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Durante la seconda giornata del Web Marketing Festival di Rimini, noi iWriters abbiamo avuto modo di coprire la maggior parte delle conferenze dedicate alla dirompente realtà dei podcast.

Con questo articolo, abbiamo intenzione di riportarvi tutto ciò che abbiamo imparato, citando i consigli degli esperti e partendo da dati attendibili.

A quali affidarsi se non a quelli forniti da Spotify, nota azienda a livello globale che permette a questi contenuti di essere conosciuti dagli ascoltatori?

Edu Alonso, che lavora in Spotify, ci ha dimostrato quanto l’industria dei podcast sia in continua crescita e che iniziare a produrne uno è un’opportunità da non perdere per i creatori di contenuti.

L’industria della musica e della radio a livello globale vale oltre 93 miliardi di dollari e negli anni gli ascoltatori americani di podcast sono aumentati mensilmente dell’11%.

L’obiettivo principale di Spotify in merito ai podcast è permettere di sbloccare il potenziale della creatività umana.

 

Misuriamocelo (… il podcast)

Rossella Pivanti, producer di branded podcast (cosa sono? Ne abbiamo parlato qui) ha tenuto un talk dedicato alle metriche corrette da utilizzare per capire se un podcast sta funzionando, sfatando diversi miti.

Andando ad intuito, si potrebbe pensare che, per verificare se si è sulla strada giusta con il proprio podcast, basti controllare il numero di ascoltatori. Tuttavia, ciò si rivelerebbe, quanto meno, ambiguo dato che, come spiega Pivanti, gli ascolti hanno la stessa funzione e la stessa scarsa utilità dei “mi piace” su Facebook. Si tratta, infatti, solamente di una “vanity metric” che poco può dire sull’effettivo successo del proprio podcast e che, per metà degli episodi disponibili sulle varie piattaforme, si aggira attorno a soli 28 ascolti (solo l’1% supererebbe i 3780).

Inoltre, dato che alcune piattaforme contano un ascolto dopo un secondo mentre altre dopo un minuto, si potrebbe essere portati ad abbandonare certe piattaforme in favore di altre basandosi su dati decisamente fallati. Senza contare che, spesso, il “flusso di ascoltatori” è difficile da prevedere e avere un numero di ascolti inferiori alla propria media in un episodio, non necessariamente implica che quella puntata sia, a livello di contenuti e di qualità, inferiore alle altre.

Quindi, quali dati e metriche monitorare per capire se si sta andando nella direzione giusta? Un fattore insolito che Rossella Pivanti consiglia di osservare sono gli artisti preferiti dei propri ascoltatori. Non è un segreto, infatti, che sia più facile fidelizzare utenti con gli stessi gusti degli speaker e questo potrebbe essere un ottimo indicatore da cui partire. 

Ovviamente, è importantissimo osservare la performance e la retention del proprio podcast ovverosia quanti ascoltatori hanno ascoltato il podcast fino in fondo o, almeno, per tre quarti della sua durata.

Logicamente, sia che stiate producendo un podcast per la vostra azienda o per voi stessi, cosa preferiste? Mille ascoltatori sul vostro indicatore della dashboard che ascoltano per soli due minuti o cento che fruiscono tutto l’episodio per intero? 

A livello di numeri, è importante monitorare il numero di follower. Questi utenti sono, infatti, persone che hanno effettivamente interagito con noi manifestando la volontà di ricevere notifiche riguardo al podcast.

Si può, poi, controllare la geolocalizzazione dei propri utenti (dove vivono? Come si muovono? Cosa fanno?), il profilo demografico completo e le piattaforme utilizzate. Tutto ciò per rendere il più possibile mirati i contenuti del proprio podcast e per capire come indicizzarlo al meglio, in modo da raggiungere al meglio possibili ascoltatori interessati.

Quindi, in definitiva, dopo aver misurato, come migliorare il proprio podcast? Secondo Rossella, nonostante non esistano “formule magiche”, il migliore modo rimane puntare sulla qualità, tentare di aumentare il più possibile la retention e lavorare sulla community.

 

Influencer marketing e podcast: benvenuti nel mercato dell’attenzione.

Durante il suo talk, Francesco Tassi, CEO di VOISLAND, una podcast media company, ha discusso la relazione tra influencer marketing e podcasting. Nonostante le attività legate all’influencer marketing siano in crescita sia a livello di numerosità che di remuneratività, la figura dell’influencer sta radicalmente cambiando.

Secondo Tassi, infatti, oggi stiamo andando verso un mercato dell’attenzione in cui accattivare gli utenti è già diventato più importante del messaggio stesso che si vuole comunicare.

Ma quali sono le caratteristiche principali di questo mercato dell’attenzione? Innanzitutto i tempi di ingaggio che si sono molto più allungati. Non si ricerca più un’interazione istantanea ma, piuttosto, una relazione duratura. Dopo di che, i temi dei vari messaggi tendono ad essere più specifici ed indirizzati a nicchie di appassionati. Insomma, meno numeri ma molta più retention.

Per quanto riguarda i canali migliori per instaurare relazioni durature e fruttuose, i favoriti sembrerebbero essere proprio i podcast. Stando al NET Trust index, i prodotti audio sono considerati i più affidabili (i social network sono, invece, in fondo alla classifica). Se ci pensate, spiega Tassi, è naturale che sia così: ormai la possibilità di modificare le fotografie è così diffusa che l’utente medio è diventato diffidente verso ciò che vede online. Diversa è, ovviamente, la situazione per quanto riguarda la voce che difficilmente può essere alterata in maniera non riconoscibile.

La voce e il podcast sono, quindi, due strumenti chiave per avere successo in un mercato di relazione. Questo per tre principali motivi:

  • L’ascolto dei podcast si fa in solitaria e ciò crea una relazione intima che, come conseguenza, crea un rapporto di fiducia tra speaker e ascoltatore
  • Il podcast sta crescendo molto come media, si parla di 8 milioni e mezzo di ascoltatori (un milione e mezzo in più rispetto l’anno scorso)
  • Il podcast consente di presidiare momenti in cui l’attenzione dell’utente non è rivolta verso alcun contenuto digitale (ad esempio mentre si fa la spesa o si cucina)

Il podcast influencer marketing consiste, quindi, nella collaborazione tra podcaster e imprese. Ciò può avvenire attraversocinque approcci differenti. Quest’ultimi, classificati dal meno al più impegnativo ed integrato nell’episodio, sono:

  1. Announcer read: si tratta di un classico spot pre-registrato inserito all’inizio o durante un podcast.
  2. Co-branded/sponsored by: il brand decide di associarsi a un podcast perchè si riconosce nei suoi contenuti e decide di inserire un messaggio in cui spiega le scelte della sponsorizzazione.
  3. Host read: si tratta di un momento all’interno del podcast in cui l’host interpreta, secondo il suo stile, il messaggio pubblicitario del brand. È, quindi, integrato all’interno dello show ed è una forma di sponsorship decisamente efficace
  4. Branded episode: è un episodio brandizzato che viene inserito nella programmazione di un podcast e che viene organizzato ed interpretato dallo speaker.
  5. Branded podcast: sono dei podcast creati dall’azienda con finalità di marketing che, spesso, hanno lo scopo di raccontare la propria storia e i propri valori in maniera attraente ed interessante per gli ascoltatori.

Ovviamente quale di questi approcci scegliere dipende dagli obiettivi e dal budget messo a disposizione dell’azienda, tuttavia resta il fatto che il branded podcast, probabilmente, il più utile nel processo di fidelizzazione degli utenti.

 

La voce come strumento di personal branding: il ritorno alla comunicazione vocale nell’era digitale

Ancora oggi è convinzione comune che i formati video siano molto più coinvolgenti rispetto a quelli audio, questo perché quest’anno i video sembrano essere i mezzi di comunicazione più efficaci. Alessandro Mazzù, podcaster e autore del libro “Brand Me: Il Personal Branding A Modo Mio” ha deciso di introdurre il suo talk a tema “voce come strumento di personal branding” cercando di sfatare questo mito e spiegando quanto invece le storie raccontate in formato audio siano cognitivamente ed emotivamente molto più coinvolgenti.

Un’altra differenza tra le due tipologie di contenuti presi in esame è che il video è in grado di creare familiarità ma non intimità come la voce, soprattutto quando si ascolta l’audio con gli auricolari.

La spiegazione sarebbe perché “ascoltare è un processo di co-creazione più attivo ed è rilevabile sulla pelle dell’ascoltatore”.

Anche se sottovalutata, la voce è uno degli strumenti più importanti a disposizione per chi vuole sfruttarla per la creazione di contenuti audio, proprio perché è in grado di far arrivare il messaggio in maniera più coinvolgente e diretta.

Un altro falso mito è sicuramente quello dell’esistenza di voci brutte: in realtà è sbagliato definirle tali, sarebbe più corretto parlare di voci non educate. L’interpretazione di una parola grazie allo sfruttamento della voce è inoltre fondamentale per dare un determinato senso piuttosto che un altro a un concetto.

Anche i due relatori Ilaria Potenza e Luigi Lupo del podcast “Generazione Covid” hanno parlato dell’importanza della voce, proprio perché l’ascolto della voce dell’autore permette di creare un legame con l’ascoltatore. La voce ha un ruolo più importante perché le immagini video sono spesso alterate con filtri, mentre la voce è più naturale e permette di comprendere lo stato d’animo di chi parla.

Un consiglio importante per chi vorrebbe registrare podcast e considera la propria voce come un ostacolo sarebbe proprio quello di registrarsi e ascoltarsi in modo tale da comprenderla e provare a migliorarla. Questo perché la voce che ascoltiamo noi e quella che invece arriva agli altri sono completamente diverse, essenzialmente perché cambia la modalità in cui l’ascoltiamo.

Ognuno ha un’impronta vocale unica, ed è l’insieme delle caratteristiche della voce di un individuo che ne permettono l’identificazione.

Oggi, la fortuna è che oltre alla voce si hanno a disposizione moltissimi strumenti che ci permettono di diffonderla e farla arrivare a chiunque vogliamo raggiungere.

E qui entra il discorso legato al Personal Branding, che non è altro che “il marketing applicato alla persona”, e nello specifico “fare personal branding significa avere una strategia con la quale far comprendere agli altri chi sei, cosa fai e in cosa sei differente. Insomma, dare una motivazione forte per scegliere te”.

Bisogna raccontare al cliente in che modo ci si differenzia dagli altri, questo prima di pensare al sito web, alla SEO e a molti altri aspetti.

Per concludere con le parole di Alessandro Mazzù, quale strumento migliore del podcast per rappresentare una narrazione in grado di creare intimità con gli ascoltatori e trasferire i suoi valori?