrofici si potrebbero solo immaginare.

Tuttavia, adesso che The Link ha ricevuto tutte le autorizzazioni dalla FDA (Food and Drug Administration) la sperimentazione sugli esseri umani potrebbe essere più vicina che mai: con uno dei suoi tweet il CEO ha annunciato i primi test entro la fine di questo 2021, non ci resta che attendere, sperando di non diventare degli ostaggi dell’AI ancora prima di iniziare.

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Economia, StartUp e Fintech

Corsa alla scoperta di Marte: le missioni passate e quelle future

Credits: NASA/JPL-Caltech

Lo scorso 18 febbraio il rover americano della Nasa Perseverance, assieme al drone-elicottero Ingenuity, è atterrato con successo sulla superficie del pianeta Marte: aveva lasciato la Terra lo scorso 30 luglio e per arrivare sul pianeta rosso ha compiuto un viaggio lungo sette mesi percorrendo nello spazio oltre 470 milioni di chilometri.

I “sette minuti di terrore”, durata della discesa e atterraggio del rover, sono stati mostrati dalla Nasa attraverso dei video diffusi sul loro canale Youtube, i quali hanno determinato l’inizio di una lunga serie di immagini, filmati, registrazioni audio e addirittura dirette che ogni giorno documentano i progressi che vengono realizzati su Marte.

La Discesa e atterraggio di Perseverance su Marte

Qual è lo scopo della missione? Cercare segni di eventuali tracce di vita risalenti a quando Marte non era ancora un pianeta tanto arido e inospitale, recuperare campioni geologi per studiare la formazione del suolo del pianeta, i quali verranno recuperati in futuro con altre missioni per portarli sulla Terra, e infine analizzare il clima.

Perseverance dovrà restare su Marte per almeno un anno marziano, che sulla Terra corrisponde a quasi due anni, tempo durante il quale il rover dovrà raccogliere più informazioni possibili.

Grazie agli aggiornamenti diffusi dalla stessa Nasa sui propri canali di comunicazione e sul sito ufficiale dedicato alla missione, è possibile trovare costantemente aggiornamenti e curiosità legate alle scoperte che stanno avvenendo su Marte, tra cui fotografie ad altissima qualità, panoramiche a 360 gradi e addirittura registrazioni audio.

Proprio negli scorsi giorni, esattamente il 5 marzo, Perseverance ha “compiuto i suoi primi passi” su Marte, percorrendo ben 6,5 metri in 33 minuti.

Per mostrare il successo dell’impresa sono state diffuse le fotografie scattate dal rover in cui sono visibili le impronte delle ruote del robot lasciate sul suolo marziano.

Si tratta del primo emozionante viaggio intrapreso su Marte, il primo di molti altri che avremo modo di vedere nei prossimi mesi!

NASA/JPL-Caltech

Il messaggio segreto di Perseverance

In queste settimane ha fatto discutere e divertire un ulteriore curioso aspetto legato al rover americano Perseverance: attraverso la disposizione dei colori del paracadute è stato inserito un messaggio segreto ideato e realizzato da Ian Clark, responsabile del funzionamento dello strumento.

Il messaggio è stato scoperto e decifrato da appassionati di matematica, scienza e Spazio, che grazie all’analisi dei video e delle immagini diffuse dalla Nasa hanno svelato l’esistenza e il significato di questa misteriosa frase.

Di che messaggio si tratta? Le parole inserite in codice sul paracadute compongono una citazione ripresa da un discorso di Theodore Roosvelt del 1899: “Dare mighty things”, che tradotto significa letteralmente “Osa cose straordinarie”.  

Clark ha spiegato la sua decisione al The New York Times, definendola un’opportunità per avere un po’ di divertimento e per dare un significato particolare a uno strumento fondamentale per il successo della missione.

Dato che attraverso le videocamere di Perseverance sarebbe stato possibile vedere perfettamente l’apertura del paracadute, il suo desiderio era di inserire dei colori che lo distinguessero e che avessero un senso. Quale occasione migliore per inserirvi un messaggio speciale?

Naturalmente l’attenzione nel decorare e colorare il tessuto è stata molta, anche perché il rischio di danneggiare il paracadute era molto elevato e il risultato sarebbe stato determinante per il successo della missione, che oltre ad avere un altissimo valore scientifico è costata ben 2,7 miliardi di dollari.

Fortunatamente l’atterraggio del rover sulla superficie del Pianeta è avvenuto con successo e in più oggi su Marte c’è un messaggio da parte dell’uomo che sottolinea ulteriormente la sua presenza anche nello Spazio.

Mars 2020, nome della missione con protagonista Perseverance, non è la prima e unica missione intrapresa dall’uomo per scoprire Marte.

Storiografia delle missioni su Marte

Quello a cui abbiamo assistito in queste settimane non si è trattato affatto del primo tentativo dell’uomo di scoprire Marte.

Al contrario, le missioni che scienziati spaziali di tutto il mondo hanno tentato di portare a termine negli ultimi 60 anni sono state almeno 40 e più della metà sono fallite.

Come confermato anche dall’ESA, gli scienziati parlano addirittura di “demone marziano” per identificare questo fenomeno che provocherebbe il sabotaggio dei veicoli spaziali diretti su Marte.

La prima missione avvenuta con successo risale al novembre del 1964, con il Mariner 4 della Nasa; come da programma furono recuperate le prime 22 immagini del pianeta.

In precedenza, l’Unione Sovietica aveva tentato di compiere delle missioni, fallendo però per 5 volte consecutive.

Sette anni dopo, la sonda russa Mars 2 riuscì ad orbitare intorno a Marte e nello stesso anno anche il primo orbiter della Nasa portò a termine la stessa impresa.

Le prime foto dettagliate della superficie marziana furono scattate a metà degli anni ’70 dalle sonde gemelle Viking, grazie alle quali fu possibile mappare quasi il 97% del suolo del pianeta.

Dopo vent’anni di tentativi falliti la missione Mars Global Surveyor riuscì ad avere successo raggiungendo l’orbita del pianeta nel 1997, ma anche in seguito a questo piccolo traguardo, le missioni successive furono dei fallimenti.

Negli ultimi dieci anni, a partire dalle analisi svolte dal rover americano Curiosity, che come l’attuale Perseverance ebbe moltissima fama, le missioni che si sono susseguite sono state numerose e oltre agli Stati Uniti e alla Russia, anche l’India nel 2013, e l’Unione Europea nel 2016 hanno contribuito e investito nella scoperta di Marte attraverso l’organizzazione di missioni spaziali.

La conquista del pianeta rosso ha da sempre affascinato tutti e grazie alle innovazioni tecnologiche sarà molto più semplice scoprirlo ulteriormente.

Il sogno di Elon Musk di colonizzare Marte

L’imprenditore multimiliardario Elon Musk, attuale uomo più ricco al mondo, da moltissimi anni afferma e dichiara il suo sogno, trasformatosi ormai in obiettivo, di riuscire a portare gli esseri umani su Marte per potervi creare una colonia.

Addirittura, entro il 2050 Musk vorrebbe costruire una città di milioni di abitanti, rendere il viaggio interplanetario accessibile per tutti i terrestri, ed è inoltre convinto che tra soli 6 anni sarà possibile far sbarcare per la prima volta un equipaggio sul pianeta.

“Vorrei morire su Marte. Basta che non sia al momento dell’impatto” è una famosa citazione di Elon Musk in merito al suo desiderio di raggiungere e colonizzare Marte.

Recentemente l’imprenditore ha inoltre fatto discutere e divertire con un suo tweet, nel quale ha affermato: “There will definitely be a MarsCoin!”, “ci sarà sicuramente una MarsCoin!”.

Se fosse un commento ironico o meno non è molto chiaro, sicuramente però, secondo l’imprenditore, l’economia marziana dovrebbe basarsi su una criptovaluta.

Tuttavia, le difficoltà da affrontare per raggiungere questo obiettivo sono moltissime, tanto che per ora ci si può solamente limitare ad approfondire le ricerche sulle caratteristiche di Marte.

Cosa accadrà in futuro

In queste settimane si è parlato e si parla molto di Perseverance, ma la verità è che in questo stesso periodo su Marte sono arrivate anche altre due missioni: la sonda Hope degli Emirati Arabi e il Taiwen-1 della Cina.

La sonda Hope è giunta nell’orbita di Marte lo scorso 9 febbraio, e il suo compito si focalizza sullo studio dell’atmosfera marziana per documentare il clima del pianeta.

L’orbiter Tianwen-1, invece, è entrato nell’orbita di Marte un giorno dopo la sonda araba e ha gli stessi obiettivi di Perseverance, ovvero cercare tracce di vita sul pianeta e studiare la sua atmosfera, i minerali e anche trovare acqua ghiacciata.

La corsa alla scoperta del pianeta rosso sta coinvolgendo sempre di più i paesi più tecnologicamente sviluppati: sono tutti affascinati da Marte e dalla storia e dagli eventi che l’hanno portato a diventare il pianeta apparentemente disabitato e inospitale che conosciamo oggi.

Gli obiettivi che gli scienziati intendono raggiungere sono molti e la strada da percorrere è ancora lunga e complessa.

Il successo delle missioni più recenti ha portato tutti a sperare e a credere con più convinzione che forse, in un futuro non troppo lontano, sarà possibile per l’uomo mettere piede per la prima volta sull’affascinante Marte.  

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Economia, StartUp e Fintech

Dogecoin, Reddit ed Elon Musk: quando un meme rende milionari

Il mercato delle criptovalute non è più quello di anni fa dove piccoli investimenti in Bitcoin hanno trasformato in milionari migliaia di persone. Tuttavia molte criptovalute stanno vivendo una “nuova giovinezza” e, specialmente nelle ultime settimane, la fiducia nei vari asset pare essere alta. Tra tutte le cripto, decisamente singolare è la vicenda attorno al recente picco raggiunto dal Dogecoin, una criptovaluta nata come meme che gli utenti di Reddit con il supporto dei tweet di Elon Musk, che l’ha definita più volte “the people’s crypto”, hanno “spinto” per ben due volte #ToTheMoon. Un’operazione che ha avuto del miracoloso: vi basti pensare che il valore di un Dogecoin a inizio gennaio era di circa 0.004$ e che, a fine mese, ha toccato i 0.0875$ (raggiunti di nuovo qualche settimana dopo), rimanendo, poi, essenzialmente stabile tra i 3 e i 6 centesimi di euro. Un aumento di circa il 2000%, il che significa che un investimento di 50 mila euro vi avrebbe reso milionari nel giro di qualche giorno. Come è stato possibile? Da cosa nasce il Dogecoin? Cerchiamo di fare chiarezza con questo articolo.

[1]La variazione del valore nominale di Dogecoin negli ultimi mesi

Da meme a criptovaluta

Sicuramente molti di voi avranno già visto da qualche parte il tenero cagnolino in copertina, questo perché, in effetti, il Doge nasce come soggetto e base per meme – più o meno divertenti – nel 2013. Ai tempi non vi era alcuna correlazione tra l’iconico cane di razza shiba e il mondo della speculazione finanziaria, tant’è che si trovano ancora online articoli d’epoca che lo incoronano “meme dell’anno”. Ma allora a cosa devono i loro guadagni i “fortunati” che hanno investito in Dogecoin a gennaio? Dogecoin nacque anch’esso nel 2013, cinque anni dopo la creazione di Bitcoin. Jackson Palmer e Billy Markus, i due programmatori che li hanno ideati, dissero di averlo fatto per gioco, come parodia di tutte le varie criptovalute dalla dubbia credibilità che stavano nascendo in quegli anni. Insomma, non avevano la minima idea di cosa farne in futuro. Basti pensare che, inizialmente, ne venivano regalate anche centinaia di migliaia di unità più o meno casualmente (pensate se qualcuno le avesse messe da parte fino ad oggi!) e, per un certo periodo, fu usata come “criptovaluta didattica” per chi volesse approcciarsi a quel mondo senza rischiare grossi capitali. Il Dogecoin ebbe un leggero picco di notorietà, suo malgrado, a causa di alcune operazioni di hacking subite nel natale 2013 e nel 2014 per la fine del sistema di bonus con cui venivano regalati. I due creatori, forse per noia o perché convinti che il loro scherzo sarebbe rimasto tale, vendettero tutti i loro Dogecoin nel 2015, si narra che Markus utilizzo la somma guadagnata per comprarsi una Honda Civic di seconda mano. Da quel momento in poi, escludendo il picco di valore del 2017 (nel pieno del boom generale delle criptovalute), Dogecoin è rimasto in un limbo tra l’anonimato e il meme. O almeno, fino a gennaio.

To the moon

Che vi interessiate o meno al mondo della finanza e degli investimenti, ricorderete senza altro il caso GameStopZing di qualche settimana fa. Anche in quel caso tutto è partito da Reddit, più nello specifico dal subreddit r/wallstreetbets che oggi conta 9 milioni di utenti, tramite il quale centinaia di migliaia di utenti si sono coordinati per comprare azioni della famosa catena di negozi di videogiochi, facendone salire il valore di circa il 275%. Per il Dogecoin è successa la stessa identica cosa subito dopo ma con un obiettivo ben più grande, portare il valore nominale a $1, portarlo #ToTheMoon. Essenzialmente la corsa all’acquisto è partita da un singolo utente che ha postato “Facciamo del DOGECOIN un fenomeno. Tutto qui, questo è il post”. L’effetto del delirio collettivo redditiano potete vederlo da voi nel primo grafico di questo articolo, qualcuno esclamerebbe “stonks!”. Tuttavia il primo picco è stato decisamente effimero ed è durato solamente poche ore. È intervenuto allora il multimiliardario Elon Musk, che si era già mostrato a favore della speculazione attorno a GameStop, iniziando una serie di tweet-shitposting in cui, appunto, inneggiava all’arrivo sulla Luna del Dogecoin e al suo luminoso futuro come “The future currency of the Earth”. Così il picco è stato raggiunto di nuovo qualche giorno dopo e, sebbene in calo, la criptovaluta sembra mantenere un valore comunque decisamente più alto di quello che aveva a dicembre 2020. Senza considerare che, a oggi, il subreddit dedicato esclusivamente all’impresa ha superato il milione di iscritti e che Musk continua a twittare a favore del Dogecoin, il che porta, ogni volta, a uno balzo in alto del valore della moneta.

E ora?

Per quanto sia divertente ed emozionante osservare tutto l’entusiasmo che si è creato attorno ai Dogecoin su Twitter e su Reddit, è opinione comune che l’obiettivo di far arrivare il valore a 1$ sia irraggiungibile nella pratica vista la completa assenza di servizi legati alla moneta e alla scarsa attività del team di sviluppo che c’è dietro. La crescita di valore di queste settimane è, infatti, strettamente collegata alla sua natura di meme e, si sa, prima o poi, per quanto divertenti, i meme passano di moda. Ed essendo, al momento, l’andamento dei Dogecoin interamente basato sull’hype scaturito dai tweet di Elon Musk va da sé che la cosa non può durare a lungo.

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Ambiente, società e tecnologia

Come l’uomo più ricco del mondo vuole spendere i suoi soldi e salvare il pianeta

L’8 gennaio di quest’anno Elon Musk è diventato l’uomo più ricco del mondo con un patrimonio di quasi 190 miliardi di dollari, superando persino Jeff Bezos proprietario di Amazon; Tesla, la sua azienda più redditizia vale più di Facebook ed è il CEO di altre 3 realtà altrettanto futuristiche: Space X, Neuralink e The Boring Company. Nei suoi tweet dichiara come vuole utilizzare quei soldi: per salvare l’umanità.

Quando ha saputo della notizia, ha riflettuto solo un secondo, per poi replicare: “bene, torniamo al lavoro”, Elon Musk è il tipico genio che lavora sodo e negli ultimi tempi si è fatto conoscere da tutto il mondo per i grandi risultati ottenuti: ben 26 missioni spaziali nell’anno del Covid-19, le azioni di Tesla che salgono del +500% in un anno, il suo Falcon 9 che si conferma come miglior razzo riutilizzabile esistente, il progetto “LaunchAmerica” con il quale gli Stati Uniti sono tornati a decollare dal suolo americano grazie alla Crew Dragon – la prima navicella commerciale – e la recente acquisizione di due piattaforme petrolifere per lanciare i razzi. Ciò che desta ancora più scalpore sono le sue intenzioni future che puntualmente dichiara tramite degli enigmatici e a volte folli tweet: da creare una sorta di treno velocissimo (1220 km/h) denominato Hyperloop a levitazione magnetica che in poco tempo permette di viaggiare tra le grandi città del mondo, ad impiantare un chip nel cervello umano che consenta la cura di malattie neurodegenerative e il movimento di arti robotici con il pensiero per aiutare chi ha subito amputazioni, fino alla Tequila marcata Tesla.

Tuttavia è noto da anni che l’obiettivo principale del CEO visionario è, tra tutti, colonizzare Marte per dare all’umanità una seconda casa.  Secondo il co-founder di PayPal l’uomo metterà piede su Marte nel 2025. Ci vorranno una ventina d’anni e circa 1000 Starships per costruire la prima città sostenibile sul pianeta rosso; su questo progetto è pronto a scommettere gran parte dei suoi soldi.

Negli ultimi giorni si è però aggiunta una novità: “donerò 100 milioni di dollari come premio per la miglior tecnologia di cattura del carbonio” recita il tweet a cui ha fatto seguito un secondo in cui promette maggiori informazioni durante la settimana successiva. Un sistema in grado di catturare l’anidride carbonica dall’atmosfera terreste e trasformarla è una delle possibili soluzioni per contrastare il cambiamento climatico, in linea con questa proposta c’è persino il presidente Joe Biden che oltre ad aver firmato per rientrare negli accordi di Parigi, ha intenzione di prendere dei provvedimenti per accelerare lo sviluppo di questa tecnologia.

Un sistema simile esiste già e viene utilizzato in alcuni impianti industriali: catturare la CO2 alla fonte stessa prima che venga emessa nell’atmosfera e trasportarla in una struttura apposita per essere stoccata (sistemi chiamati Ccs). I problemi principali però sono 2: i costi elevati e il rischio per la sicurezza: eventi geologici o problemi interni, potrebbero danneggiare gli impianti di stoccaggio e una fuoriuscita improvvisa di questo gas può avere importanti effetti di cui già si sono registrati casi di vittime in passato. Per ovviare a ciò sono state fatte delle proposte di sistemi alternativi detti Ccu (Carbon Capture and Utilization) che catturano anidride carbonica e invece di immagazzinarla, la utilizzano trasformandola in sostanza utile. Un’altra problematica che bisogna affrontare è il fatto che il biossido di carbonio non può essere comodamente catturato dal camino di un qualsiasi impianto industriale, bensì direttamente dall’atmosfera terrestre la quale, oltre a rendere difficile un sistema di cattura e separazione delle componenti, contiene molta CO2, ma in maniera estremamente diluita.

La proposta di alcuni è prendere spunto dagli organismi che sono maestri in questo tipo di attività di cattura e trasformazione dell’inquinante: gli alberi, il come però rimane una sfida a cui alcuni laboratori stanno già lavorando; non ci resta che aspettare il genio che farà la miglior proposta guadagnandosi i 100 milioni di Elon Musk…basterà questo per salvare il pianeta?