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UAF (U are family) è una piattaforma digitale nata a Milano nella primavera del 2022 con lo scopo di mettere in collegamento anziani e giovani per far passare del tempo loro insieme, e rendere più piacevole la vita di chi è vittima di solitudine.

 

Gli ideatori sono Matteo Fiammetta, nanotecnologo, e Cecilia Rossi, designer e costumista, entrambi 29enni ed ex alumni Polimi. Amici dalle elementari con percorsi di studio agli antipodi si sono ritrovati durante il primo lockdown del 2020: condividendo pensieri e dubbi professionali scatenati dalla crisi pandemica hanno deciso di dar vita ad un progetto d’impatto sociale identificando la marginalizzazione degli anziani come il nemico da combattere.

 

Attraverso un lavoro certosino fatto di circa 2000 interviste e di studio psicologico per creare profili di compatibilità, Matteo e Cecilia hanno prodotto un algoritmo capace di accoppiare gli utenti che si iscrivono a UAF. La piattaforma è fruibile via web e, per i meno tecnologici, anche attraverso numero di telefono (3519289518).

Anziani e giovani si iscrivono, i primi per trovare compagnia (reale o virtuale) e condivisione, i secondi per beneficiare di un punto di vista differente sul mondo offrendo degli slot settimanali di disponibilità oraria.

 

Non si tratta però di volontariato: i nipoti “on demand” (definiti così anche sul sito della startup) vengono retribuiti grazie al legame creato da UAF con case farmaceutiche, home care company, welfare aziendali e partner assicurativi. Infatti il trend di offerta di benefit “E-S-G” (“environment-social-governance”) è in continua crescita e vengono rese disponibili sempre più risorse per la cura e l’assistenza morale delle persone anziane.

 

Attualmente la community è attiva su Milano ma conta di espandersi trovando finanziatori e utenti in Italia e all’estero.

 

Nel contesto dell’ormai noto progressivo invecchiamento della popolazione UAF è una tra le prime realtà a considerare l’incontro tra fasce d’età profondamente diverse come una vera risorsa per la società e si avvia a modificare l’impatto delle startup sul “longevity shock” preannunciato ormai un decennio fa dal Fondo Monetario Internazionale.