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Come alcuni stati del grande continente africano contribuiranno a salvare il mondo dal surriscaldamento climatico. Un bene per la comunità ma anche un possibile asset sul quale investire.

 

Chi è ‘AGHA’?

‘AGHA’, The Africa Green Hydrogen Alliance, è un consorzio di stati del continente africano. Nata a Glasgow in Scozia durante la COP26, ventiseiesima edizione della ‘Conference of the Parties’ (anche nota come United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC, ovvero la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici), AGHA si prefigge lo scopo di sfruttare l’importante potenziale tecnico e di mercato della produzione di idrogeno verde e dei suoi derivati in favore di tutto il mondo.

Fanno parte di questa alleanza l’Egitto (col Ministero dell’Elettricità e delle Energie rinnovabili, MOERE), il Kenya (col Ministero dell’Energia), la Mauritania (Ministero del Petrolio, dell’Energia e delle Miniere), il Marocco (con IRESEN), il Namibia (Commissione dell’Idrogeno Verde), il Sudafrica (con ‘Industrial Development Corporation’).

Questi paesi sono tutti mossi dall’obiettivo di divenire una potenza energetica cardine nello sviluppo mondiale. Oltre alla finalità ben chiara vi sono anche un progetto ed una coordinazione tali da poter garantire una concreta stabilità dell’Alleanza. Va detto, però, che tra le consociate il Kenya è lo stato che avrebbe maggiore disponibilità di produrre idrogeno verde in quanto già avvezza a produrre il 90% della sua elettricità da idroelettrico, energia geotermica, solare ed eolica, nonché biomassa.

 

Cos’è l’idrogeno verde?

Ma cos’è l’idrogeno verde? Come lo si produce? Ci addentriamo in una spiegazione un po’ più tecnica, che semplificherò per la massima comprensione.

L’idrogeno, come fonte energetica così come la conosciamo, per sprigionare energia deve essere nella sua forma semplice: H2. Nell’universo l’idrogeno è l’elemento di gran lunga più disponibile, ma sulla terra lo troviamo principalmente legato ad altri elementi. Bisogna dunque separare l’idrogeno dal resto dei composti in cui si trova e per fare ciò è richiesto un grande dispendio di energia. Ci sono circa 40 metodi per creare H2, ma certamente il più efficiente è l’elettrolisi.

Se l’energia utilizzata per ricavare H2 deriva da fonti di energia rinnovabile si parla di “idrogeno verde”, diversamente si parla di “idrogeno grigio” nel caso si utilizzino combustibili fossili e di “idrogeno blu” ove le emissioni di combustibili fossili utilizzati per produrre idrogeno vengano catturate.

Verrebbe naturale domandarsi perché usare una fonte di energia primaria, quali ad esempio i combustibili fossili, per produrre altra energia primaria invece che produrre energia elettrica. La risposta è semplice: perché è più conveniente!

Ebbene, l’energia elettrica è una fonte di energia secondaria poiché per crearla serve l’ausilio di un’altra fonte. L’assenza di batterie di stoccaggio capaci di conservare ingenti quantità di energia elettrica fa sì che l’energia prodotta debba essere consumata in un lasso di tempo breve. L’idrogeno dal suo canto ha invece il valore aggiunto di poter essere facilmente stoccato nel sottosuolo, immesso nelle condutture del gas, trasportato anche liquido. Inoltre, l’idrogeno ha un’alta densità energetica: un chilogrammo sprigiona 120 megajoule di energia. Una potenza ben tre volte in più grande di quella sprigionata dalla benzina.

Nel mondo attualmente la più grande produzione di idrogeno verde avviene in un impianto realizzato in soli due anni, tra il 2018 e il 2020, a Fukushima, a 250 km da Tokyo. Denominato ‘Fukushima Hydrogen Energy Research Field’ (anche conosciuto come ‘FH2R’), lo stabilimento include 40 mila m2 di estensione per l’impianto e 180 mila m2 di pannelli fotovoltaici. Produce 1.200 m3/h di H2. Ovvero l’equivalente del fabbisogno di 150 abitazioni per un mese stando alle stime giapponesi.

 

Perché investire in Africa?

AGHA inizia il suo “pitch” (ndr. presentazione a fini di promozione di un nuovo progetto o di una nuova impresa) affermando che «C’è un crescente consenso internazionale che vede giocare all’idrogeno verde un probabile ruolo vitale nella transizione del mondo verso un futuro energetico sostenibile. Prodotto utilizzando energia generata da fonti rinnovabili […] potrebbe inoltre contribuire ad aumentare la sicurezza energetica attraverso la diversificazione delle fonti, riducendo nel contempo le emissioni di gas serra per aiutare il mondo a raggiungere lo zero netto» [TdA]. Con questo incipit AGHA vuole trasmettere un chiaro messaggio ambientalista, oltre che affermarsi come principale esportatore di una fonte di energia sulla quale garantisce in prima persona.

L’Alleanza stima una crescita della domanda mondiale di idrogeno di circa 7 volte il valore registrato nel 2020 di 89 Mt (ndr. Milioni di tonnellate) vedendo entrare nel mercato come possibili clienti, oltre alle industrie chimiche e di raffinazione che attualmente coprono la quasi totalità della richiesta di idrogeno, l’industria dei trasporti, quella del riscaldamento di edifici, l’industria del ferro e dell’acciaio, quella dell’energia, oltre che altre tipologie di industrie non considerate nello specifico.

Secondo le loro previsioni «la mobilità, che rappresenta circa il 19% delle emissioni globali oggi, dovrebbe essere il segmento di utilizzo finale dell’idrogeno più grande entro il 2050» in quanto «l’idrogeno può essere utilizzato […] specialmente nei settori difficili da decarbonizzare, come i mezzi di trasporto a lungo raggio e l’industria pesante».

Alla luce della nuova rotta politica intrapresa a livello globale riguardo alla riduzione delle emissioni di CO2, The Africa Green Hydrogen Alliance stima un taglio dei costi di produzione di idrogeno verde del 60% entro il 2030. Arrivando addirittura ad eguagliare già nel 2028, grazie all’introduzione di tariffe sull’anidride carbonica, il costo dell’idrogeno grigio. In questo modo l’idrogeno verde diverrebbe più competitivo rispetto ad altre alternative a basse emissioni di carbonio entro il 2030, in circa 20 applicazioni pratiche.

 

 

Il grande continente

C’è un elemento fondamentale che determina un mix di successo per AGHA: il continente africano! Morfologicamente parlando l’Africa presenta vaste aree di terra non abitata. Per non parlare della quantità di Sole da cui è ben irradiata. Perché questi fattori rappresentano un vantaggio? Per capirlo basta pensare alla quantità di suolo occupato per la centrale di Fukushima, citata poco fa. L’Africa ne dispone in quantità ben più elevate che potrebbero essere utilizzate senza sottrarre suolo agli abitanti.

Tirando le somme, AGHA e il continente africano hanno tutte le carte in regola per porsi al mondo come operatore chiave di un mercato che ancora non conosce molti player, ma che ben sappiamo esistere. Ciò l’ha dimostrato non solo ufficializzando la sua esistenza e la sua mission in una conferenza internazionale ma annunciandola parallelamente anche al lancio di ‘RepowerEu’ (ndr. Programma di accelerazione per la diffusione delle energie rinnovabili nell’Unione Europea). Ciò fa ben sperare per quanto riguarda la diversificazione del rifornimento energetico europeo e la disintossicazione dal petrolio e dal gas russo.

 

Fonti:

https://climatechampions.unfccc.int/africa-green-hydrogen-alliance/

https://gh2.org/sites/default/files/2022-11/Africa’s%27s%20Green%20Hydrogen%20Potential.pdf

https://www.italiaoggi.it/news/africa-idrogeno-verde-per-la-ue-2607204#:~:text=L’Africa%20green%20hydrogen%20alliance,di%20nuovi%20posti%20di%20lavoro

https://www.geopop.it/perche-l-idrogeno-e-il-combustibile-ideale-per-la-transizione-energetica/

https://www.geopop.it/a-fukushima-si-trova-il-piu-grande-impianto-per-la-produzione-di-idrogeno-verde-al-mondo/

https://www.afsiasolar.com/suez-could-become-africas-gateway-to-a-green-hydrogen-economy/