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Marketing & Social Media

E-commerce: consigli per un corretto funzionamento

Sul nostro magazine oggi vogliamo fornire dei consigli e gli strumenti di cui dotarsi per riuscire a far funzionare adeguatamente un e-commerce.

Questo modello di business, da quanto emerge dal report 2020 della Casaleggio Associati, ha prodotto nel 2019, a livello mondiale, un fatturato pari a 15.751 miliardi di dollari, mentre a livello italiano il valore è stimato intorno ai 48,5 miliardi di euro, con una crescita del 17% rispetto al 2018. La crescita, che interessa anche il numero di utenti che accedono ad internet (da desktop e soprattutto da mobile), ha subito un’accelerazione a causa della pandemia.

Mercato: analisi e posizionamento

In funzione di questo scenario, per riuscire a ritagliarsi spazio sul mercato è necessario essere (e rimanere) aggiornati rispetto alle tendenze del settore, il comportamento dei consumatori e all’analisi dei dati attraverso piattaforme come Think with Google o Algopix. L’analisi deve essere svolta anche sulla concorrenza all’interno del proprio settore, utilizzando strumenti che ne automatizzino la raccolta di informazioni, comprendendo i motivi per i quali determinati competitor risultino posizionati in maniera migliore.

In funzione di ciò, è importante avvalersi di strumenti dedicati per analizzare i parametri che determinano il posizionamento in sé, come SEO e SEA. Questo perché, come affermato da Mirella Bengio (CM di PayPlug): “i siti di e-commerce più importanti sono quelli che riescono a capitalizzare queste due leve”.

(Esempi: Wiser, SEMrush, AHrefs, UberSuggest, Answer the Public, Exploding Topics, SEO Zoom)

Brand Strategy

Il posizionamento di un e-commerce è determinato anche dalla brand strategy adottata. Tramite essa si deve dimostrare di poter fornire un valore aggiunto all’interno del proprio settore, distinguendosi in tal modo dalla concorrenza.

Fondamentale è la presenza attiva sulle piattaforme social, in maniera coerente utilizzando stesso logo e colori, per mostrare il marchio e pubblicizzarlo.

Importante, in questo senso, è riuscire ad integrare i social media (ad esempio Instagram) nel proprio store consentendo ai clienti di sfoggiare i prodotti acquistati direttamente sulla home page, incentivando così le vendite e le conversioni.

Utile risulta essere l’implementazione di strumenti per la gestione di tutte le proprie referenze online, in maniera tale da stimolare altri potenziali acquirenti a completare gli acquisti nel proprio e-commerce.

(Esempi: Authentipix, Freedaty)

Marketplace

Importante è anche la presenza sui marketplace, utilizzare pertanto dei servizi per rintracciare quelli più adatti alla nostra attività e che permettono di gestirli attraverso una sola piattaforma, in modo da averli tutti sotto controllo.

(Esempi: Lengow, Seller Dynamics)

Sito web

Focalizzandoci invece sul sito web, è importante che esso risulti ottimizzato al meglio, sia la versione desktop che mobile. È pertanto necessario svolgere dei test per verificarne il funzionamento. L’ottimizzazione però passa anche attraverso l’analisi del comportamento dei visitatori all’interno del sito. In questo modo è possibile individuare gli aspetti critici, come la perdita di interesse o l’abbandono della pagina stessa, e progettare le dovute strategie in merito.

(Esempi: Saucelabs, Google Analytics, Metrillo, Woopra, Hotjar, Crazy Egg)

Esperienza utente

È essenziale garantire la migliore esperienza di acquisto, versione desktop e soprattutto su mobile, in tutte le sue fasi, da quella di esplorazione passando per quella di valutazione arrivando fino all’ultima, quella di acquisto.

Le pagine devono caricarsi in tempi brevissimi, l’interfaccia deve possedere un design accattivante, sia per contenuto che per impatto visivo.

Utilizzare dei servizi che consentano ai clienti di confrontare e trovare i prodotti, in maniera semplice e pertinente.

Prodotti che, in generale, devono essere rappresentati e descritti in modo chiaro e dettagliato e, nel caso in cui risultino particolarmente importanti, valutare l’integrazione di video, formati 3D o addirittura realtà aumentata.

L’ultima fase dell’esperienza di acquisto, il pagamento, rappresenta un punto strategico in quanto, citando ancora Mirella Bengio: “può fidelizzare o, al contrario, far abbandonare la transazione”. In funzione di questo, utilizzare strumenti che lo rendano semplice e che siano in grado di offrire modalità di pagamento diversificati e la possibilità di aggiornarli con i metodi più innovativi, per rimanere sempre al passo con i tempi.

(Esempi: Sooqr, SearchSpring, Klana, Mollie).

Assistenza e comunicazione

L’assistenza è un aspetto da non sottovalutare. Un accorgimento utile ed efficace consiste nel disporre sulla propria homepage, in maniera evidente, il numero di servizio clienti, al fine di sottolineare la vicinanza ad essi per qualsiasi necessità.

Per ottimizzare il processo di assistenza, avvalersi di strumenti per raggruppare, su un’unica piattaforma, le interazioni dei clienti, dai propri siti web a tutti i marketplace e i canali social.

(Esempi: Xsellco eDesk, Zendesk)

Catena di distribuzione ed evasione degli ordini

Utilizzare strumenti che semplifichino il proprio back-end, la sincronizzazione degli ordini e che aiutino a generare e stampare facilmente codici a barre, automatizzando il processo di prelevamento, confezionamento e spedizione dei prodotti, tracciamento e ricezione delle spedizioni.

(Esempi: Inventory source, TradeGecko, Fishbowl Warehouse, Oderhive, Qapla’)

Sicurezza e privacy

In fatto di sicurezza e privacy è consigliato rivolgersi a professionisti del settore che valutino la vulnerabilità del proprio sito, scansionino il proprio network, svolgano simulazioni di attacchi di phishing a scopo formativo e che possano aiutare nella compilazione in materia di GDPR.

(Esempi: Swascan, Iubenda, OneTrust)

In funzione della crescita di questo modello di business, ci auguriamo che i consigli e gli esempi forniti possano risultare utili per superare le innumerevoli difficoltà di gestione e che possano potenziare la propria attività.

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Creare un negozio online non è mai stato così facile

In questi ultimi mesi abbiamo avuto modo di capire quanto sia diventato fondamentale creare una presenza online. 

Secondo i dati dell’Osservatorio e-commerce B2C del Politecnico di Milano, nel 2019 il valore degli acquisti online ha subito un incremento del 15% rispetto all’anno precedente, mentre per quanto riguarda il 2020, anno dei lockdown, gli acquisti di prodotti online sono cresciuti del 31%.

I dati dimostrano quanto l’e-commerce stia diventando un fenomeno sempre più rilevante: è diventato infatti un mezzo fondamentale attraverso il quale farsi conoscere e raggiungere clienti che non si trovano in prossimità del negozio fisico.

Inoltre, i clienti sono sempre più incentivati ad acquistare online perché attirati da prezzi più convenienti, dalla rapidità delle operazioni e naturalmente per comodità.

Questo fenomeno ha incoraggiato moltissimi negozianti a costruire una presenza online, attraverso la creazione di un sito web e la partecipazione attiva sui social network, ma soprattutto li ha posti davanti alla necessità di aprire un vero e proprio e-commerce, in modo tale da per poter vendere i propri prodotti a una clientela più ampia.

Sono numerosi gli ostacoli che titolari e imprenditori immaginano di dover affrontare per poter raggiungere i clienti sfruttando il mondo digitale, ma è veramente così complicato costruire un negozio online?

Come creare un negozio online in modo semplice e veloce

Sono sempre di più i commercianti che decidono di avvicinarsi al mondo dell’e-commerce e spesso per farlo si affidano a soggetti terzi già presenti online come, per esempio, Amazon o eBay.

È emerso però anche il desiderio di creare un e-commerce da poter gestire liberamente in prima persona, dato che la vendita di prodotti su piattaforme gestite da terzi può avere diverse limitazioni, tra cui costi aggiuntivi non indifferenti e dipendenza dalla piattaforma stessa.

Molti negozianti preferirebbero invece poter ricevere personalmente gli ordini online direttamente dai loro clienti. 

Per farlo esistono delle piattaforme che consentono a chiunque di creare e gestire in autonomia il proprio negozio online in maniera semplice, veloce, senza la necessità di avere particolari competenze informatiche e con l’implicazione di un budget molto ridotto.

Utilizzando questi servizi è possibile gestire con facilità informazioni su prodotti e giacenze, organizzare a proprio piacimento le pagine degli articoli e scegliere metodi di pagamento più adatti senza doversene occupare personalmente.

Quali sono queste piattaforme?

Shopify è un ottimo esempio di sito web su cui fare affidamento per costruire un e-commerce da zero.

Si tratta di un servizio utilizzato da più di 1.000.000 di negozi in tutto il mondo!

È in grado di gestire moltissimi aspetti della vendita al posto del negoziante: i pagamenti, i checkout sicuri, le spedizioni e perfino l’area marketing.

C’è un periodo di prova gratuito di 14 giorni, una volta concluso è possibile scegliere tra diversi piani tariffari, che naturalmente differiscono per i vari servizi offerti.

Oltre a Shopify, ci sono molte altre piattaforme, per esempio: Magento E-Commerce, un sito che permette di creare un business online da zero, facile da gestire e controllare, Volusion, sito molto semplice e intuitivo che ha aiutato più di 180.000 imprenditori a creare il loro negozio online ideale, Prestashop che vanta 300.000 commercianti abbonati al sito e WordPress, semplicissimo da utilizzare e con milioni di utenti che vi fanno affidamento.

Queste piattaforme differiscono le une dalle altre per alcune peculiarità, ma si accomunano per quanto riguarda l’offerta di una vasta gamma di funzionalità e per la capacità di permettere la creazione di un negozio online completamente funzionale. 

Un ulteriore importate requisito che gli e-commerce stanno cercando di soddisfare è la riproduzione di un’esperienza di acquisto sempre più simile a quella in negozio. 

Molte piattaforme si stanno impegnando a realizzare tale situazione, come per esempio ha fatto una start up chiamata ShopCall: attraverso questo sito è possibile infatti creare un e-commerce che comprende la possibilità di mostrare in videochiamata i propri prodotti ai clienti.

In questo modo viene riprodotta l’esperienza che il cliente vive di solito in negozio, ovvero una osservazione più accurata del prodotto che desidera acquistare.

Si tratta sicuramente di un’idea curiosa che potrebbe essere sfruttata in maniera molto efficace per attirare più clienti verso il proprio sito.

Non resta altro che cimentarsi nella creazione di un negozio online sfruttando questi strumenti semplici e intuitivi alla portata di tutti! 

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Facebook Dating: la vittoria dell’amore virtuale?

Quest’anno più che mai ci siamo resi conto di quanto smartphone, Social Network e piattaforme virtuali siano influenti nelle vite di tutti noi e dell’importanza crescente che essi stanno assumendo nella creazione e nel mantenimento di rapporti sociali.

In periodo di lockdown e negli ultimi giorni, con la reintroduzione di severe restrizioni, per molti di noi, giovani e meno giovani, essi rimangono l’unica alternativa possibile al totale isolamento.

Proprio poche settimane fa, in data 22 ottobre, è approdata una new entry nel panorama italiano del colosso di Zuckerberg.

Si chiama Facebook Dating, e non si tratta propriamente di una novità: la funziona aveva già debuttato nel 2018 per il pubblico statunitense, e in seguito la sua versione beta è stata rilasciata in 20 paesi.

Secondo la Newsroom di Facebook, Dating vanta già oltre 1,5 milioni di “match”.

Ci troviamo allora di fronte ad un Cupido 2.0? Non proprio.

È semplicemente un’opzione aggiuntiva, interamente inglobata nel social, che in Italia è stata lanciata con l’obiettivo di “connettere le persone, anche restando a casa”.

Un’ottima mossa con un altrettanto ottimo tempismo. Si parla di Facebook Dating come primo competitor di Tinder, l’app d’incontri più conosciuta e utilizzata, ma anche quella che da sempre fa più discutere.

Avevamo bisogno di un’altra dating app?

Partiamo con una piccola premessa: il nome, sebbene rimandi agli appuntamenti, è puramente simbolico.

L’obiettivo di Facebook Dating vuole essere quello di connettere le persone, perfettamente in linea con la mission del social stesso, sfruttando il proprio potere per indirizzare gli utenti verso individui con caratteristiche simili.

Di fatto, è rivolta anche a persone che semplicemente vogliano fare quattro chiacchiere in amicizia, sfruttando il troppo tempo libero dovuto all’isolamento forzato.

Per questo motivo, non ci troviamo di fronte a profili ad impatto basati esclusivamente sull’aspetto fisico, né ingaggiati in una sterile attività di swipe left/swipe right.

Gli utenti, di fronte ad un profilo potenzialmente compatibile, sono incoraggiati a interagire con esso lasciando un commento o scrivendo un messaggio, iniziando una conversazione.

Molto interessante è il collegamento agli eventi e ai gruppi, che permettono di incontrare persone con passioni e interessi comuni.

In questo modo si vuole sempre incoraggiare uno scambio di interazioni che sia in qualche modo costruttivo, e non un “ehi!” echeggiante nel vuoto.

Per evitare approcci indesiderati e truffe, non sono consentiti link, video o transazioni di denaro.

L’interfaccia di personalizzazione del profilo si rivela essere inclusiva e molto dettagliata, dando la possibilità a tutti di esprimere sé stessi.

Troviamo anche le Stories, che assolutamente non potevano mancare. Come ben sappiamo, sono molto utili per raccontarsi e mostrare momenti della propria quotidianità in pochi secondi.

Per ridurre ancora di più la distanza tra le persone, vi è la possibilità di accordarsi e incontrarsi in un “Virtual Date” ossia una videochat, utile a rompere il ghiaccio e a mantenere quel poco di contatto umano rimasto.

La funzione Secret Crush, infine, permette di scegliere fino a nove profili presenti tra i propri contatti in maniera del tutto anonima. Se uno di essi ricambia l’interesse, allora si ha un match. Utile per dichiararsi alle cotte adolescenziali con le quali non si ha mai avuto il coraggio di fare il primo passo.

Quanto è sicuro tutto questo?

Facebook promette privacy assoluta: la funzione è intrinseca all’app, ma i profili rimangono separati. Questo significa che genitori, parenti, amici non sapranno mai della presenza di un utente all’interno dell’app, a meno che non si cambino le impostazioni.

Se ciò può evitare momenti di imbarazzo, c’è da domandarsi se e quale influenza avrà nei rapporti di coppia. Non essendo un’applicazione esterna, è più difficile da “scoprire” nello smartphone del proprio partner, rischiando di minare il rapporto di fiducia.

Non solo: per garantire la migliore esperienza possibile, Facebook raccoglie dati sempre più dettagliati, che contribuiscono a creare dei “tag” relativi all’utente e a proporre persone sempre più pertinenti secondo l’algoritmo.

Non vi è scopo di lucro, tanto che non vi sono inserzioni all’interno della piattaforma, ma possiamo essere sicuri che non verranno utilizzati in nessun modo?

Inoltre, quali possono essere le conseguenze dell’interagire solamente con persone simili a noi? Siamo già consapevoli degli effetti di polarizzazione che possono causare le piattaforme social, potrebbe questo rischio estendersi anche alla sfera personale? Una risposta ancora non c’è.

Nonostante tutto, può essere un modo come un altro per conoscere gente nuova, e l’ennesima strategia di Zuckerberg per tenere le persone il più possibile sulla propria piattaforma.

C’è anche una buona possibilità che si riveli essere un flop come molte altre app d’incontri: dipende sempre dall’utilizzo che ne fanno gli utenti, e dall’avere un pizzico di fortuna.

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Facebook Shops: vendere online attraverso Big-F

Il 19 maggio Facebook ha annunciato il lancio di Facebook Shops, i negozi virtuali a supporto delle piccole e medie imprese: un modo per avvicinare all’e-commerce la PMI dando una risposta concreta alla crisi.

Al negozio si accede dalle pagine Facebook e dai profili Instagram delle aziende, e la sua apertura è gratuita e intuitiva: i prodotti sono raggruppati in cataloghi visualizzati nella vetrina dedicata ai clienti. L’aspetto delle pagine è personalizzabile con immagini e colori, in modo da essere rispettosi dell’identity aziendale, facilmente riconoscibili e “friendly”.

Il cliente può ispezionare i prodotti e ovviamente condividerli sul proprio wall. L’ordine viene effettuato sul sito dell’azienda ma se la sede è negli USA c’è la possibilità di completarlo direttamente sui social media col pagamento tramite il servizio “Facebook Pay” o “Checkout on Instagram”. In un secondo momento si potranno utilizzare anche WhatsApp e Messenger, già usati per l’assistenza al cliente.

Un plus significativo è nelle possibilità di promozione, che approfittano ovviamente delle enormi possibilità dei social network della galassia Zuckerberg. Gli utenti possono scoprire i negozi tramite le stories e gli ADV personalizzati: inoltre, Facebook ha intenzione di migliorare la pubblicità rilasciando strumenti di ricerca come Instagram Shop ed integrando nuove funzionalità a servizi già attivi, come la possibilità di etichettare i prodotti durante le sessioni live di Facebook ed Instagram.

Il 19 maggio Facebook ha annunciato il lancio di Facebook Shops, i negozi virtuali a supporto delle piccole e medie imprese: un modo per avvicinare all’e-commerce la PMI dando una risposta concreta alla crisi.

Al negozio si accede dalle pagine Facebook e dai profili Instagram delle aziende, e la sua apertura è gratuita e intuitiva: i prodotti sono raggruppati in cataloghi visualizzati nella vetrina dedicata ai clienti. L’aspetto delle pagine è personalizzabile con immagini e colori, in modo da essere rispettosi dell’identity aziendale, facilmente riconoscibili e “friendly”.

Il cliente può ispezionare i prodotti e ovviamente condividerli sul proprio wall. L’ordine viene effettuato sul sito dell’azienda ma se la sede è negli USA c’è la possibilità di completarlo direttamente sui social media col pagamento tramite il servizio “Facebook Pay” o “Checkout on Instagram”. In un secondo momento si potranno utilizzare anche WhatsApp e Messenger, già usati per l’assistenza al cliente.

Un plus significativo è nelle possibilità di promozione, che approfittano ovviamente delle enormi possibilità dei social network della galassia Zuckerberg. Gli utenti possono scoprire i negozi tramite le stories e gli ADV personalizzati: inoltre, Facebook ha intenzione di migliorare la pubblicità rilasciando strumenti di ricerca come Instagram Shop ed integrando nuove funzionalità a servizi già attivi, come la possibilità di etichettare i prodotti durante le sessioni live di Facebook ed Instagram.

I Facebook Shops arriveranno a breve con nuove funzionalità. Non si sa con precisione quando ne quali aziende faranno il salto dall’e-commerce al social commerce, sicuramente potrà essere un’opportunità visto i numeri che ancora muove mensilmente Facebook: circa tre miliardi di utenti unici attivi sono un bel bacino da cui pescare nuovi clienti…

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Bonus vacanze: soluzione per l’economia italiana o un’ulteriore complicazione?

Dal 1 luglio è possibile fare domanda per ottenere il Bonus vacanze, o Tax credit vacanze, il contributo che potrà permettere a molti italiani di andare in vacanza anche affrontando la crisi economica post-COVID.

Il bonus può essere una giusta soluzione per la ripresa economica italiana: il turismo è un settore preziosissimo per la nostra economia, offre moltissimi posti di lavoro e garantisce notevoli entrate di denaro sia allo Stato che ai privati; uno stimolo strategico per il, sistema Paese.

È un dato di fatto che con l’epidemia, l’Italia rischia di perdere gran parte dei proventi che ogni anno riceve da turisti italiani e stranieri, circa il 13% del PIL nazioanle; secondo una stima iniziale della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media (CNA) il settore turismo potrebbe subire una contrazione dei ricavi del 73%, con una perdita circa di 40 miliardi.

Anche per questa ragione il governo, e in particolare il Ministero per i Beni, le Attività culturali e per il Turismo, ha proposto che il bonus vacanze si possa utilizzare fino alla fine del 2020. Per supportare la misura sono stanziati fondi limitati fino a 2,4 miliardi di euro: una cifra decisamente importante.

Ma come funziona? Come si può usufruire di tale risorsa?

 

Il Bonus vacanze si potrà spendere in strutture turistiche aderenti all’iniziativa come alberghi, campeggi, villaggi e B&b; il contributo sarà diviso in tre categorie, differenti per numero di componenti del nucleo famigliare:

  • Se la famiglia è composta da 3 o più persone potranno godere di 500 euro.
  • I nuclei composti da 2 persone otterranno 300 euro.
  • Le persone singole potranno avere 150 euro.

Il richiedente dovrà avere un ISEE (l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente) inferiore ai 40.000 euro. Il Bonus potrà essere richiesto solo una volta da un componente della famiglia e potrà essere utilizzato da un qualsiasi membro del nucleo famigliare, anche diverso dal richiedente, in un arco di tempo che va dal 1 luglio al 31 dicembre 2020, nelle strutture aderenti all’iniziativa in Italia; non sarà utilizzabile infatti in località e stabilimenti turistici all’estero.

Non si deve fare l’errore di credere che l’ammontare del Tax credit verrà assegnato in toto con la stessa modalità o in denaro effettivo: il bonus sarà infatti diviso in due percentuali, con diverse caratteristiche. L’80% dell’ammontare sarà sotto forma di credito al momento del pagamento presso la struttura turistica, mentre il restante 20% sotto forma di detrazione nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo.

È proprio questo aspetto che ha scatenato molte critiche da parte sia di richiedenti che di operatori turistici. Questi ultimi hanno bisogno di liquidità in questo periodo di estrema crisi e il bonus vacanze rischia di non essere la risposta giusta: l’80% dell’ammontare sarà anticipato proprio dai fornitori del servizio, già in carenza di denaro, che, solo successivamente, potranno poi chiedere il rimborso sotto forma di credito d’imposta, quindi attraverso una riduzione delle imposte da pagare successivamente allo Stato.

Dal punto di vista dei clienti, i dubbi sono per il sistema di prenotazione: per poter sfruttare del bonus, il beneficiario dovrà chiedere direttamente alla struttura ricevente se è disposta ad accettare tale strumento, oppure affidarsi a tour operator o agenzie di viaggi, escludendo però le piattaforme intermediarie di prenotazione, come Booking o Air Bnb.

Per facilitare la ricerca alle persone, Italyhotels offre agli utenti la lista di tutti gli hotel e località turistiche disposte ad accettare il bonus vacanze facenti parte di Federalberghi, organizzazione nazionale che maggiormente rappresenta gli albergatori italiani.

Perché il tax credit venga riconosciuto al momento del pagamento ci sono le seguenti regole standard da seguire:

  • il bonus dovrà essere utilizzato in un’unica soluzione
  • il corrispettivo totale dovrà essere documentato da fattura elettronica o documento commerciale in cui viene indicato il codice fiscale del soggetto che utilizza il credito
  • il pagamento dovrà essere effettuato senza l’utilizzo di intermediari, come piattaforme o portali telematici, diverse da agenzie di viaggio e tour operator.

Dal punto di vista pratico il richiedente ed il fornitore del servizio cosa devono fare?

 

L’utente dovrà scaricare sul proprio smartphone l’app “Io”, messa a disposizione da PagoPa; una volta scaricata l’applicazione si dovrà fare il login attraverso la propria identità SPID, identità digitale attraverso la quale l’utente può godere di determinati servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione, o CIE (Carta d’Identità Elettronica) ed attivare la funzione “Bonus vacanze”.

La richiesta sarà poi esaminata da PagoPa, in collaborazione con l’INPS, assicurando che il richiedente soddisfi tutte le condizioni per le quali possa ottenere il Bonus vacanze; nel caso in cui queste venissero a mancare, il richiedente dovrà aggiustare quegli errori che gli vengono fatti notare e ripresentare domanda, con le stesse modalità della precedente.

Nel momento in cui viene accetta la richiesta, verranno inviati dei codici QR ed un codice univoco che dovranno essere utilizzati nel momento in cui il cliente vorrà godere dello sconto; i codici non dovranno essere stampati ma si utilizzeranno online attraverso smartphone o tablet, semplicemente mostrandoli all’hotel o struttura ricevente.

Il fornitore del servizio invece che procedura deve seguire?

Una volta ricevuto il codice dal cliente, applicherà lo sconto al richiedente e dal giorno successivo potrà presentare domanda, attraverso il modello F24 – documento attraverso il quale il contribuente effettua il pagamento di tributi, contributi e premi – per recuperare lo sconto concesso.

Il credito recuperato potrà essere utilizzato in due modi: come detrazione di imposta oppure potrà essere ceduto a banche o enti finanziari, ottenendo liquidità.

Dal momento in cui era possibile richiedere il bonus vacanze, secondo quanto riporta il Mibact in un suo comunicato stampa, sono stati erogati più di 140.000 bonus vacanze per un valore superiore ai 67 milioni di euro; già più di 450 nuclei famigliari lo hanno utilizzato presso le varie strutture turistiche e sembra che molti altri dovranno far domanda.

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Bnb Working Spaces: le case vacanza si trasformano in uffici diffusi

Avevamo cominciato ad abituarci al modello turistico basato su Airbnb: ma sul lavoro, poteva essere importato? Probabilmente la risposta è sì, grazie all’idea dell’ufficio diffuso. Cosa sono? In poche parole: le case vacanza vengono adattate al concetto di intelligenza diffusa negli oggetti e spazi di uso quotidiano e arredate sfruttando la tecnologia per fornire il migliore comfort individuale.

Ma come ha fatto l’ufficio diffuso ad arrivare nelle case?

L’emergenza COVID-19 ha portato molte aziende ad adottare la modalità di lavoro agile (o smart working) che permette ai dipendenti di lavorare in assenza di vincoli orari o spaziali.Tuttavia è diventato sempre più difficile conciliare la vita familiare con quella lavorativa.

La pandemia ha scompaginato ancor di più carte, sconvolgendo il settore turistico e obbligando a rivedere i propri modelli di business.  Piattaforme come Airbnb, ad esempio, ha dovuto prendere decisioni drastiche per affrontare la crisi.

È qui che nasce l’idea di Roberta D’Onofrio per dare nuova vita alle case vacanza di Roma: Bnb Working Spaces.

Questa startup permette agli smart worker di affittare case dotate delle principali attrezzature per garantire un lavoro agile sempre più efficiente.

Tra le dotazioni fornite abbiamo: spazi computer friendly, connessioni Wi-Fi ad alta velocità, sedie ergonomiche e sistemi di self check-in per consentire accessi contactless in totale autonomia e sicurezza.

Il target su cui lavora Bnb Working space sono quei lavoratori che possano muoversi agilmente e abbiano bisogno di un luogo che venga incontro alle sue esigenze lavorative. Nello specifico tra le varie figure professionali segnalate sul sito della piattaforma abbiamo in particolare manager e liberi professionisti, ma ad essere potenzialmente interessanti possono essere anche interi team di lavoro aziendali.

Mercoledì 17 giugno Gianpaolo Vairo (professionista con più di 12 anni di esperienza nel settore dell’ospitalità extra alberghiera) ha intervistato la fondatrice di Bnb Working Spaces durante un webinar di HOST B2B.

Nell’intervista, Roberta D’Onofrio ha descritto com’è nata l’idea della sua piattaforma.

Per spiegarlo si è servita del video che mostra il docente Robert E. Kelly durante un collegamento da casa con la BBC in cui suoi figli irrompono nella stanza.

La D’Onofrio da questo video ha capito che si doveva pensare a un modo per dare ai lavoratori un luogo in cui svolgere la propria professione senza essere interrotti da un evento inaspettato: durante il periodo di quarantena sono molti i fenomeni di videobombing, cioè l’apparizione di individui che non sarebbero dovuti essere parte del video. Bnb Working Spaces non solo salva le entrate delle case vacanza ma anche gli smart workers da eventi particolarmente divertenti tuttavia spiacevoli per i diretti interessati.

Ma Airbnb potrebbe prendere spunto da questa idea e tagliare fuori la D’Onofrio?

Secondo la fondatrice la chiave contro la possibile concorrenza è la qualità.

Prevede in futuro di creare un network in cui rimarrà in collaborazione con i migliori nel settore dell’arredamento tech e dell’organizzazione di video conference.

Ultimamente le sono anche arrivate richieste di case per vivere e non per lavorare. La D’Onofrio vede qui l’opportunità di allargare il target della sua offerta.

L’idea sembra buona: e voi, siete pronti per andare in vacanza per… lavorare?

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TikTok si apre agli inserzionisti (e le aziende si preparano)

Fino a un anno fa chiedere cosa fosse TikTok a qualcuno che avesse superato gli anni dell’adolescenza non poteva che condurre a un silenzio imbarazzato.
Oggi l’app cinese di microvideo è invece sulla bocca di tutti: con più di 800 milioni di utenti attivi (in continua crescita), possiamo dire anzi che sia il nuovo fenomeno social.
La pandemia non sembra aver impattato su questo percorso di crescita: il boom dei download (e il conseguente aumento di valore) è stato continuo.

Visto il successo ottenuto, era solo questione di tempo che le aziende cominciassero a chiedersi come sfruttare il network che abita il colosso di ByteDance. Per questa ragione, TikTok ha cominciato a studiare come perfezionare il proprio sistema di advertising, aprendosi agli inserzionisti.

TikTok: ads tra limiti e potenzialità

Di recente si è sentito parlare di recessione pubblicitaria e della necessità di provare nuove strategie, tipi di contenuto e di target. TikTok è certamente una delle strade più promettenti per il suo DNA innovativo: la piattaforma di mini-video si avvicina all’ideale di “Marketing umanistico” incentrato sul contenuto e sulla fiducia, e proprio per questo in grado di raggiungere un pubblico sempre più eterogeneo (anche se il vero Eldorado della piattaforma sta nell’utenza riconducibile alla Generazione Z, i consumatori di domani, che corrispondono anche alla maggior parte dei suoi utilizzatori).

Al momento però non è semplicissimo investire su TikTok: essendo il sistema in fase di testing, l’accesso per l’Europa è riservato a pochi fortunati che sono stati invitati.

In secondo luogo, il costo. Per essere efficaci, le campagne adv sulla piattaforma cinese richiederanno un vasto budget a disposizione: la tariffa minima sembra essere 20 euro al giorno per la pubblicità day by day (con risultati se si desume essere decisamente contenuti), mentre per lo strategie a lungo termine l’investimento minimo sarà di 500 euro.
Insomma, ben diverso dalle formule a costo irrisorio messe a disposizione da GoogleAds o Facebook.

Altre barriere che sembrano esserci sono la rigidità dei criteri dell’app per approvare una campagna pubblicitaria (ancora da capire limiti e opportunità) e l’ambiguo algoritmo del feed, che presenta meccaniche un po’ discutibili: sembra infatti che TikTok promuova tutto ciò che è coinvolgente, virale, conducendo gli utenti verso i cosiddetti “loops” in cui lo stesso video viene visto e rivisto più volte.

L’unica certezza sta nel come dovrà essere confezionato il contenuto: i video sponsorizzati dovranno essere originali, accattivanti, efficaci, brevi, ma soprattutto coerenti con lo spirito della piattaforma.

Per questo gli inserzionisti sono incoraggiati a mettere in campo tutta la loro creatività, a informarsi sui trend del momento e ad adattarli alla loro comunicazione.  Un lavoro molto più complesso e forse difficile per i brand poco conosciuti e affermati, o che possiedono un’immagine molto distante dall’ecosistema di TikTok.

I brand che ce l’hanno fatta

Sul blog ufficiale della piattaforma è presente una sezione #Inspiration dove vengono postati i case studies dei brand che hanno realizzato le campagne più efficaci fino ad ora: i più interessanti da segnalare Mercedes, Balenciaga, ma anche una curiosa marca di deodoranti russa.

Casi utili da analizzare per tutti i marketers che decideranno di tentare l’impresa e tuffarsi nel mondo delle inserzioni su TikTok. I risultati si prospettano essere più che buoni: in fondo perché ignorare questa opportunità?

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AI e moderazione dei contenuti su Facebook

Il problema della disinformazione e della diffusione di contenuti violenti è una realtà contro la quale l’ecosistema dei social network si trova a fare i conti quotidianamente.

 

Spesso il solo intervento umano non è sufficiente, non solo in termini di quantità di notizie da analizzare, ma soprattutto in termini di salute. In tempi recenti il colosso di Zuckerberg ha accettato di stanziare un risarcimento di 52 milioni di dollari ai dipendenti incaricati della moderazione dei contenuti in seguito a numerose denunce da parte degli stessi, i quali hanno sviluppato un disturbo post-traumatico da stress dovuto all’entità del lavoro svolto.

 

Come se non bastasse, lo scoppiare della pandemia da COVID-19 ha portato con sé una crescita esponenziale di fake news e annunci fraudolenti. Rimuovere fonti di disinformazione è diventato ancora più importante per la tutela degli utenti, laddove la diffusione di pseudoscienze, incitamenti all’odio e alla violenza, teorie del complotto e truffe di ogni genere rappresentano un vero e proprio pericolo per la sicurezza dei cittadini.

Il social network, in collaborazione con oltre 60 organizzazioni internazionali di fact-checking, ha tentato di far fronte all’emergenza implementando le funzionalità e l’utilizzo dei sistemi di Intelligenza Artificiale, cercando al contempo di perfezionarne mano a mano l’operato.

 

A che punto siamo

La sfida è riuscire a segnalare correttamente quali siano le notizie autentiche e quali no.

Due fotografie completamente identiche sono facili da riconoscere per l’occhio umano, ma non per l’intelligenza artificiale: un metodo utilizzato per aggirare i controlli è quello di fare uno screenshot della notizia falsa oppure applicarvi un filtro che la distorca. L’AI, ragionando per pixel, fatica a distinguere queste piccole variazioni. È difficile anche qualora le due immagini siano praticamente identiche. Quando viene semplicemente modificata una lettera, il senso viene stravolto, ma l’algoritmo non se ne accorge.

SimSearchNet è il nome del software utilizzato da Facebook nella lotta contro le fake news. Si tratta di un sistema basato su una simil rete neurale, nato proprio per riconoscere i doppioni e i vari escamotage utilizzati per aggirare i controlli. Insomma, conosce bene il nemico.

Il sistema lavora in sinergia con il database delle segnalazioni per evitare falsi positivi e falsi negativi

Il sistema sembra funzionare. Se la notizia si rivela falsa, la sua diffusione viene limitata e la sua lettura ostacolata da un banner che segnala la sua poca attendibilità. Il 95% delle persone non la apre.

Facebook ha impiegato l’AI anche per monitorare la pubblicazione di annunci fraudolenti riguardanti mascherine, cure, kit per la diagnosi del COVID-19 e presunte cure.

Sarà questa la soluzione al diffondersi di notizie false online? Certamente, l’intelligenza artificiale potrebbe dare una grande mano.

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Come farsi notare su LinkedIn, piattaforma di connessione tra professionisti? Lo spiega Andrea Belli

Come farsi notare su LinkedIn? Serve davvero a trovare lavoro? Come funziona?

Queste le domande più gettonate di studenti universitari e laureandi. Non appena terminato il proprio percorso accademico, infatti, l’ingresso nel mondo del lavoro non è facile: anzi, risulta piuttosto complicato e costellato di ostacoli di ogni genere.

Lo sa bene Andrea Belli, Enterprise account executive presso LinkedIn, che è ha dispensato consigli utili ai numerosi giovani presenti all’incontro.

 

 

Perché LinkedIn esiste come azienda e cosa fa?

 

LinkedIn rappresenta la più grande comunità professionale del mondo. A livello globale, infatti, ospita 660 milioni di membri e 30 milioni di compagnie aziendali o istituzionali. LinkedIn tocca persino il territorio cinese, un dettaglio non banale viste le severe restrizioni locali sui social network. In Italia, invece, LinkedIn abbraccia 13 milioni di iscritti e 224000 aziende.

 

A parte i numeri, qual è l’aim di LinkedIn e quali sono i suoi obiettivi aziendali principali?

LinkedIn nasce con lo scopo di creare possibilità economica per ogni individuo, fornendo uno strumento imprescindibile: la connessione alle opportunità lavorative. Ogni membro, infatti, è potenzialmente in grado di capire quelli che sono l’economia globale e il mercato del lavoro. Costruire relazioni professionali è requisito fondamentale per farsi notare su LinkedIn, trovare un’occupazione, o per mantenere un buon posto di lavoro.

 

Anche le realtà aziendali hanno una serie di necessità:

  • Hire. Questo è il primo bisogno delle aziende. Cercare e scegliere la risorsa potenzialmente adatta alle proprie esigenze.
  • Market. Per le aziende è di fondamentale importanza restare aggiornate sull’economia globale e sul mercato del lavoro.
  • Sell. Un’azienda, su LinkedIn, ha la possibilità di raccontarsi e di manifestare i propri capisaldi, ciò in cui crede, i propri valori.
  • Learn. Per essere costantemente aggiornati e provvedere alla formazione dei propri dipendenti.

 

 

Come si costruisce un buon profilo LinkedIn?

 

Il profilo è pubblico: questo significa che tutti possono accedervi e visualizzarlo. Ma come dev’essere fatto per farsi notare su LinkedIn? Andrea Belli ha fornito un’ottima scaletta di punti chiave da studiare. Lo scopo deve essere sempre lo stesso: raccontarsi al meglio per trasmettere un senso di fiducia ai recruiter.

  • Foto profilo: Sempre meglio averla. Deve essere rappresentativa e, se possibile, coerente con il personal brand di ciascuno. Meglio evitare le foto di gruppo e prediligere uno sfondo neutrale.
  • Percorso di studi: È una sezione multo importante da compilare, tenendo conto dei propri obiettivi. È bene inserire premi e borse di studio, ed anche attività extra-curricolare.
  • Competenze: Mai dare nulla per scontato: in questa sezione è buona norma inserire competenze di più tipologie.
  • Esperienza lavorativa: è bene inserire e raccontare i propri risultati principali, magari spiegando di cosa si occupa l’azienda dove si ha lavorato. Paragrafi ed elenchi puntati sono ben accetti e facilitano la lettura.
  • Summary: LinkedIn offre la possibilità di presentare il nostro profilo con un piccolo riassunto. Il segreto è uno solo: descriversi con passione.

 

 

Primi movimenti nel Networking: come approcciarsi?

 

Alcuni consigli possono essere messi in pratica tempestivamente.

              • Get out there! La ricerca del lavoro richiede tempo. È bene mettersi in gioco subito dopo il conseguimento di un titolo accademico o in breve tempo.
              • Be of service. È bene cercare di preparare una presentazione di se stessi, per rivolgersi ai recruiter in modo da esaltare tutti i propri punti di forza.
              • Farsi aiutare nelle scelte. A volte, ascoltare i pareri di altri può essere di grande aiuto. Sono tre le figure da cui si può trarre un buon parere esterno sul nostro conto.
              • The advocate: un amico stretto, o magari un familiare.
              • The strategic in: questa figura generalmente si identifica con un esperto del settore, la cui conoscenza potrebbe essere utile per l’ingresso nel mondo del lavoro.
              • The subject matter expert: qualcuno che si occupa proprio di quello che ci interessa, utile per capire quali passi fare per avvicinarci al nostro obiettivo.

 

 

Andrea Belli e la sua preziosa testimonianza sul campo

 

A soli 25 anni, Andrea Belli è Enterprise account executive presso LinkedIn, un lavoro che, prima della laurea, mai avrebbe immaginato di fare.

Laureato al Politecnico di Milano in Ingegneria Gestionale, ha incoraggiato tutti i giovani presenti all’incontro a guardare dentro di sé per capire quale sia la propria vocazione, o i propri interessi più profondi.

Ha raccontato non solo come farsi notare su LinkedIn, ma anche come sia importante prendere un momento per stare con se stessi, per poi affacciarsi al mondo del lavoro con una buona autostima, preparazione e consapevolezza.

 

Articolo a cura di Caterina di Carlo

 Guarda l’intervista di iBicocca a Andrea Belli

 

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Le Soft Skills di Marcello Ascani

In occasione del mese dedicato all’educazione finanziaria, il 25 Ottobre si è tenuto il primo evento del ciclo 8.0 di iBicocca, con la partecipazione di Marcello Ascani, famoso YouTuber che si è approcciato ad una professione del tutto nuova.

L’evento è stato organizzato dall’area Educazione Finanziaria del Di.SEA.DE (Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia), in collaborazione con iBicocca, l’Osservatorio Nazionale di Educazione Economico Finanziaria e l’Associazione dei docenti di Economia dei Mercati e degli Intermediari Finanziari.

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Cosa aspettarsi dalla lettura di questo articolo? Parleremo delle soft skills di Marcello Ascani e di come il giovane YouTuber gestisce la propria pianificazione finanziaria.

 

 

Soft Skills di Marcello Ascani: l’imprenditività

 

Marcello Ascani, classe ’97, rappresenta un esempio lampante di come le soft skills siano importanti, se non fondamentali, per raggiungere i propri obiettivi. Fin dagli esordi, è sempre stato costante e impegnato nel suo lavoro “Mi alzavo con quel pensiero e tornavo a dormire con lo stesso pensiero” – dice al pubblico – “anche quando nessuno guardava i miei video”.

È stato sicuramente fortunato a riconoscere fin da subito la sua “vocazione”, ma ciò che tiene a sottolineare è il suo lato imprenditivo, che gli ha permesso di “creare” il lavoro dei suoi sogni.

 

Le altre Soft Skills di Marcello Ascani

 

Durante la prima parte dell’evento, Chiara Muzza, responsabile comunicazione del progetto iBicocca, ha chiesto a Marcello di identificare tre soft skills che pensa di possedere in modo consolidato.

La prima citata è l’intraprendenza, ovvero ciò che gli ha permesso di essere adesso uno degli YouTuber più seguiti in Italia.

Un’altra soft skill di Marcello Ascani è l’autonomia. Lo YouTuber infatti è sempre stato abituato dai genitori a gestire la sua vita in maniera autonoma, dal cambio di indirizzo al liceo, alla decisione di aprire un canale.

Terza skill la formazione continua, fondamentale per una professione come la sua, in cui aggiornarsi di continuo sulle nuove piattaforme online e sulle nuove tendenze si rivela fondamentale.

Inoltre Marcello è particolarmente interessato al tema della gestione finanziaria, che considera di vitale importanza.

 

Marcello Ascani iBicocca

 

La gestione finanziaria dello Youtuber

 

Durante la seconda parte della conferenza, Marcello è stato intervistato da Emanuela Rinaldi, Ricercatrice in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’ateneo e da Paola Bongini, Professore Ordinario di Economia degli Intermediari finanziari del Di.SEA.DE (Università degli Studi di Milano-Bicocca).

Le domande, questa volta, sono entrate nel vivo dell’argomento “Pianificazione finanziaria” e si è parlato della professione dello “YouTuber”.

Il ragazzo rappresenta un “ottimo esempio per i figli” come dichiara nella sua bio di Instagram: infatti, a sua detta, risparmia il 70% di ciò che guadagna. Ciò perché vorrebbe smettere di lavorare circa a 40 anni (o addirittura prima). Il suo piano finanziario sembra quindi ben delineato.

Lo YouTuber descrive il benessere finanziario come una situazione nella quale non ci si debba preoccupare delle minime spese e, pur risparmiando, ci si possa concedere qualche “sfizio” sporadico.

 

L’innovazione per i giovani

 

Spesso si dice che non c’è lavoro, io non credo che sia vero

esordisce Marcello verso metà conferenza.
Secondo lui, infatti, questo rappresenta uno dei periodi in cui si è fortunati nascere: il web ha permesso e permette tutt’ora a tantissime persone di creare qualcosa dal nulla e renderlo un vero e proprio lavoro.

“Anche voi potete farlo” incoraggia gli studenti: “dovete solo avere qualcosa da dire”. La differenza, ovviamente, tra una persona che può riuscirci e una che non è in grado, è nel mettersi in gioco, provare, riprovare ed “adattarsi al pubblico”.

Inoltre, non bisogna preoccuparsi dei tanto temuti haters, che vanno ignorati in caso di critiche distruttive.

Marcello Ascani e i ragazzi di iBicocca

 

 

Community e responsabilità

 

Ascani dimostra fin da subito di essere un ragazzo con la testa sulle spalle: dalla sua ponderata gestione finanziaria, mostra di essere responsabile non solo in merito ai suoi guadagni, ma anche rispetto ai suoi iscritti.

“Più il pubblico è grande, più lo YouTuber è investito di determinate responsabilità” afferma Marcello, che sente di dover diffondere un messaggio positivo nella speranza di poter essere utile a qualcuno che si possa trovare nelle sue stesse situazioni (dall’organizzarsi per un viaggio, al gestire le finanze, al mantenere la linea).

 

Cosa si aspetta Marcello dal suo futuro?

 

Al noto YouTuber vengono poste alcune domande riguardo al futuro, in quanto per molti quella di Marcello viene vista come una professione ancora molto “precaria”, in cui la “fama” va cavalcata.

Marcello non si dimostra particolarmente preoccupato, ma sottolinea ancora una volta quanto l’attenzione per la sua gestione finanziaria l’abbia portato ad avere un sostanzioso “cuscinetto di protezione” nel caso in cui fosse costretto a ricominciare da zero. Insomma, un vero e proprio pianificatore!

 

5 consigli per chi desidera innovare online

 

Grazie alle domande dei partecipanti, è stato possibile stilare una lista dei cinque consigli più importanti che lo YouTuber si è sentito di dare ai ragazzi universitari:

 

    • Creare contenuti: secondo Marcello ci sono ancora tantissime nicchie scoperte che non hanno ancora un “portavoce”. “Se non possedete l’attrezzatura, provate con i podcast” in quanto richiedono solo l’utilizzo di un microfono e di una piattaforma sulla quale caricare gli audio, alla quale, se necessario, abbonarsi. Creare contenuti è ciò che ha concesso a numerosi ragazzi appassionati, come lui, di creare il lavoro dei loro sogni.

 

    • Avere qualcosa da dire: punto fondamentale della comunicazione. “Creare contenuti è inutile se, poi, non stai dicendo nulla” – risponde Ascani ad una domanda – “bisogna dare valore a quello che si fa, e se pensi di non avere niente da dire, cercalo!”. Lo youtuber, infatti, all’inizio della conferenza si presenta come un ragazzo che, semplicemente, fa video su ciò che impara e poi desidera divulgare.

 

    • Non avere paura: iniziare può essere difficile per tutti ed anche lo stesso Marcello confessa di non essere il tipo di persona per la quale sia normale parlare con una telecamera. “All’inizio non era facile” ammette “ma dopo un po’ è diventata un’abitudine”.

 

    • Costanza: una delle skills più importanti online. “Molti mollano” dice lo youtuber, riferendosi a suoi colleghi, “è difficile, sopratutto all’inizio, quando non hai un seguito.” Continuare a pubblicare senza preoccuparsi del risultato è ciò che davvero permette ai creatori di contenuti di emergere online, dopo poco o tanto tempo.

 

    • Trasparenza: essenziale per creare un rapporto di fiducia con i propri seguaci. “Una volta ho pubblicizzato un brand in cui non credevo” confessa Marcello “e lo racconto in un video!”. La trasparenza risulta essenziale per essere credibili online. “I miei iscritti sanno tutto quello che faccio, comunico anche i miei errori e ciò in cui dovrei migliorare” si esprime lo youtuber.

 

 

Marcello Ascani si rivela quindi un personaggio unico nel suo genere: a 21 (quasi 22) anni dimostra di avere intraprendenza, imprenditività ed un ottimo benessere finanziario, ottenuto grazie ad una grande attenzione per il risparmio, un buon piano a lungo termine e delle scelte ponderate.

 

Tutte soft skills che riteniamo essenziali per valorizzare il lato “i”!

Marcello Ascani Firma la Maglietta di iBicocca

 

Articolo a cura di Valentina Vismara

Guarda l’intervista di iBicocca a Marcello Ascani!

Marcello Ascani intervista iBicocca Chiara Muzza