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Economia, StartUp e Fintech

I 4 modi di fare crowdfunding

Negli ultimi anni sta prendendo piede un nuovo metodo di finanziamento, che si sta affiancando agli istituti di credito, alle Pubbliche Amministrazioni e agli enti locali, che  da sempre considerati  punti di riferimento per le concessioni di capitali, il cosiddetto crowdfunding.

Il crowdfunding (parola che nasce dall’unione dei termini “crowd“, folla, e  “funding”, finanziamento), costituisce un metodo alternativo di ricezione di fondi: potremo dire essere una sorta di “finanziamento dal basso” o “finanziamento della folla”.

In pratica, tutto si basa sul concetto di capitale sociale: a prestare i capitali non sono più le banche o le imprese, ma i singoli risparmiatori che si uniscono riuscendo a diventare una fonte di capitale.

Ma a chi vengono prestati i capitali?

Semplice: a chi ha un’idea e vuole svilupparla (sì, stiamo parlando delle startup).

Cosa si può finanziare? Tutto: da un servizio a un prodotto. L’aspirante imprenditore definisce una cifra che gli serve, la propone alla folla e se raggiunge il traguardo realizza la sua idea.

Per diventare di massa, il Crowdfunding ha dovuto far proprie alcune meccaniche virali tipiche del web: non per nulla, è stato attraverso la Rete che il finanziamento dal basso ha permesso a moltissimi aspiranti imprenditori di realizzare la propria impresa.

Oggi sono moltissime le piattaforme online dedicate al Crowdfunding (le più famose sono Kickstarter e Mamacrowd) ovviamente regolate dagli organismi di controllo che tutelano chi vuole investire denaro e chi è in cerca di capitali per rendere realtà il proprio progetto.

Per richiedere liquidità tramite il finanziamento collettivo i crowdfunders -coloro che fanno crowdfunding-devono  creare  una pagina personale in una delle  piattaforme online attraverso cui possono presentare  il proprio progetto ai potenziali finanziatori che decidono se avviare il finanziamento oppure declinare. Naturalmente, prima che i crowdfunders presentino il progetto alla folla, le piattaforme valutano le campagne proposte prima di poterle inserire nel sistema.

Un aspetto da sottolineare è che non esiste un solo modo di fare Crowdfunding: anzi, a dirla tutta ci sono quattro diversi modelli che sono applicabili.

  1. DONATION BASED CROWDFUNDING:  com’è intuibile dal nome, questo modello di Crowdfunding si basa su un principio di solidarietà. Infatti, la forza motrice che permette agli investitori di erogare liquidità secondo questo approccio è riflessa nella volontà di sposare valori etici e morali che vengono presupposti dai progetti presentati dai crowdfunders. In altre parole, considerata la natura solidale del modello, i finanziatori donano  il proprio denaro senza  fini speculativi e senza ottenere una ricompensa in cambio. Per definizione, il crowdfunding che  si basa sulle donazioni viene adottato perlopiù da aziende no profit, da associazioni benefiche o volontariato e da ONG. Per fare un esempio, nel 2017 il comitato di Susa regalò alcuni defibrillatori con una campagna di donation based crowdfunding.
  2. REWARD BASED CROWDFUNDING:  è uno dei più popolari e ha come principio la ricompensa. I donatori  erogano somme di denaro e in proporzione all’entità del finanziamento stesso ricevono una ricompensa che però ha un valore simbolico e non finanziario. Anche in questo caso, è la condivisione dell’ideale e degli scopi le determinanti di questo modello. Kickstarter e Indiegogo sono le piattaforme dove è più semplice trovare questo tipo di progetti.
  3. LENDING BASED CROWDFUNDING: il modello lending, come da definizione, prevede l’impiego di prestiti e interessi scambiabili tra privati. Questa tipologia di crowdfunding permette ai privati di prestare capitale ad altri privati o aziende che, dopo un lasso temporale,  è prevista la restituzione del prestito maggiorato di un tasso di interesse. In Italia, queste piattaforme devono essere autorizzate da Banca d’Italia.
  4. EQUITY BASED CROWDFUNDING:  è la forma di crowdfunding che più si avvicina al concetto di investimento. Attraverso l’immissione di capitale nel progetto, ci si assicura il diritto ad avere una quota nell’azienda che nascerà in caso di raggiungimento dell’obiettivo. Chiaro che ci assumerà così anche i rischi (ma si avrà diritto a eventuali dividendi). Nel caso di aziende non quotate è possibile partecipare al progetto in regime di crowdfunding solo se i  progetti, prima di essere effettivamente lanciati, risultino essere autorizzati dalla Consob.

Il viaggio di iWrite nel mondo del crowdfunding è appena cominciato: nelle prossime puntate faremo un’esplorazione di alcuni progetti che la redazione riterrà interessanti e curiosi, cercando di spaziare fra i quattro modelli che abbiamo presentato.

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Economia, StartUp e Fintech

Il turismo in Italia nel post-Covid? Un settore da ricostruire

Durante l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo la salute ed il contenimento dei contagi rappresentano una priorità assoluta. Allo stesso tempo, inizia a diventare sempre più pressante l’allarme sulle conseguenze del Coronavirus sull’economia italiana, con strascichi che in tutti i settori potrebbero presentare i propri effetti per anni.

Fra i più colpiti, c’è ovviamente il turismo, che rappresenta il 13% del Pil nazionale con un giro d’affari di 232,2 miliardi di euro.

In termini di flussi, nel 2019 l’Italia si è collocata al quarto posto per numero di presenze di clienti negli esercizi ricettivi (misurate in termini di notti spese nelle strutture), preceduta dai suoi storici competitor, Spagna, Francia e Germania, e davanti al Regno Unito. Le presenze nei primi 5 Stati rappresentano quasi il 70% di quelle complessive dell’Unione Europea, che ne conta più di 3,2 miliardi in crescita costante dal 2010 (+2,4% rispetto al 2018).

I primi effetti sono già stati evidenti a febbraio con lo stato iniziale dell’epidemia, ma in molti Paesi, già inizi di marzo -con il picco ancora da raggiungere- si è giunti al sostanziale azzeramento dell’attività, dovuta principalmente ai provvedimenti generalizzati di distanziamento sociale.

Secondo una stima del World Travel & Tourism Council (WTTC) sarebbero a rischio circa 50 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. (In Italia? ndr)

Le sue previsioni per l’impatto del Coronavirus quest’anno stimano le perdite del settore nell’ordine del 25%, ossia l’equivalente di tre mesi di viaggi persi. Un dato che potrebbe tradursi in un calo dell’occupazione calcolato fra il 12% e il 14%.

Considerando più nel dettaglio i mercati esteri di riferimento, l’Italia dipende in gran parte dall’Europa, da cui proviene il 79% di tutte le presenze straniere. Ovviamente, per il turismo italiano i periodi più “caldi” sono quelli del trimestre estivo (giugno-agosto), in cui complessivamente si concentra circa il 50% delle presenze totali limitatamente all’anno.

La stima delle eventuali conseguenze di un prolungata emergenza da Coronavirus per il nostro Paese potrebbe generare perdite devastanti, con un calo di 971 mila arrivi e oltre 3 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 955 milioni di euro rispetto all’anno di riferimento individuato.

La situazione sarebbe particolarmente grave in quattro le regioni, i cui sistemi turistici sarebbero maggiormente bersagliati: Toscana, Lazio, Veneto e Lombardia con quest’ultima ad essere maggiormente esposta dagli effetti della pandemia: il calo si assesta per l’epicentro della crisi con una contrazione di 673 mila arrivi, un meno 1,6 milioni di presenze e con una riduzione del gettito pari a circa 685 milioni di euro.

Da evidenziare anche i crolli sull’andamento in Trentino Alto Adige (-458 mila arrivi; -2,1 milioni di presenze; -233 milioni di euro di spesa turistica), per l’Emilia Romagna (-246 mila arrivi; -666 mila di presenze; -253 milioni di euro di spesa turistica).

Seguono sulla stessa scia Calabria (-18 mila arrivi, -111 mila di presenze, -12,6 milioni di euro di spesa turistica) e Abruzzo (-10 mila arrivi, -42 mila di presenze, -7,7 milioni di euro di spesa turistica).

Altro indicatore prezioso per avere una misura della crisi è il trasporto aereo, settore chiave per il nostro turismo in particolare per l’incoming di lungo raggio. Secondo i dati di Eurocontrol, l’organizzazione paneuropea che si occupa di servizi per l’aviazione, nella quattordicesima settimana dell’anno (dal 30 marzo al 5 aprile) il traffico totale nel nostro Paese, rispetto allo stesso periodo del 2019, ha avuto un calo del 93% segnando tra le peggiori performance del Vecchio Continente.

Con la durata prolungata dell’emergenza, il fatturato della filiera turismo-trasporti subirebbe un vero e proprio crollo, con perdite del 41,5% nel 2020 (contro il 17,8% dell’economia italiana) e un rimbalzo del 42,2% nell’anno successivo che comporterebbe comunque perdite complessive dei ricavi per 64 miliardi di euro (43 miliardi nel 2020 e 21 miliardi nel 2021).

Rispetto invece alla filiera ricettiva, gli alberghi risultano il settore più colpito con cali nel 2020 nell’ordine del 37,5% nello scenario base e del 73,3% nello scenario pessimistico, con perdite complessive nei rispettivi scenari di 6 e 13 miliardi. A seguire figurano le agenzie di viaggio e la ristorazione, con contrazioni previste per il prossimo biennio che vanno dai 5 agli 10 miliardi di euro, l’autonoleggio (dai 2 ai 6 miliardi) e i trasporti marittimi (dai 2 ai 5 miliardi).

Il turismo, insomma, sarà certamente uno dei settori su cui sarà necessario intervenire con più forza: per certi versi, una vera e propria ricostruzione.