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Economia, StartUp e Fintech

iBicocca Titanium: il percorso di pre-accelerazione firmato UniMiB

Alla scoperta del nuovo percorso complementare fornito gratuitamente da iBicocca, progetto di UniMiB, per supportare idee imprenditoriali di studenti, ricercatori e personale universitario. Intervista alla D.ssa Elena Ippolito, responsabile del progetto iBicocca che da anni porta avanti la cultura dell’“innovazione, imprenditività e imprenditorialità”

 

Chi è Elena Ippolito

La D.ssa Elena Ippolito lavora presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca da 28 anni. Precedentemente ha lavorato 12 anni presso l’Università Statale di Milano. «Sono stata inizialmente ‘Vicesegretario amministrativo del Dipartimento’ di Matematica e poi ‘Segretario amministrativo dei Dipartimenti’ di Informatica e Matematica in Bicocca per 12 anni». Racconta Elena, “l’iMum”, come la chiamano i suoi ragazzi che seguono il percorso iBicocca, durante l’esperienza biennale al Tar Lombardia come ‘Capo Ufficio accettazione ricorsi e archivio generale’ ha deciso di iscriversi all’università e nel 2013 ha conseguito la Laurea in ‘Management pubblico’.  Successivamente al suo rientro in Bicocca, coglie al volo un’occasione che le viene proposta, ovvero tradurre in Bicocca quanto dettato dal bando Startup – D.D. n. 436 del 13 marzo 2013 – pubblicato congiuntamente da Miur e il Mise (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca; Ministero dello Sviluppo Economico, ndr.).

I due Ministeri esortavano nel bando le università, a dotarsi di misure per favorire l’imprenditività quindi la proattività nei ragazzi, in modo che gli stessi potessero lavorare insieme, pur provenendo da corsi di studi diversi, per la realizzazione di progetti imprenditoriali.

Elena stava frequentando in quel periodo il Master in ‘Open Innovation and Knowledge Transfer (MIT)’ presso il Politecnico di Milano, concluso a pieni voti nel 2015, quando, grazie alla collaborazione con Francesco Inguscio crea iBicocca.

 

La nascita di iBicocca

Nella progettazione di iBicocca, Elena è stata supportata da Francesco Inguscio, startupper con curriculum vitae degno di nota. L’ha conosciuto mentre era alla ricerca di spunti per realizzare un percorso di imprenditorialità per UniMiB.

«Il Direttore Generale mi ha detto: «Elena, devi capire qual è la misura giusta per tradurre il contenuto del bando startup nel nostro Ateneo». Quindi, ovviamente, per decidere che cosa realizzare, dovevamo comprendere quale fosse il bisogno. Si può dire che iBicocca è nata con lo stesso iter di una startup. Quindi, io e Francesco Inguscio, prima abbiamo sondato la conoscenza di certe tematiche tra gli studenti ospitando nel nostro Ateneo  nel 2014 un evento che si chiamava ‘Mi Faccio Impresa’; L’iniziativa che era organizzata da  un funzionario della Provincia di Milano, aveva collocazioni diverse nei diversi anni. Nell’edizione 2014 con sede nell’edificio ‘Agorà – U6’, avevamo invitato 15  startup che oltre a presentare il proprio modello di business agli studenti, hanno offerto loro la possibilità di proporsi per posizioni di stage. In quel contesto ha avuto luogo inoltre la prima edizione della “Bicocca Ideas”, competizione di idee made in Bicocca. Al termine dell’evento è stato somministrato un questionario ai partecipanti per comprendere il grado di conoscenze del mondo dell’imprenditoria ed è stata una sorpresa apprendere che erano passati da quell’evento circa 2000 studenti e che c’era una richiesta di approfondire le tematiche trattate. Questo ci ha dato la possibilità di analizzare i dati e di porre le basi del percorso iBicocca.»

Nel 2015 parte la prima edizione del percorso iBicocca con 280 studenti iscritti all’offerta formativa, che rilasciava già allora Open Badge creati ad hoc per essere convertiti in CFU (Crediti Formativi Universitari) per altre attività utili nel mondo del lavoro, ove il Piano di Studio dei partecipanti lo prevedesse. Al termine della prima edizione di iBicocca i feedback sono stati molto positivi e uno dei ragazzi prossimo alla laurea, che ha partecipato alle sessioni formative, una volta laureato ha addirittura fondato una startup.

 

iBicocca Titanium

Racconta Elena: «Il Titanium è un vero e proprio percorso di pre-accelerazione aperto a team che abbiano già un’idea abbastanza definita e che ambiscano a trasformarla in un’idea di business, fondando la propria startup. Noi ci avvaliamo della collaborazione di ‘weBeetle’, che è il nostro advisor per questo percorso. Il percorso è organizzato in sei “sprint”, in cui in sessioni plenarie vengono approfonditi tutti gli argomenti legati all’idea imprenditoriale; è previsto inoltre per ogni singolo team un percorso di approfondimento dedicato. Ogni singola squadra ha la possibilità di vedere crescere la propria idea, analizzando tutti quegli aspetti legati ad esempio al mercato, ai competitors piuttosto che alla ricerca dei finanziamenti, alla definizione di un executive summary, e ad un business model canvas un po’ più organizzato fino al business plan, che è il documento che in sostanza racchiude le condizioni per la fattibilità e la realizzazione di un’impresa. Il Business Plan mostra la capacità anche di avere dei guadagni e ovviamente vengono messi a  punto i margini che la società avrà per permetterle di crescere velocemente e capire se effettivamente ha senso sviluppare l’idea imprenditoriale proposta. Inoltre, il business plan è sì una sorta di bilancio preventivo, ma anche la  proiezione della crescita a 5-10 anni, molto apprezzata e richiesta  dagli investitori.

Al termine del percorso Titanium ci sarà un evento finale alla presenza degli investitori in cui verranno premiate le tre migliori idee. Se uno di questi tre team costituirà la start up entro la fine dell’anno, gli investitori erogheranno un primo finanziamento. Questo evento offrirà una vetrina vera e propria, tutti i partecipanti avranno la possibilità di conoscere una serie di soggetti che poi possono facilitare la crescita dei propri progetti.»

Il primo ciclo di iBicocca Titanium ha visto la candidatura di ben 44 team tra ricercatori, dottorandi, personale amministrativo e studenti. Dal bando si evince la volontà di creare collaborazione intra ed extra Ateneo: il gruppo deve essere composto da almeno un componente afferente all’’Università degli Studi di Milano – Bicocca, mentre gli altri membri possono essere persone esterne alla comunità Bicocca.

Hanno superato la prima selezione 21 squadre, scelte in base al grado di fattibilità del progetto e alle competenze presenti nel team. Non ci sarà particolare competitività tra i team in quanto ognuno di loro si occupa di un pezzo di mercato che non collide con gli altri.

Elena non perde occasione per regalare qualche consiglio basato sulla sua esperienza: «faranno un pitch tutti i team che arriveranno al termine del percorso con un team completo, inteso come competenze complementari e diverse tra loro. Noi abbiamo sempre detto che uno dei punti di forza di una startup è proprio il team. Gli investitori, di fatto, investono più sulle persone, che sull’idea; nel tempo abbiamo visto che solo le aziende con un team molto forte, affiatato, ma eterogeneo, hanno i presupposti per avere successo. I componenti del team stesso devono avere necessariamente competenze diverse: lo sviluppatore, ad esempio, che mette a punto il dispositivo e lo brevetta, non può essere lo stesso che si occupa del Business Plan perché hanno una formazione diversa, i due devono lavorare comunque insieme ma con ruoli e responsabilità compatibili con il proprio percorso di studi. Questa ricchezza di conoscenza è uno dei punti di forza per crescere velocemente.»

Cosa si aspetta il team iBicocca da questo nuovo progetto?

«È un grandissimo successo aver visto 44 team iscritti. Abbiamo guardato le presentazioni delle idee, siamo molto contenti perché alcune sono veramente fatte molto bene. In realtà, molti degli esclusi (per lo più per una questione di possibilità di seguirli correttamente piuttosto che per il grado di definizione dell’idea) verranno comunque recuperati perché noi ci teniamo a supportare il più possibile tutti coloro che ci credono e che vogliono crescere. Personalmente mi aspetto al termine del Titanium almeno quattro startup pronte per i primi mesi del 2025.»

Noi del team di iBicocca siamo un gruppo molto compatto. Ognuno di noi, come in una startup, ha competenze diverse, pur essendo abbastanza intercambiabili, ma abbiamo l’obiettivo comune di lavorare con efficacia, competenza e disponibilità, per fare in modo che i ragazzi abbiano un supporto costante e di qualità. Salutando “la iMum ” le faccio un grande augurio per questa e per le prossime edizioni. Sono certo che ogni gruppo sfrutterà al massimo questa occasione!

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Economia, StartUp e Fintech

Henry Mintzberg e l’impatto delle pratiche aziendali sulla stabilità economica

 

Le imprese: insiemi di individui che svolgono la propria attività in un intreccio di visioni, strategie e azioni, al fine di produrre e distribuire beni e servizi.

Il loro impatto, tuttavia, va ben oltre: sono il cuore pulsante dell’economia globale, le forze motrici di un mondo in costante movimento e una parte integrante della nostra società, in quanto influenzano, con le proprie mosse, la sua stabilità sia economica che sociale.

A esaminare da vicino il ruolo delle imprese nell’ecosistema economico fu, nel 2010, un articolo alquanto critico, denominato “how the enterprises trashed the economy” (trad. “Come le imprese hanno distrutto l’economia”), pubblicato sulla rivista The Economist e firmato dal rinomato economista, professore e scrittore canadese Henry Mintzberg. La sua analisi era incentrata, in realtà, sulle imprese americane.

Nel corso del tempo si sono susseguite numerose teorie economiche volte a risanare i problemi derivanti dalla mala gestione dell’economia americana. Secondo Mintzberg l’errore primario sarebbe da cercare all’interno delle imprese stesse, che hanno creato il più grande problema che permea l’economia moderna. Ma andiamo con ordine.

 

Lo scandalo delle compensazioni esecutive

 

Le dinamiche del mondo aziendale vedono le imprese e i leader agire da attori principali e gli economisti assumere il ruolo di osservatori. Mintzberg, nel suo articolo, ritiene impossibile assumere che tutti i leader abbiano, nel corso del tempo, un comportamento corretto e ciò rappresenta, sia nel breve che nel lungo termine, un danno consistente.

In molti casi, gli amministratori delegati e altri dirigenti aziendali delle più grandi imprese statunitensi hanno ricevuto dei compensi e dei bonus astronomici, spesso sproporzionati rispetto alle prestazioni effettive dell’azienda: generose stock-option (cioè possibilità di acquistare azioni dell’azienda a un prezzo inferiore rispetto al valore di mercato), bonus in denaro e incentivi basati sulle performance.

Negli Stati Uniti il concetto di leadership è, ormai, ampiamente consolidato.

Ma se la leadership consiste nel trasmettere segnali positivi che coinvolgono tutte le altre persone nell’azienda, qualsiasi CEO disposto ad accettare un pacchetto di compensi esclusivi non può essere considerato un leader. E, se è vero che “un pesce marcisce dalla testa” (come vuole un vecchio detto), allora anche in economia deve valere l’assunzione in base alla quale le cause di malcontento di un subordinato devono essere cercate, in molti casi, tra coloro che occupano posizioni di maggiore responsabilità.

Al contrario, la realtà vuole che a subirne le conseguenze siano i dipendenti: mentre i dirigenti si avvantaggiano di compensazioni sempre più esose, i lavoratori sono costretti a lottare per mantenere dei salari dignitosi e delle condizioni di lavoro quantomeno adeguate. Le conseguenze, inoltre, non sono limitate all’aumento di divari e disuguaglianze all’interno delle aziende, ma anche a un impatto negativo sull’efficienza e sulle prestazioni complessive delle imprese stesse: quando i dirigenti sono incentivati principalmente dal raggiungimento di obiettivi finanziari a breve termine, possono essere portati a fare scelte che danneggiano la stabilità a lungo termine dell’azienda.

E tutto ciò si traduce, molto spesso, in licenziamenti di massa e fallimenti.

 

Il grande problema dell’economia

Se il CEO è l’incarnazione stessa dell’azienda, allora gli altri sono ridotti a meri numeri da tagliare alla minima flessione dei risultati finanziari. Ma i licenziamenti massicci delle “risorse umane”, volti a salvaguardare i costi, rappresentano davvero una soluzione valida? Il costo di questi licenziamenti, poi, è tangibile: si riflette non solo sull’etica aziendale, ma anche sui lavoratori e sui middle manager oberati, poco apprezzati, scoraggiati e stanchi.

Il problema risiede nei leader che restano in cima, senza scendere tra le fila e senza calarsi nella realtà operativa dell’azienda.

Chi tra gli alti dirigenti delle banche e delle compagnie di assicurazioni fallite sapeva davvero cosa stesse succedendo quando hanno rischiato il futuro delle loro imprese?

 

IKEA: un’azienda solida?

 

Un’azienda robusta non è una collezione di risorse umane, ma è una comunità di esseri umani. L’efficacia di una strategia aziendale non deriva tanto da un processo decisionale che si origina dall’alto, quanto piuttosto da un processo di apprendimento che può emergere da qualsiasi angolo dell’azienda.

Ma quante, tra le grandi aziende americane, possono davvero vantare una simile solidità? La chiave del successo di IKEA, ad esempio, sta nell’offerta di mobili non assemblati ma facilmente trasportabili: si tratta di un’idea nata da un lavoratore che, per far entrare un tavolo nella sua auto, ha dovuto rimuoverne le gambe. Questa persona non è stata né scoraggiata né ridimensionata dalla leadership aziendale.

Quando le persone all’interno di un’azienda sono trattate con rispetto e ricevono il giusto riconoscimento da una leadership impegnata nel coinvolgere tutti, si crea un legame autentico con i prodotti, i clienti e l’intera strategia aziendale.

È questo tipo di coinvolgimento genuino a fare la differenza.

Nel caso degli impiegati delle banche e delle compagnie di assicurazioni fallite, gli si chiedeva se fossero realmente coinvolti e interessati alle attività aziendali, proprio come lo era la loro leadership?

 

Aziende esploratrici e aziende sfruttatrici

Per Mintzberg esistono due vie fondamentali per far salire il valore delle azioni: l’esplorazione e lo sfruttamento.

Le aziende che esplorano raggiungono quest’obiettivo attraverso una ricerca accurata, la creazione di prodotti migliorati e un servizio superiore; si tratta di un percorso impegnativo, che richiede tempo e dedizione.

D’altra parte, le aziende che sfruttano scelgono una strada più agevole: deprezzano il valore del marchio, riducono gli investimenti in ricerca, confondono i clienti con prezzi ingannevoli e cercano di muoversi sempre al limite della legalità, spingendo i politici per ridurre il livello delle normative. Questi comportamenti possono far aumentare il valore delle azioni per un periodo sufficiente a consentire agli esecutivi di incassare i propri bonus e trasferirsi altrove, com’è accaduto in molte delle grandi aziende americane.

 

Qual è la soluzione?

La critica di Mintzberg parte proprio dall’assunzione che se ad aver portato le proprie imprese sull’orlo del baratro sono stati i leader aziendali, la soluzione ai problemi sarebbe dovuta arrivare da loro e non dalle teorie economiche, le quali, come detto, provengono dagli economisti, cioè dei meri osservatori.

Il comportamento delle imprese rischia di trasformare il loro ruolo all’interno della società: da motori di crescita e innovazione a macchine orientate esclusivamente al profitto a breve termine.

È fondamentale porre l’accento su una leadership aziendale autentica e responsabile: i dirigenti non devono essere solamente gestori di sé stessi, ma delle guide in grado di ispirare e coinvolgere l’intera organizzazione verso degli obiettivi comuni.

Solo così le imprese potranno recuperare quel senso di solidità e intraprendenza che le ha caratterizzate in passato, contribuendo così a una crescita economica più equa e sostenibile per tutti.

 

Fonti:

The Economist: Henry Mintzberg on how the enterprises trashed the economy

Abuso di compensazione esecutiva

Il successo di IKEA

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Economia, StartUp e Fintech

Innovazione economica: come cambierà il nostro modo di fare business

L’innovazione economica rappresenta un affascinante campo di studio in costante evoluzione. In un contesto globale sempre più interconnesso e caratterizzato da rapidi progressi tecnologici, le imprese si trovano costantemente di fronte a sfide dinamiche che richiedono un adattamento continuo per mantenere la competitività. È imperativo comprendere come questi cambiamenti influenzeranno il nostro approccio nel mondo degli affari.

Nel tessuto sempre più complesso dell’economia contemporanea, osserviamo con attenzione alcuni trend chiave che plasmeranno il futuro del business: la digitalizzazione, ad esempio, sta rivoluzionando la modalità con cui le imprese operano, introducendo nuove opportunità e, al contempo, nuove sfide. L’adozione di tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale e l’Internet delle cose, è fondamentale per rimanere al passo con un panorama competitivo in costante mutamento.Inoltre, la sostenibilità ambientale è sempre più al centro delle strategie aziendali, poiché le imprese si rendono conto dell’importanza di un approccio responsabile verso l’ambiente.

Quindi, l’innovazione economica non riguarda solo l’aspetto tecnologico, ma anche la capacità di integrare pratiche sostenibili nel core business. Vediamole nel dettaglio.

 

Digitalizzazione

La trasformazione digitale sta rivoluzionando il modo in cui le imprese operano, nel modo in cui le informazioni vengono raccolte, elaborate e condivise. Le imprese stanno abbracciando sempre più le tecnologie digitali per migliorare l’efficienza operativa, la comunicazione e la creazione di valore per i clienti: dalla gestione dei dati all’automazione dei processi, le aziende devono abbracciare la tecnologia per rimanere efficienti e competitive.

La digitalizzazione permette l’ automazione dei processi aziendali, ciò significa che l’attività ripetitive e time-consuming possono essere gestite in modo più rapido ed efficiente attraverso l’uso di software e sistemi automatizzati. Questo non solo aumenta la produttività, ma libera anche risorse umane per compiti più strategici. Attraverso il processo di digitalizzazione si ha la formazione dei Big Data, ovvero l’accumulo massiccio di dati. Le imprese possono raccogliere e analizzare grandi quantità di dati per ottenere insights significativi sul comportamento del cliente, le tendenze di mercato e le prestazioni aziendali. Questa analisi informata è cruciale per prendere decisioni strategiche. Ma ti chiederai: “dove si trovano questi dati?”.

La risposta è: non c’è niente di fisico, questi dati si trovano tutti sul Cloud (memorie esterne accessibili tramite internet). Questa soluzione è fondamentale perché offre flessibilità e accessibilità ai dati. Le imprese possono archiviare informazioni in modo sicuro e accedervi da qualsiasi luogo, facilitando il lavoro remoto e migliorando la collaborazione tra team.
Un esempio tangibile di digitalizzazione è l’espansione dell’e-commerce e di come ciò influenzi la vendita al dettaglio: le imprese devono offrire un’esperienza di acquisto online intuitiva e sicura per soddisfare le aspettative dei consumatori digitali.

Infine, con una crescente dipendenza dalla tecnologia digitale, la sicurezza informatica diventa cruciale (cybersecurity). Le imprese devono investire in robuste misure di sicurezza per proteggere i dati sensibili e garantire la continuità operativa.

Intelligenza artificiale

L’AI consente alle aziende di analizzare grandi quantità di dati per identificare modelli e trend. Questa analisi predittiva può essere utilizzata per prevedere comportamenti futuri dei clienti, tendenze di mercato e performance operativa, consentendo alle aziende di prendere decisioni informate; grazie all’analisi dei dati dei clienti le aziende possono offrire esperienze personalizzate ai customer: si possono creare offerte e servizi su misura, migliorando la soddisfazione del cliente e la fidelizzazione. Inoltre, gli algoritmi di apprendimento automatico possono automatizzare una varietà di compiti ripetitivi, riducendo il carico di lavoro manuale. Ciò consente alle risorse umane di concentrarsi su attività più complesse e creative, migliorando l’efficienza operativa complessiva.

Sostenibilità aziendale

Le imprese stanno sempre più riconoscendo che la sostenibilità ambientale non dovrebbe essere solo un’aggiunta o un aspetto separato delle loro attività, ma dovrebbe essere incorporata nel cuore stesso della strategia aziendale. Ciò implica una riflessione su come ogni aspetto delle operazioni aziendali, dalla catena di approvvigionamento alla produzione, alla distribuzione e oltre, può essere reso più sostenibile. Inoltre, la sostenibilità può costituire un vantaggio competitivo perché i consumatori moderni sempre più attenti all’impatto ambientale delle aziende e preferiscono quelle che dimostrano un impegno autentico verso la sostenibilità, quindi integrare pratiche sostenibili influenza positivamente la reputazione e la fedeltà del cliente.

Non solo il cliente, bensì qualsiasi stakeholder, compresi gli investitori che considerano la sostenibilità come un criterio importante nella loro decisione di investimento e quindi questi sono interessati ad investire in aziende che adottano approcci sostenibili verso l’ambiente. A livello pratico, quindi l’azienda deve sicuramente impegnarsi sulla riduzione delle emissioni di gas terra, con l’uso di energie rinnovabili. Inoltre, si devono concentrare sull’ottimizzazione dell’uso dell’energia, quindi ridurre il consumo energetico, attraverso per esempio sistemi di illuminazione a basso consumo e isolamenti efficienti. La sostenibilità ambientale implica anche una gestione responsabile delle risorse naturali: le aziende possono adottare politiche che promuovono il riciclo e riducono l’uso di materiali non sostenibili. Inoltre, tutto ciò va spiegato attraverso una comunicazione trasparente: le aziende devono comunicare apertamente le proprie pratiche sostenibili, i progressi compiuti e gli obiettivi futuri. Questa trasparenza contribuisce a costruire la fiducia dei clienti e degli investitori.

Sostenibilità ambientale: il caso studio

Un esempio pratico di sostenibilità ambientale è l’azienda Nespresso che si occupa della produzione e vendita di macchine da caffè espresso e capsule di caffè. Innanzitutto, Nespresso è una B corp, una certificazione che viene data da un ente esterno e attesta l’impegno dell’azienda sulle tematiche ambientali. Infatti, alcuni dei principali elementi di sostenibilità associati a Nespresso includono:

  • Programma AAA Sustainable Quality™: Nespresso lavora in collaborazione con l’organizzazione non-profit Rainforest Alliance per implementare il Programma AAA Sustainable Quality™.Questo programma mira a migliorare la sostenibilità sociale, economica e ambientale nelle comunità agricole di caffè. Fornisce supporto agli agricoltori per adottare pratiche agricole sostenibili e migliorare la qualità del loro caffè.

    In 11 anni il programma si è esteso dai 300 coltivatori coinvolti nella fase di lancio alle 63.000 piantagioni che adottano oggi le pratiche Nespresso AAA Sustainable Quality™.
    Il Programma AAA Sustainable Quality™ si basa su un approccio dinamico, in costante evoluzione, che riunisce le idee più innovative in materia di qualità, produttività e sostenibilità, rivolgendo una particolare attenzione ai parametri sociali, ambientali ed economici.
    I risultati sono lampanti. I dati rilevati da CRECE mostrano ad esempio l’impatto positivo del programma sulle piantagioni aderenti in Colombia. Secondo le valutazioni indipendenti dell’ente, i coltivatori AAA Sustainable Quality™ della regione ottengono performance notevolmente più elevate rispetto a quelle di un gruppo di controllo non iscritto al programma.”, così possiamo leggere dal sito.

  • Perché nel negozio Nespresso quando noi compriamo le capsule ci viene dato anche un sacchetto?
    La risposta è semplice, in funzione del riciclo; infatti questo sacchetto va riempito con le capsule usate che sono in alluminio (quindi in teoria andrebbero buttate nella plastica o nel vetro, a seconda del comune, ma non sono puliti perché contengono anche del caffè), poi noi consumatori possiamo riportare le capsule esauste in negozio dove le buttiamo in particolari cestini; lì c’è già un grande schermo che ci informa su come sta andando la raccolta di capsule esauste (comunicazione trasparente), quindi ci informa sulla CO2 risparmiata, sul numero di capsule riciclato, e così via.

Da questo punto in poi è l’azienda stessa che si preoccupa di dividere il caffè dalla capsula in alluminio, così da poterlo riutilizzare, mentre il caffè viene riciclato per fare compost che viene utilizzato per la coltivazione di riso, il quale viene acquistato da Nespresso e donato al Banco alimentare. Nel 2022 sono 780 i quintali di riso donati a Banco alimentare della Lombardia, Banco alimentare del Lazio e a Banco alimentare del Piemonte.

Quali direzioni intraprendere?

Come sta facendo Nespresso, tutte le aziende stanno implementato diverse iniziative per promuovere la sostenibilità nei loro processi produttivi e nelle catene di approvvigionamento. È importante notare che la sostenibilità è un percorso continuo, e le aziende continuano a cercare nuovi modi per migliorare le loro pratiche aziendali e ridurre l’impatto ambientale complessivo perché la sostenibilità ambientale è diventata un elemento cruciale per il mondo. Queste tendenze influenzano la struttura delle aziende, le dinamiche di mercato e le strategie competitive.

Bisogna prestare molta attenzione anche alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale; quindi, le aziende devono farsi un’idea su come navigare in questo ambiente digitale in costante evoluzione. Affrontare queste sfide richiede una comprensione approfondita delle dinamiche economiche globali e una capacità costante di apprendimento e adattamento. In conclusione, esplorare l’innovazione economica è un viaggio che ci permette di cogliere le opportunità emergenti e di affrontare le sfide in un mondo in costante trasformazione.

 

 

Fonti:

B corp

AAA-sustainable

Riciclo capsule

Credits:

Immagine di copertina

Immagine 1

 

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Esplorando i percorsi della gestione dei progetti: Waterfall, Agile e Scrum

Anche se non lo sappiamo ciascuno di noi è nel suo piccolo un Project Manager. Infatti, quando parliamo di “progetto”, non dobbiamo solo pensare a complessi codici informatici o a edifici che si ergono dal suolo. Un progetto può essere qualsiasi cosa, dalla creazione di un nuovo prodotto al coordinamento di eventi, e la gestione dei progetti è ciò che tiene tutto insieme. In parole semplici, è l’arte di fare accadere le cose nel modo giusto, nel tempo giusto e con le risorse giuste (approfondimento su “La teoria del triplo vincolo dei progetti”)

In questo articolo, esploreremo in modo pratico cosa significa gestire un progetto distinguendo due approcci: Waterfall e Agile. In ultimo dedicheremo la nostra attenzione a comprendere uno dei più celebri metodi agili: Scrum.

 

Modello Waterfall

Il modello Waterfall, conosciuto anche come “a cascata”, rappresenta un approccio tradizionale nella gestione dei progetti industriale. Nel suo nucleo, il Waterfall si sviluppa in modo sequenziale attraverso una serie di fasi distinte, e la transizione da una fase all’altra avviene soltanto dopo il completo raggiungimento degli obiettivi della fase precedente e la consegna di un deliverable. Questo modello è caratterizzato da una struttura ben definita, idealizzata per progetti in cui i requisiti possono essere chiaramente stabiliti dall’inizio e non subiscono significative variazioni durante l’implementazione.

In particolare, questo modello si articola in cinque fasi fondamentali:

  • Initiating, la fase di avvio del progetto con l’identificazione dei requisiti attraverso un dialogo con il cliente;
  • Planning, la fase di pianificazione delle attività coinvolte per il raggiungimento dell’obiettivo finale;
  • Implementing, la fase di esecuzione;
  • Controlling, la fase di monitoraggio e controllo;
  • Closing, la fase di chiusura del progetto.

I vantaggi del modello Waterfall includono:

  • pianificazione semplice: il team e i clienti concordano fin dall’inizio, semplificando la consegna rapida;
  • facile gestione: ogni fase ha risultati specifici, facilitando la gestione grazie a una struttura chiara e una pianificazione prevedibile;
  • documentazione completa: processo e risultati ben documentati fin dall’inizio;
  • coinvolgimento del cliente non obbligatorio: la presenza del cliente è necessaria solo in alcune fasi specifiche;
  • semplice interfaccia con gli stakeholders: grazie alla documentazione e alle tempistiche definite.

Tuttavia, gli svantaggi emergono quando si affrontano cambiamenti imprevisti, miglioramenti progressivi o quando la comprensione iniziale dei requisiti si rivela incompleta. Ne citiamo alcuni:

  • comunicazione limitata con il cliente: i requisiti sono definiti all’inizio, limitando la comunicazione successiva;
  • modello rigido: i progetti reali raramente seguono il flusso lineare del modello;
  • non ideale per progetti di grandi dimensioni: ritardi influenzano tutti i processi successivi;
  • test alla fine dello sviluppo: i bug possono emergere tardi, rendendo costose le correzioni;
  • difficoltà di modifiche retroattive: modifiche nelle fasi precedenti sono complesse e costose;
  • rischi di insoddisfazione del cliente: il cliente potrebbe non essere soddisfatto del prodotto finale.

 

 Metodologia Agile

L’approccio Agile rappresenta una svolta significativa rispetto al modello Waterfall, ponendo l’enfasi sulla flessibilità, la collaborazione continua e la risposta rapida ai cambiamenti. In contrasto con la natura sequenziale del Waterfall, l’Agile è concepito per affrontare la complessità dei progetti attraverso cicli iterativi e incrementali. Si adatta a contesti caratterizzati da elevata incertezza, alto contenuto tecnologico, dinamicità, scadenze brevi e performance-based.

Esso nasce con la pubblicazione del “Manifesto Agile” da parte di alcuni sviluppatori che dichiarano i loro quattro principi guida:

  • gli individui e le interazioni prevalgono sui processi e sugli strumenti;
  • il software funzionante è più significativo della documentazione esaustiva;
  • la collaborazione con il cliente è prioritaria rispetto alla negoziazione di un contratto;
  • rispondere al cambiamento è più importante del seguire un piano prefissato.

Queste metodologie fanno sempre riferimento al triplo vincolo (tempo, risorse e scopo), ma lo capovolgono in maniera tale da rendere la gestione dei progetti più flessibile.

 

Fonte: Waterfall, Incrementale o Agile? (luigiatauro.com)

 

L’Agile presenta numerosi vantaggi, tra cui:

  • processo client-focalizzato: il cliente è coinvolto in ogni fase, favorendo una collaborazione continua e una migliore gestione del rischio;
  • obiettivi periodici: incrementalità dei requisiti offre opportunità frequenti di valutazione e cambiamenti;
  • auto-organizzazione del team: team agili sono responsabili di task concatenati, ottimizzando tempo e risorse;
  • consegne di componenti funzionali: possibilità di consegnare componenti funzionali invece di un’unica soluzione finale.

Tuttavia, gli svantaggi non sono trascurabili. Troviamo:

  • minor strutturazione e chiarezza nei flussi di lavoro: rispetto al waterfall, il lavoro può risultare meno strutturato;
  • coinvolgimento del cliente può portare ad aggiunte non pianificate;
  • possibili costi aggiuntivi: la mancanza di una pianificazione dettagliata iniziale può rendere difficile stimare i tempi e i costi con precisione;
  • richiede elevata dedizione del team: la necessità di una comunicazione costante e di una collaborazione stretta può richiedere un impegno significativo;
  • la mancanza di chiarezza può far deviare il progetto;

 

 Scrum: Un’implementazione specifica di Agile

Scrum si presenta come un’implementazione specifica dei principi Agili, fornendo una struttura organizzativa e processuale per la gestione di progetti complessi in framework time-boxed. Esso, infatti, si distingue per la sua organizzazione in cicli di lavoro noti come sprint, ciascuno della durata di solito tra due e quattro settimane. Questo approccio consente una pianificazione adattativa e una consegna incrementale, allineandosi perfettamente con l’essenza dell’Agile.

Scrum definisce chiaramente i ruoli all’interno di un team:

  • Il Scrum Master funge da facilitatore, garantendo che il team segua i principi e le pratiche Scrum, rimuovendo gli ostacoli e facilitando la comunicazione;
  • Il Product Owner rappresenta le esigenze del cliente, gestendo il Product Backlog e prendendo decisioni chiave sulle priorità;
  • Il Team di sviluppo, composto da professionisti multifunzionali, è responsabile della realizzazione del lavoro pianificato durante lo sprint.

Gli eventi Scrum sono momenti chiave nel ciclo di vita di uno sprint. Approfondiamo gli step più importanti:

  • La Sprint Planning inizia ogni sprint, definendo cosa può essere consegnato e come farlo;
  • La Daily Scrum è una breve riunione quotidiana per sincronizzare le attività del team;
  • La Sprint Review valuta il lavoro completato alla fine dello sprint;
  • La Sprint Retrospective riflette sull’esperienza sprint, identificando miglioramenti.

Scrum utilizza diversi artefatti per organizzare il lavoro. Vediamo i principali:

  • Il Product Backlog è un elenco priorizzato di tutte le funzionalità desiderate
  • Lo Sprint Backlog rappresenta il lavoro pianificato per uno specifico sprint.
  • Il Product Increment è la somma delle funzionalità completate durante uno sprint, contribuendo gradualmente al prodotto finale.

 

Confronto diretto: Waterfall vs. Agile

Il confronto tra il modello Waterfall e l’approccio Agile rivela differenze fondamentali nell’approccio alla gestione del progetto. Mentre il Waterfall adotta un modello sequenziale, in cui ogni fase è completata prima che la successiva abbia inizio, l’Agile, compreso Scrum, si basa sulla flessibilità e sull’adattabilità. Nel Waterfall, la pianificazione è dettagliata fin dall’inizio, con poco spazio per modifiche durante l’esecuzione. Al contrario, l’Agile consente di rispondere dinamicamente ai cambiamenti, adattando la direzione del progetto in base alle nuove informazioni o alle evoluzioni dei requisiti.

Confrontiamo i due approcci, dunque, su alcuni punti chiave:

  • adattabilità ai cambiamenti
  • controllo e la visibilità del progresso

Un peculiarità che distingue l’Agile, e Scrum in particolare, è la sua notevole adattabilità ai cambiamenti nei requisiti del progetto. Mentre il Waterfall potrebbe sperimentare difficoltà nel gestire modifiche tardive, l’Agile abbraccia il cambiamento come parte integrante del processo. Scrum, in particolare, incorpora revisioni regolari del backlog e iterazioni frequenti, consentendo al team di rispondere prontamente alle richieste del cliente o alle nuove priorità, mantenendo al contempo un focus sulle consegne di valore.

Il controllo e la visibilità del progresso rappresentano un’altra area di contrasto tra Waterfall e Agile. Nel modello sequenziale, il Waterfall offre un controllo più rigido, ma a volte a scapito della visibilità iniziale. In Agile, soprattutto in Scrum, il controllo si basa sull’ispezione regolare e sulla trasparenza. Le riunioni quotidiane, le revisioni dello sprint e le retrospettive forniscono un’ampia visibilità del progresso, consentendo ai team di identificare e risolvere tempestivamente eventuali problemi.

 

Fonte: Thitithamawat, S., Chertchom, P., Prathuangsit, P., Mruetusatorn, S., Thongchotchat, V., & Buraphawichit, P. (2018). Understanding stakeholders’ perspective of human factors in system development project in Thailand. In Proceedings of the 12th International Conference on Project Management (ProMAC2018) (pp. 262-267). The Society of Project Management.

 

Scegliere l’approccio giusto

Nel prendere la decisione tra l’approccio Waterfall e l’Agile, è essenziale considerare diversi fattori chiave. La complessità e la natura del progetto, la stabilità dei requisiti, i vincoli di budget e le esigenze del cliente giocano un ruolo cruciale nella scelta del modello di sviluppo. Progetti con requisiti stabili e ben definiti possono beneficiare dell’approccio più strutturato del Waterfall trovando una struttura solida e prevedibile, mentre progetti in continua evoluzione o soggetti a cambiamenti frequenti traggono vantaggio dall’agilità dell’approccio Agile. Lo Scrum si adatta in modo particolare a progetti che richiedono una rapida risposta alle esigenze del mercato e un coinvolgimento continuo del cliente.

Guardando al futuro, è evidente che entrambi gli approcci continueranno a esistere, ognuno con il proprio spazio d’applicazione. La crescente complessità dei progetti e la richiesta di maggiore flessibilità e rapidità nel rispondere ai cambiamenti del mercato favoriranno l’adozione di metodologie agili. Tuttavia, ciò non significa che il Waterfall diventerà obsoleto. In alcuni scenari, la sua struttura sequenziale potrebbe ancora dimostrarsi adatta. La chiave è comprendere le esigenze specifiche del progetto e selezionare l’approccio che meglio si adatta a tali requisiti, garantendo così il successo nell’evoluzione dinamica del panorama dello sviluppo del software.

 

 

Fonti

Waterfall vs Agile – QRP International

Metodi Waterfall e Agile. I due metodi più famosi e utilizzati di…

Project Management: Waterfall vs Agile. Quale metodologia scegliere e perchè. 

Scrum Project Management: Advantages and Disadvantages 

ISIPM, Guida alle conoscenze di gestione progetti, FrancoAngeli, 2023

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Economia, StartUp e Fintech

Startup a prova di fallimento: guida alle migliori pratiche per una startup di successo

Ben Horowitz, rinomato imprenditore e venture capitalist, ha descritto la vita da CEO di una startup come segue: “As a startup CEO, I slept like a baby. I woke up every 2 hours and cried.” Questa battuta umoristica rende chiaramente l’idea dell’intensità e delle sfide che le startup affrontano nel loro percorso imprenditoriale.

Nel vasto mondo cinematografico dedicato agli eroi imprenditoriali, spesso ci si sofferma su storie iconiche come quella di Ray Kroc, il fondatore di McDonald’s nel film ‘The Founder’, o sul genio dietro Facebook, Mark Zuckerberg, come narrato in ‘The Social Network’. Tuttavia, la realtà delle startup è spesso più complessa e piena di sfide profonde che raramente trovano spazio sul grande schermo. In questa odissea imprenditoriale, esploreremo le principali ragioni che portano molte startup al fallimento, fornendo al contempo strategie vitali per evitare le trappole mortali del crollo. Attraverso una profonda esplorazione di queste cause, speriamo di fornire una guida approfondita per aspiranti imprenditori.

 

In primo luogo, è importante definire cosa significa startup. Secondo Graham, cofondatore di Y Combinator, una startup è “un’azienda dedicata a crescere rapidamente”. Questa definizione sottolinea l’aspetto distintivo della crescita veloce come obiettivo principale di una startup, differenziandola da altre imprese che potrebbero avere focus diversi. La crescita rapida è spesso associata alla capacità di penetrare il mercato, acquisire utenti o clienti in modo massiccio e generare un impatto significativo nel minor tempo possibile.

 

Navigare l’odissea delle startup: alla ricerca del Santo Graal del “product-market fit”

“La cosa più scioccante che abbiamo imparato è che se non avessimo costruito il nostro prodotto, avremmo risparmiato molti soldi. Ci siamo resi conto che non era qualcosa che le persone volevano.” – Eric Ries, Partire leggeri

L’epica narrativa delle startup spesso inizia con una visione audace di risolvere un problema o soddisfare un bisogno di mercato. Tuttavia, la realtà cruda rivela che la mancanza di mercato rappresenta il 42% dei casi di fallimento secondo uno studio di CBInsight. Un’innovazione brillante o un prodotto rivoluzionario possono scomparire nell’oscurità se non si verifica il tanto necessario “product-market fit”. La sfida fondamentale sta nel validare l’idea di business prima di lanciarsi nel caos competitivo.

Ciò può essere fatto attraverso l’esecuzione di esperimenti mirati, testando l’accoglienza del mercato e valutando se il prodotto o servizio proposto risolve effettivamente un problema esistente. Strumenti fondamentali in questa fase sono gli smoke test. Ad esempio, se se si vuole lanciare un prodotto innovativo di cosmesi ecologico ma anche commestibile ci si dovrebbe cimentare innanzitutto nello sviluppo di un MVP (cfr. con glossario) e di una landing page dettagliata (cfr. con glossario) che funga da termometro iniziale per valutare l’interesse del pubblico.

 

Fondi esauriti: navigando tra scogli finanziari

Ciò che alla fine ha ucciso Flud è stato che la nostra società non è stata in grado di raccogliere un finanziamento aggiuntivo. Così Flud alla fine rimase senza soldi“ – il Team della Startup Flud

Un secondo ciclope che minaccia l’odissea delle startup è rappresentato dall’esaurimento dei fondi. Questo rappresenta il 29% delle cause di fallimento delle startup. Gestire le risorse finanziarie in un’azienda è un’arte complessa, e le sfide sono molteplici e variegate. Spesso, un investimento non si traduce in un ritorno automatico, e il percorso finanziario può diventare un labirinto intricato.

La gestione accurata delle risorse finanziarie è essenziale, e un financial plan ben strutturato può prevenire questo esito indesiderato. Per coloro che si sentono persi in questo terreno, l’outsourcing può essere la bussola che guida attraverso le tempeste finanziarie. Affidarsi a esperti per plasmare il proprio percorso finanziario può fare la differenza tra la prosperità e il naufragio.

 

Il team come timone: l’importanza di un equipaggio saggio

Sono stato colto alla sprovvista dalla difficoltà di assumere… una startup con una crescita modesta e sporadica non era molto attraente” – Cofondatore Jason Crawford di Fieldbook

Il 23% delle startup naufraga a causa di un equipaggio non adatto o troppo debole. La selezione del team è un passo cruciale, e l’importanza di avere individui con le giuste competenze e attitudini non può essere sottolineata abbastanza. La ricerca di un co-founder con visioni allineate e competenze complementari può trasformarsi in una mossa vincente. Al contrario, un team troppo eterogeneo e poco motivato, soprattutto se numeroso, può condurre al fallimento.

Nelle prime fasi, probabilmente la startup potrà rivolgersi solo ai diretti conoscenti come recita l’acronimo FFF (Family Friends and Fools), ma è bene prestare attenzione alla formazione del team evitando una eccessiva diluizione delle quote societarie, mantenendo un controllo solido e una visione strategica chiara.

 

 Navigare tra gli scogli della concorrenza: un’analisi competitiva

““Tolstoy apre Anna Karenina osservando: ‘Tutte le famiglie felici sono simili; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.’ Gli affari sono l’opposto. Tutte le aziende felici sono diverse: ognuna guadagna un monopolio risolvendo un problema unico. Tutte le aziende fallite sono uguali: non sono riuscite a sfuggire alla competizione.”” – Peter Thiel, Zero to One: Notes on Startups

Il 19% delle imprese chiude i battenti a causa della presenza o dell’arrivo di concorrenti inarrivabili. Per evitare di naufragare tra gli scogli della competizione, è fondamentale scegliere il posizionamento strategico, segmentando il mercato e, in caso di forte concorrenza, differenziarsi per qualità o prezzo. È consigliabile adottare una prospettiva allargata, coerente con il modello di Porter delle 5 forze (per maggiori informazioni sul modello: Modello delle cinque forze competitive di Porter – Wikipedia), considerando non solo concorrenti diretti, ma anche altri attori importanti come i fornitori di beni sostitutivi, complementari e potenziali entranti. Strumenti come SWOT analysis e la mappatura dei raggruppamenti strategici (Analisi SWOT – Wikipedia, Mappatura di gruppi strategici)possono rivelarsi il sestante per individuare punti critici e opportunità nel vasto oceano del mercato.

 Imparare a timonare i costi: pricing errato e costi elevati

“Ogni cosa vale il prezzo che il compratore è disposto a pagare per averla.” – Publilio Sirio

Determinare il giusto prezzo per un prodotto o servizio è una navigazione pericolosa. Il 18% delle startup che fallisce a causa di una strategia di pricing sbagliata. Un prezzo troppo basso potrebbe sminuire il valore percepito, mentre uno troppo alto potrebbe scoraggiare i clienti.

La creazione di un pricing model accurato è cruciale. Oltre a conoscere i costi sostenuti, comprendere la percezione dei potenziali clienti è fondamentale. Solo un’analisi completa dei costi, combinata con una comprensione approfondita del mercato, può proteggere dalla temuta causa di naufragio.

 

Oltre alle cause di fallimento precedentemente esaminate, nei successivi articoli parleremo delle altre sfide che possono minacciare il successo delle startup: prodotto inefficiente, modello di business errato, timing sbagliato, pivot fallito. 

 

In conclusione, navigare nell’ecosistema delle startup richiede una comprensione profonda delle sfide che si possono incontrare. La capacità di apprendere dagli errori altrui, di validare le idee iniziali, di gestire con cura le risorse finanziarie e di adattarsi alle mutevoli dinamiche del mercato sono tutte componenti cruciali per il successo a lungo termine. Nella corsa delle startup, la resilienza e la strategia giocano un ruolo altrettanto importante delle idee brillanti.

 

Glossario

  • Un MVP è la versione più elementare di un prodotto che contiene solo le caratteristiche essenziali necessarie per soddisfare i primi utenti e raccogliere feedback significativi.
  • Una landing page, invece, è una pagina web progettata e ottimizzata per ricevere i visitatori e convincerli a compiere una specifica azione.

 

Fonti

CB Insights: “The Top 20 Reasons Startups Fail” (2019).

Le 5 principali cause di fallimento di una startup – QUEC GROUP

Perché le startup falliscono? Ecco le 12 ragioni principali | WeWealth (we-wealth.com)

Perché le Startup Falliscono? Le Principali Cause (sprintx.it)

I 10 motivi per cui le startup falliscono – Startup Geeks

Eric Ries, “Partire leggeri. Il metodo Lean Startup: innovazione senza sprechi per nuovi business di successo”, Rizzoli, 2014

Peter Thiel, “From Zero to One”, Rizzoli, 2011

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Economia, StartUp e Fintech

ChatGPT Plus: come cambia l’intelligenza artificiale che sta facendo impazzire il mondo

Avete di sicuro provato a utilizzare ChatGPT (Generative Pre-trained Transformer), vero? In effetti, questa particolare applicazione basata sull’intelligenza artificiale è una dei trend del momento. Conversare con questa chat a proposito di tantissimi argomenti diversi sta cambiando i paradigmi nel nostro modo di lavorare con la scrittura: pensate a come si possano redarre articoli scientifici, pezzi divulgativi, poesie e altre tipologie di testi la cui forma e il contenuto risultano molto pertinenti e in linea con i prompt assegnati, ossia i comandi con cui si effettuano le richieste.

Ebbene, OpenAI, l’azienda che ha creato ChatGPT ha deciso di affiancare al sistema già online una versione premium, che avrà più funzioni. Ma andiamo con ordine.

Pur essendo altamente performante, la ChatGPT in versione gratuita presenta delle limitazioni in rapporto al numero di utenti supportati dal server, specialmente durante le ore di picco. Proprio per gestire al meglio l’intenso traffico registrato sul sito web a partire dal lancio avvenuto a novembre 2022, il 1 febbraio l’azienda ha annunciato di aver prodotto la versione Plus attivabile a 20 dollari al mese; con questa versione, per adesso disponibile soltanto agli utenti degli Stati Uniti, si potrà accedere alla chat a tempo illimitato, al servizio clienti 24/24 e 7/7, ai nuovi aggiornamenti e alle funzionalità in maniera prioritaria, oltre che si potranno ottenere risposte più veloci.

Tra i piani futuri vengono menzionate anche l’esplorazione di opzioni per abbonamenti meno costosi ma i fondatori specificano chiaramente che la versione Plus, destinata a rispondere ad esigenze professionali, andrà solamente ad affiancare la versione gratuita che continuerà a restare accessibile a tutti.

L’azienda prevede poi di migliorare costantemente i servizi da loro offerti, in accordo con le recensioni inviate dagli utenti. Inoltre è stata annunciata una lista d’attesa per ChatGPT API, un’API con la quale gli utenti potranno creare nuovi prodotti, integrare la chat in altri esistenti ed effettuare ricerche accademiche.

Insomma, ChatGPT sembra essere destinato a ulteriori sviluppi, sempre più complessi e coinvolgenti. Siete pronti a passare alla versione Plus? Noi un po’ curiosi lo siamo.

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Economia, StartUp e Fintech

L’Edutech può favorire il pensiero critico? Il caso Kialo

Già da qualche anno la tecnologia ha iniziato a conquistare un ruolo da protagonista in ambito scolastico: sorge quindi spontanea la necessità di interrogarsi sull’efficacia degli strumenti educativi digitali nel favorire il pensiero critico dei giovani studenti. Nel 2017 Errikos Pitsos lancia la piattaforma Kialo, con sede a Brooklyn, proprio al fine di contribuire allo scambio di idee sotto un profilo critico.

Il motivo che ha mosso l’ideatore a fondare questa piattaforma di discussione online è quello di costruire una propria persona, sia per allenarsi a difendersi dagli insidiosi troll, sia per rinforzare la propria capacità espressiva. Kialo è uno spazio in cui gli iscritti alla piattaforma possono liberamente proporre degli argomenti da sviscerare insieme, scriverne un pensiero e aprire così una discussione a cui chiunque può ricollegarsi pubblicando il proprio punto di vista. Il contributo viene inserito tra i pro o i contro in una netta divisione in colonne. Tutti i contributi vengono poi trasformati in un tassello facente parte di un grafico il quale, in un colpo d’occhio, attraverso una suddivisione cromatica in verde e in rosso, ci restituisce la ‘’temperatura’’ della discussione che ruota intorno all’argomento in questione.

 

Fonte: https://www.kialo-edu.com/

Alcuni contributi possono essere incentrati su temi di attualità e suscitare riflessioni sulla possibilità, per esempio, dell’Ucraina di arrendersi per poter salvare vite umane oppure sulla validità di programmi scolastici informativi inerenti l’identità e l’orientamento sessuale, ma anche tematiche generiche e leggere come una riflessione sulla promozione dell’immortalità umana (se scientificamente possibile) oppure l’ipotesi dei social media regolati dai governi. Si può davvero spaziare tra gli argomenti più vari.

La piattaforma offre anche la possibilità di accedere con un profilo da insegnante e creare dei dibattiti di classe in cui gli studenti possono mettere in pratica quanto visto in aula e consolidarne la conoscenza sulla scia del metodo di tesi e antitesi. L’insegnante può aggiungere collegamenti ipertestuali inserendo ulteriori informazioni per facilitare l’esplorazione dell’argomento. Tutto ciò è molto innovativo rispetto al panorama generale: lo studente viene introdotto in una piazza virtuale in cui la scrittura di un articolo, un tema, un saggio non rimane confinato nel rapporto uno a uno studente-insegnante.

Il messaggio che questa piattaforma lancia è chiaro: per poter dissentire è fondamentale saper argomentare. Senza questa abilità si rischia di rinunciare a proporre il proprio punto di vista o di favorire atteggiamenti oppositivi che non aggiungono valore e non sono costruttivi.

Nell’intervista pubblicata su The Chronicle il fondatore chiosa concludendo: ‘’Wikipedia tells you the what and we tell you the why’’ (Wikipedia ti dice il cosa e noi ti diciamo il perché).

Ragionando sul dubbio se la tecnologia stia distruggendo il pensiero critico oppure no, è necessario in prima istanza convenire sul fatto che qualsiasi device o medium è uno strumento atto a svolgere un compito: non va pertanto approcciato come se fosse una soluzione.
Per proteggere un giovane o una giovane dai rischi che l’accesso indiscriminato a ogni tipo di contenuto online può comportare, è meglio mettere dei limiti o offrire la chiave per determinare criticamente il valore di ciò che si trova online?

Questo vale anche per ciò che si può fare attraverso i nuovi strumenti tecnologici.

Ad esempio, i ragazzi possono utilizzare Power Point per ricreare su un foglio digitale quello che veniva creato a mano su un cartellone: ma dov’è l’evoluzione? Non si tratta piuttosto di involuzione, considerato che possono generare lavori accattivanti senza preoccuparsi di sviluppare una personale tecnica artistica? Inoltre, se questo strumento non viene utilizzato come un mezzo per aprire discussioni, confronti o creare lavori interattivi come può risultare una presentazione pensata in modo critico? Sarà un semplice utilizzo delle varie funzionalità offerte dal software che non vengono, tuttavia, impiegate per “andare oltre”.

La tecnologia viene oggi utilizzata con lo scopo opposto che si prefigge Errikos Pitsos: viene cioè messa a disposizione per rendere la vita e i compiti facilmente eseguibili con la conseguenza di limitare sia la potenzialità tecnologica sia la potenzialità del pensiero critico individuale.

Ad oggi in ogni caso la ricerca di Pitsos sta dando buoni frutti: sono 134.4 mila le visite mensili di Kialo e nel mese di ottobre 2022 si è registrata una variazione del + 4.19%.
Basterà per costruire un pensiero critico maturo anche online? Di sicuro è un primo passo.

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Perché regalare sconti in cambio di follower non è una grande strategia sul lungo periodo

Gli sconti sono una pratica ampiamente utilizzata da aziende operanti in svariati settori, al fine di convogliare l’attenzione del consumatore sull’offerta. Questi vengono in genere affiancati ad una scadenza, in modo tale da creare una sensazione di urgenza: in questo modo, maggiori saranno le probabilità di migliorare la brand awareness nel primo periodo. Nonostante ciò, non è detto che questa strategia porti dei vantaggi consistenti in futuro: in quest’ottica, si può considerare il caso studio di About You, un e-commerce attivo nel settore della moda che ha proposto una sfida al suo pubblico, dando la possibilità di ricevere sconti del 50% sull’acquisto dei prodotti dell’azienda se il profilo Instagram avesse ottenuto 250 mila follower entro il 6 maggio. L’obiettivo è stato ampiamente raggiunto e l’offerta è stata resa disponibile fino all’8 maggio.

In generale, i vantaggi di un’iniziativa di questo tipo sono evidenti: prima di tutto si ha una forte crescita di lead, ossia di persone interessate ad acquistare i prodotti del brand; questo avviene grazie al passaparola, che fa leva su una tecnica molto comune denominata “Buzz marketing”. In seguito, è molto probabile che la maggior parte dei lead diventino clienti a tutti gli effetti, se la promozione e la sua comunicazione vengono strutturate in maniera chiara ed efficace; gli svantaggi, al contrario, si presentano nel momento in cui questi elementi vengono meno, nello specifico se non si studia una strategia di lungo periodo da implementare successivamente. Il problema di fondo si pone quando il brand non mira a rafforzare il rapporto con il suo pubblico, ma ha l’unico obiettivo di aumentare le vendite: allargando la propria audience aumenta anche quella parte di utenza definita “cold”, non legata particolarmente alla marca, che dopo questa iniziativa si ripresenterà soltanto nel momento in cui verranno offerti nuovi sconti. Campagne di questo tipo non comunicano nessun elemento inerente alla storia e ai valori del brand: dato che non si punta a differenziarsi, quando l’offerta termina gli acquirenti non avranno alcun motivo per non comprare anche dai competitor.

Prendendo come riferimento il caso About You, si può notare come questo esempio segua perfettamente le affermazioni dette in precedenza. L’obiettivo dei follower è stato raggiunto con largo anticipo, attraverso grossi investimenti in una pubblicità a volte quasi invadente. I problemi di questa campagna, tuttavia, si mostrano prima di tutto nella mancata costruzione di una relazione solida tra azienda e cliente: le dimensioni degli sconti proposti, in questo senso, rischiano di minare la fiducia dell’acquirente verso la qualità e la validità dell’acquisto. Inoltre, sotto ai post di promozione della campagna il tenore dei commenti rimanda ad alcuni timori legati a malfunzionamenti e ritardi nella conferma dell’ordine. Da considerare poi la mancanza di risposta alle domande degli utenti stessi: oltre ad alimentare la sfiducia verso questa operazione, si va a sviluppare una comunicazione unidirezionale che non giova al rafforzamento della brand identity.

Si può quindi dire che gli sconti siano una buona pratica da utilizzare per coinvolgere prospect e portarli a conoscenza dell’offerta e, in generale, dell’azienda. Questa strategia, se viene però strutturata come nel caso esaminato, non porta risultati importanti nel lungo periodo: è fondamentale mettere al centro la customer care e valorizzare la relazione con ogni singolo acquirente, anche sui social, dove un commento può essere visibile per sempre a tutti e avere delle ripercussioni sull’impresa. Inoltre, bisogna anche considerare la brand reputation, intesa come l’immagine che il pubblico ha del brand: la via migliore è quella di sviluppare uno scambio bilaterale, dove al messaggio inviato dall’azienda si considera il feedback dell’utente, in modo tale da far sentire quest’ultimo valorizzato e rispettato.

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Economia, StartUp e Fintech

Compra ora, paga dopo: una nuova modalità di pagamento

Il “Buy Now Pay Later” è una modalità di pagamento a rate per servizi di e-commerce rivolta a imprese e consumatori, alla ricerca di opportunità di crescita economica e di un servizio alla clientela comodo e semplice. Questa formula, entrata da anni nel mercato internazionale, ha raggiunto l’apice della sua crescita soltanto nel periodo della pandemia, date le più stringenti condizioni economiche che gravano sui consumatori. Secondo un’analisi dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, esistono più di 130 società al mondo che offrono un servizio Buy Now Pay Later come intermediarie; inoltre, il 90% di queste sono nate negli ultimi otto anni, a dimostrazione di come questo fenomeno in crescita sia già presente da molto prima del 2020. Attraverso questo sistema l’utente ha la possibilità di acquistare dal sito ed effettuare il pagamento successivamente: in questo modo i consumatori hanno a loro vantaggio un sistema di pagamento più sostenibile, mentre le imprese hanno la prospettiva di un miglior tasso di conversione e di una maggiore fidelizzazione, riducendo l’abbandono dei prodotti inseriti nel carrello. Il servizio è completamente gratuito per i compratori, essendo totalmente a carico delle aziende che decidono di farne uso.

La forma principale è quella online, attraverso la quale aziende come Klarna e Paypal propongono il pagamento in tre rate senza interessi; anche Amazon offre ai consumatori la possibilità di accedere ad un pagamento dilazionato con rate di durata e interessi variabili. Esistono inoltre imprese come Scalapay che propongono anche l’acquisto all’interno dei negozi, attraverso l’utilizzo di codici a barre o QR code. Altre realtà come Soisy propongono un sistema Peer to Peer Lending di prestiti tra privati: i finanziatori anticipano la somma dovuta agli e-commerce e gli acquirenti, in seguito, restituiranno la quota a rate di capitale con gli interessi agli investitori.

Questo strumento deriva dal più longevo credito al consumo, ossia un finanziamento ottenuto da istituti bancari e di credito e anch’esso a breve termine: tuttavia, per poter usufruire di questo servizio è necessario presentare delle garanzie che dimostrino la possibilità per il cliente di sostenere il pagamento. A differenza del sistema a rate tradizionale, il “Compra Ora Paga Dopo” non coinvolge istituti di finanziamento e viene applicato sugli acquisti a breve termine e per importi contenuti, relativamente a categorie di spesa specifiche: dai prodotti per la casa all’abbigliamento, fino ai viaggi e all’intrattenimento.

Le previsioni future indicano che il trend che segue l’applicazione del “Buy Now, Pay Later” sarà in crescita, data l’introduzione di nuove applicazioni e l’adozione da parte di aziende di altri settori. Rimane però da definire con maggior chiarezza il quadro normativo in merito alle regole e alle autorizzazioni che gli erogatori che adotteranno il “Compra ora, Paga dopo” devono possedere: in quest’ottica, infatti, è necessaria una maggior tutela del consumatore da campagne aggressive di marketing e dal rischio di insolvenza a cui è soggetto quest’ultimo. Va considerata, inoltre, la difficoltà a ricevere un rimborso in caso di malfunzionamenti o problemi relativi alla consegna del prodotto, dovendo necessariamente rivolgersi sia al venditore che alla società che offre questo tipo di soluzione.

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UAF: arriva il nipote on demand

UAF (U are family) è una piattaforma digitale nata a Milano nella primavera del 2022 con lo scopo di mettere in collegamento anziani e giovani per far passare del tempo loro insieme, e rendere più piacevole la vita di chi è vittima di solitudine.

 

Gli ideatori sono Matteo Fiammetta, nanotecnologo, e Cecilia Rossi, designer e costumista, entrambi 29enni ed ex alumni Polimi. Amici dalle elementari con percorsi di studio agli antipodi si sono ritrovati durante il primo lockdown del 2020: condividendo pensieri e dubbi professionali scatenati dalla crisi pandemica hanno deciso di dar vita ad un progetto d’impatto sociale identificando la marginalizzazione degli anziani come il nemico da combattere.

 

Attraverso un lavoro certosino fatto di circa 2000 interviste e di studio psicologico per creare profili di compatibilità, Matteo e Cecilia hanno prodotto un algoritmo capace di accoppiare gli utenti che si iscrivono a UAF. La piattaforma è fruibile via web e, per i meno tecnologici, anche attraverso numero di telefono (3519289518).

Anziani e giovani si iscrivono, i primi per trovare compagnia (reale o virtuale) e condivisione, i secondi per beneficiare di un punto di vista differente sul mondo offrendo degli slot settimanali di disponibilità oraria.

 

Non si tratta però di volontariato: i nipoti “on demand” (definiti così anche sul sito della startup) vengono retribuiti grazie al legame creato da UAF con case farmaceutiche, home care company, welfare aziendali e partner assicurativi. Infatti il trend di offerta di benefit “E-S-G” (“environment-social-governance”) è in continua crescita e vengono rese disponibili sempre più risorse per la cura e l’assistenza morale delle persone anziane.

 

Attualmente la community è attiva su Milano ma conta di espandersi trovando finanziatori e utenti in Italia e all’estero.

 

Nel contesto dell’ormai noto progressivo invecchiamento della popolazione UAF è una tra le prime realtà a considerare l’incontro tra fasce d’età profondamente diverse come una vera risorsa per la società e si avvia a modificare l’impatto delle startup sul “longevity shock” preannunciato ormai un decennio fa dal Fondo Monetario Internazionale.

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Impennate e picchi: da cosa dipende il prezzo del petrolio?

A più di un mese dall’inizio del conflitto che ha interessato il vicino Oriente sono state diverse le conseguenze a cui il vecchio continente è andato incontro, tra queste c’è sicuramente l’aumento del costo delle fonti energetiche. Le risorse come gli olii, il gas e affini sono dei beni peculiari e la loro particolarità si riflette anche e soprattutto nel modo in cui si determina il loro prezzo. Come per tutti i beni, anche per questi una parte del prezzo viene determinata dal mercato ma, diversamente da quanto avviene per gli altri, per queste fonti energetiche, dette fonti stock in quanto sono risorse esauribili, un’altra parte dipende dalla natura stessa di questi fattori produttivi e dalla situazione di scarsità che li caratterizza.

 

Fonti stock

In virtù di quanto detto finora, nelle previsioni a lungo termine si è costretti a tenere conto che le fonti stock hanno una certa rarità fisica e questo si riflette non solo sul prezzo che gli si attribuisce oggi ma anche sul prezzo da attribuire loro nel futuro. Questa è una delle ragioni, ma non la sola, che caratterizza il processo di pricing nelle fonti stock rispetto ai comuni beni privati.

Gli economisti, nel corso del tempo, hanno convenuto sul fatto che il prezzo finale delle fonti stock sia determinato, in maniera prioritaria ma non del tutto esclusiva, sulla base dei seguenti elementi:

  • Costo tecnico di produzione
  • Rendita differenziale
  • Rendita di monopolio
  • Rendita di scarsità

Le voci di prezzo

Il costo tecnico di produzione è quello che caratterizza tutti i beni e ricomprende al suo interno alcune voci come i costi dipendenti dalle condizioni geologiche del terreno, dalla allocazione geografica e dalla tecnologia disponibile per il lavoro.  Si fanno rientrare all’interno del costo tecnico anche il tasso di profitto normale ossia quel profitto minimo che il produttore avrebbe guadagnato se invece che investire i suoi capitali sull’estrazione del petrolio li avesse collocati in titoli di stato.

Il concetto di rendita differenziale affonda le sue radici nella storia. Fu teorizzato per la prima volta nel 1777 dallo scozzese James Anderson ma raggiunse l’auge, nel 1815, con Ricardo che all’interno di “Essay on the influence of a low price of corn on the profits of stock” lo applicava alla rendita dei campi agricoli. La portata dei suoi studi in materia la si può intuire dal fatto che, ancora oggi, questo tipo di rendita viene anche ricordata come rendita ricardiana. Infatti, secondo l’economista britannico il prezzo dei beni sul mercato veniva fissato dal terreno definito marginale ossia quel terreno che risultava essere peggiore in termini di comodità e/o fertilità. Chi possedeva tali terreni otteneva dalla vendita dei beni una rendita nulla invece tutti coloro che possedevano terreni più comodi o più fertili erano in grado di accaparrarsi “qualche soldo” in più di quelli spesi per la produzione dei beni. Era questa rendita positiva a essere definita rendita differenziale.

Invece, con rendita di monopolio si intende il margine di extra-profitto che va al produttore quando si è in una situazione in cui il mercato non è perfettamente concorrenziale. In pratica, chi possiede una grande quantità di risorsa esauribile trova conveniente non immetterla tutta insieme sul mercato anche se questa possibilità gli permetterebbe di sbaragliare tutta la concorrenza. È molto più conveniente produrre un po’ meno affinché rientrino sul mercato alcuni “campi marginali”: è proprio l’entrata sul mercato di produttori con costi più alti che assicura al primo, che avrebbe potuto esercitare un regime di monopolio, un guadagno maggiore.

La rendita di scarsità, come suggerisce il nome, è quella che si genera quando l’offerta non è adeguata a coprire la domanda presente sul mercato. È proprio la percezione della scarsità della risorsa a permettere l’aumento dei prezzi e nel campo petrolifero questo si traduce nella generazione di una rendita che potrà poi essere investita nelle attività di esplorazione. Quando la domanda tornerà a allinearsi all’offerta questo tipo di rendita tenderà a essere annullata riportando la situazione a un equilibrio simile a quello della situazione iniziale.

 

Cosa accade realmente nel mercato delle fonti non rinnovabili?

Finora è stata fatta un’analisi delle “voci di prezzo” ma è possibile riassumere quello che vediamo all’interno del mercato delle fonti non rinnovabili attraverso la compenetrazione di due fenomeni.

Il primo è proprio la determinazione del prezzo della risorsa a partire dall’incontro della domanda e dell’offerta. Infatti, quando la domanda è più alta rispetto all’offerta si registrano i picchi di prezzo riconducibili alla limitata disponibilità della risorsa; quando invece, si è in una situazione in cui la domanda è più bassa rispetto alla offerta quella che si registra è una diminuzione del prezzo. Ad esempio, durante la pandemia, in Europa, sono state moltissime le attività che sono state costrette ad arrestare la loro produzione questo ha generato una vera e propria improvvisa abbondanza delle fonti fossili all’interno del mercato che ha determinato un importante crollo dei prezzi. Un caso antipodale è quello che ha fatto seguito al conflitto russo-ucraino che ha fatto percepire scarse, soprattutto all’Europa, le risorse stock e questo ha decretato un sensibile aumento del prezzo che poi ha avuto come ripercussione una lievitazione del costo derivati delle stesse.

Il secondo fenomeno che ha un ruolo importante nella determinazione del prezzo è lievemente più complicato anche se è molto più materiale: si tratta del legame tra il prezzo della risorsa e i cicli di investimento nella sua esplorazione. Ad esempio è stato dimostrato che il prezzo del petrolio dipende dai cicli di investimento dai quali si distacca con un certo ritardo.

Quanto illustrato finora è il frutto, o meglio la sintesi, di alcune delle più importanti teorie economiche degli ultimi secoli. Come sempre le teorie economiche sono crasi di etica, diritto, filosofia e storia per questo non devono essere elevate al ruolo di assiomi ma possono essere viste come spiegazioni postume ai fenomeni all’interno dei quali l’uomo è immerso. Sebbene quelle attuali sembrerebbero spiegare, almeno in parte, i fatti a cui si assiste c’è sempre da tener conto che gli ultimi anni sono stati teatro di grandi sconvolgimenti. Non è detto che queste teorie “funzionino” ancora a lungo e a breve potrebbe giungere il momento di farne delle nuove.

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Come Lugano sta diventando un hub per le criptovalute

Il 3 marzo si è tenuta a Lugano la conferenza “Plan B”, guidata dal sindaco Michele Foletti e volta a presentare il nuovo piano di integrazione a livello cittadino dei servizi blockchain. Il progetto è in collaborazione con Tether, una piattaforma basata sul registro distribuito, la cui criptovaluta associata è una stablecoin ancorata al dollaro.

Nel concreto, la partnership è finalizzata a mettere a disposizione dei cittadini l’utilizzo delle criptovalute nel quadro di diversi servizi pubblici: si andrà a creare una sinergia tra la società e l’amministrazione cittadina per adattare questa tecnologia alla vita quotidiana, rendendo dapprima possibile il pagamento di tasse e imposte e successivamente di beni e servizi; in questo modo, monete come Bitcoin e Tether potranno diventare valute a corso legale.

A supporto dei servizi previsti verrà introdotto il Lighting network, lo strumento complementare alla blockchain per rendere Bitcoin scalabile e mantenere le transazioni veloci e convenienti: infatti, data l’enorme crescita di questo mercato, è aumentato il rischio che in un dato momento il numero delle richieste di conferma delle transazioni vada a superare quelle effettivamente confermate dai miner, andando a rallentare il processo; con questo nuovo sistema non sussiste il problema di scalabilità della criptovaluta.

Oltre a ciò, la collaborazione si spinge oltre, avendo infatti l’obiettivo di rendere la città un vero e proprio polo tecnologico che possa attirare nuove idee, startup e investimenti nel settore, mantenendo una costante attenzione all’ambiente attraverso l’utilizzo di risorse energetiche ecosostenibili per l’attività di mining. Inoltre, Tether lavorerà con istituti di ricerca e ambienti accademici alla creazione di nuovi percorsi di istruzione, al fine di risolvere lo skill mismatch tra domanda e offerta lavorativa.

Questa non è la prima iniziativa della città svizzera, ma soltanto una parte di un percorso di digitalizzazione intrapreso nell’ultimo periodo con il lancio della blockchain comunale e della relativa criptovaluta, i LVGA Points: si va quindi a creare un percorso di crescita efficace, che coinvolge sia il settore pubblico che il privato. Il prossimo passo di questo progetto è già stato annunciato: il “Bitcoin World Forum”, l’evento che si terrà ad ottobre e tratterà temi emergenti, dando spazio a nuove occasioni di dialogo e confronto.