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I teli geotessili sono tessuti prodotti da un intreccio di fibre in materiale polimerico principalmente polipropilene e poliestere, tipicamente usati in applicazioni di edilizia o nel campo dell’ingegneria civile per le proprietà di drenaggio, filtrazione e controllo dell’erosione dei suoli. Recentemente se ne sente parlare in relazione al loro impiego nella copertura dei ghiacciai per ridurne lo scioglimento, uno degli effetti causati dell’aumento delle temperature dovuti all’emergenza climatica.

Sono una soluzione alla fusione dei ghiacciai?

L’utilizzo di teli geotessili di colore bianco sui ghiacciai riesce a garantire una maggiore riflessione della luce solare e andrebbe a ridurre quasi del 60% la fusione del ghiacciaio. L’azione di copertura e il rallentamento del fenomeno da un lato aiuta a garantire l’esistenza di piste da sci e dall’altro risparmiare su piani di innevamento durante la stagione invernale e quindi in modo diretto sostiene le attività turistiche favorendo lo sviluppo delle comunità locali. Quindi sono un’ottima soluzione? Dal punto di vista fisico riducono il fenomeno ma per quanto lodevole, l’intento di coprire i ghiacciai con teli plastici ha diversi limiti di natura logistica, economica e ancor di più ambientale ed ecologica. Questi teli hanno un costo in termini di CO2 che deriva dalla loro produzione e anche dalla loro gestione legata agli spostamenti per installarli e smantellarli. Si stimano quasi 40 giorni per il posizionamento e altrettanti per la rimozione. Inoltre, nella maggior parte dei casi riciclarli ne abbassa l’efficacia contro lo scioglimento e una volta a fine vita risulta difficile sottoporli a processi di riciclo o riutilizzo.

Le condizioni atmosferiche degradano le fibre, l’azione del sole, del vento e delle temperature degradano i teli frantumandoli e lasciando un paesaggio non piacevole alla vista oltre che, minaccia più importante aumentare l’introduzione in ambiente di micro e nano plastiche che si aggiungono a quelle migliaia già trovate e analizzate dai glaciologi. Il costo aumenta ulteriormente se si dovesse considerare la possibilità di applicare questa soluzione a tutti i ghiacciai che sono in situazioni critiche. Oltretutto ci sono problematiche logistiche legate al fatto che non risulterebbe possibile come soluzione in tutti quei luoghi impervi in cui non è agibile arrivare con mezzi operativi ingombranti tipicamente coinvolti come il gatto delle nevi. Inoltre, è bene considerare il problema ecologico che questa pratica comporta su un ecosistema, quello montano molto fragile e in continuo e veloce cambiamento. La superficie di un ghiacciaio e così il suo ambiente intorno non è inerte e sterile ma vivo e dinamico. È riportato dalla letteratura che i cambiamenti climatici stanno agendo su uno spostamento sempre più a nord di specie animali e vegetali e la copertura con teli di plastica non può che isolare le comunità biologiche presenti e limitarne i processi. La conseguenza è quella di impoverire e rendere i ghiacciai cubi asettici, separati dal loro contesto ambientale.

Pensare che risolvere il problema delle importanti perdite di ghiaccio, del continuo e inarrestabile ritiro dei più grandi ghiacciai dell’arco Alpino con teli non può essere una soluzione e una soluzione definita sostenibile come affermato dalla comunità scientifica. Con una lettera 39 scienziate e scienziati esperti di ghiacciai e clima hanno fatto un appello, supportati da diversi enti italiani facenti parte del World Glacier Monitoring Service, per far riflettere sull’ambiguità di nascenti start-up e iniziative di raccolte finanziarie emerse negli ultimi mesi, che hanno come attività principale la copertura di ghiacciai con teli geotessili.

Il caso del ghiacciaio del Presena: l’iniziativa di Glac-UP

Un primo esempio di applicazione di teli geotessili sui ghiacciai è stato a sud del passo del Tonale in val Presena. Il ghiacciaio del Presena fa parte del gruppo dei Ghiacciai della Presenella nella regione del Trentino-Alto Adige e porta con sé una grande storia umana e climatologica. Ad oggi è uno dei luoghi di ritrovo degli appassionati di sci e il suo sfruttamento per realizzazione di impianti sciistici è iniziato negli anni Sessanta del Novecento. Dal 2007 a seguito di diversi monitoraggi emerse che il ritmo di fusione sarebbe notevolmente accelerato con conseguenze sulla stabilità del ghiacciaio oltre che per le attività sciistiche. Per questo, la società Carosello Presena S.p.a con il supporto dell’Università di Trento e aziende come Glac-UP ha iniziato le attività di copertura del ghiacciaio con lunghe strisce di teli geotessili. L’azienda Glac-UP nasce da un gruppo di quattro ragazzi della Bocconi con l’intento di proporre una soluzione al problema del veloce ritiro dei ghiacciai partendo proprio con un progetto pilota nella Val Presena. L’obiettivo è quello di sostenere e finanziare l’acquisto dei teli e la copertura del ghiacciaio del Presena partendo da una superficie di 1000 metri quadri ed espandersi a 120.000metri quadri attraverso una raccolta fondi proponendo l’adozione(un acquisto online su sito web dell’azienda) di parti del ghiacciaio. L’azienda si rivolge a privati ed enti pubblici mostrando l’intervento come finalizzato al contrasto al cambiamento climatico per la salvaguardia dei ghiacciai e delle nostre montagne coinvolgendo i cittadini e i più sensibili al tema. Ma oggi la comunità scientifica rimane in netto contrasto con la comunicazione ambigua di queste iniziative che sembrano orientate solo a sostenere attività economiche in quanto a livello scientifico non sono definite come strategie di adattamento e mitigazione per i cambiamenti climatici.